Fin dagli albori del femminismo, e per lungo tempo, la maggior parte delle donne è stata antifemminista. Nell’universo femminile, per decenni, le femministe apparivano come un gruppo minoritario di donne esaltate. Senza voler disturbare la regina Vittoria del Regno Unito, antifemminista doc secondo cui il femminismo era «la follia pazza e malvagia dei diritti della donna», le fila delle antifemministe erano veramente fitte. Come le suffragette della prima ondata, queste donne possedevano una mentalità molto conservatrice, religiosa, e nessuna di loro voleva capovolgere i ruoli di genere, men che meno nelle classi più povere. La loro opposizione è una verità risaputa, e riconosciuta anche dalle storiche del femminismo, ma alla quale raramente si fa la pubblicità che meriterebbe. A titolo di esempio, tra le altre, parlando del femminismo storico, Angela Bianchini in Voce Donna afferma, «la grande nemica della donna rimane la donna stessa», e la scrittrice femminista Victoria Sau in Diccionario ideológico feminista, «la donna diventa la principale difenditrice e trasmettitrice dell’ideologia patriarcale». Nel prossimo intervento cercherò di dare voce a una di loro, ma in questo vorrei concentrarmi sull’accoglienza che aveva tra le donne quella che è diventata l’istanza storica femminista per antonomasia: il suffragio femminile.
Quando sento espressioni del tipo “il voto femminile è una conquista delle donne” mi viene da sorridere. Le donne erano maggioritariamente contrarie al voto femminile, tanto è vero che le leghe femminili anti-suffragio erano favorevoli alla realizzazione di un referendum per chiedere alle donne se volessero votare, invece le suffragette erano assolutamente contrarie. In una lettera privata, la suffragetta Carrie Chapman Catt ammise che circa un terzo delle donne americane sosteneva il suffragio, un terzo ne era contraria e il terzo restante ne era completamente indifferente. Molte donne non consideravano la concessione del voto come un privilegio ma come un atto di oppressione, che avrebbe costretto loro ad assumere responsabilità che spettavano fino allora all’uomo. Di questo parere era ad esempio Catharine Beecher (1800-1878). Ne La grande menzogna del femminismo, a pagg. 511-512: «Nell’unico referendum mai realizzato , nel 1895 nello stato del Massachusetts, meno del 4% del corpo elettorale femminile votò affermativamente! Su questa linea il caso della Spagna, dove il suffragio femminile si approvò in Parlamento (1931) grazie al voto maschile: se fosse dipeso solo dal voto femminile sarebbe stato bocciato. La dichiarazione di Seneca Falls (Declaration of Sentiments, 1848) fu firmata da 100 partecipanti, 68 donne e 32 uomini, su un totale di circa 300 partecipanti, nella maggior parte donne: questa dichiarazione, pietra miliare nella storia femminista, che reclamava tra i diritti quello del voto per le donne, non solo non fu promossa dai partecipanti del primo Congresso storico femminista, ma fu bocciata principalmente dalle donne!».
Donne con un ruolo attivo contro il suffragio femminile.
Sul diritto di voto femminile non c’era consenso nemmeno tra le femministe. Come era successo a Seneca Falls e anche nel parlamento spagnolo, nel 1878 a Parigi, al Primo Congresso Internazionale per i Diritti delle Donne (First International Congress of Women’s Rights), non fu permesso alla femminista Hubertine Auclert (1848-1914) di presentare la richiesta per il suffragio femminile perché la proposta non era sostenuta da molte delle partecipanti al congresso. Prima di lei, la mobilitazione femminile per il suffragio delle donne in Francia si era già dimostrata fallimentare. Durante la Rivoluzione francese le donne sanculottes furono favorevoli al suffragio universale solo maschile – alla Convenzione nel 1793 soltanto due cittadine e tre club riprovarono l’ineguaglianza politica fra i sessi. Nelle elezioni di 1848, alla stessa proposta ci fu l’opposizione esplicita di scrittrici di spicco come George Sand o Marie d’Agoult, alias Daniel Stern, oggi annoverate spesso tra le figure femminili storiche degne di encomio nella loro lotta per la libertà e contro i pregiudizi patriarcali. La capostipite del femminismo spagnolo, Concepción Arenal (1820-1893), ne era contraria: «non vogliamo né partiti né voto» scrive nella sua opera La mujer del porvenir.
Secondo lei, le donne «influiscono nel voto attraverso il fratello, lo sposo, il figlio, il padre e persino il nonno», riconoscimento di quel potere tanto invisibile e immateriale quanto tremendamente efficace che possiedono le donne sugli uomini. Non fu l’unica femminista a posizionarsi esplicitamente contro il voto delle donne, la più nota tra loro fu Emma Goldman, che si posizionò esplicitamente contro. Queen of the Desert è un film del 2015 interpretato da Nicole Kidman, che racconta la vita di Gertrude Bell (1868-1926), archeologa, politica e scrittrice britannica. Appartiene al filone di protagoniste femminili, nello specifico, alla riesumazione e promozione di figure storiche di donne, intraprendenti, libere e combattenti contra ogni sorta di avversità e pregiudizio – di solito patriarcali. L’aspetto a mio avviso più interessante del film è il fatto che i produttori si sono dimenticati di “menzionare” il suo ruolo attivo contro il voto delle donne. Lei fu segretaria onoraria del Comitato della Lega anti-suffragio nel 1908. Nessun accenno.
Le femministe non lo sanno. O fingono di non saperlo.
Oltre a queste divergenze di opinione all’interno del mondo femminista, resta il fatto inoppugnabile che al di fuori del femminismo le donne costituivano una netta forza contraria alle istanze del movimento. La maggior parte degli iscritti del movimento anti-suffragio erano donne, negli Stati Uniti più di due terzi nella sede centrale e cinque iscritti ogni sei a livello locale. Nel 1919 The Woman Patriot a livello nazionale raggiunse il numero di 600 000 associate. E questo succedeva negli Stati Uniti e nel Regno Unito. Nel resto del mondo, in Francia, in Italia, in Spagna, la controversia non si poneva neanche, il movimento suffragista femminile nemmeno esisteva. Dove ci furono in Italia tutte quelle manifestazioni di piazza di donne che durante anni e anni chiedevano per loro il diritto di voto? Come ho già riferito, sarebbe un lavoro faticoso e inutile riportare alla luce le centinaia di dichiarazioni di donne che all’epoca si sono espresse contro il suffragio femminile, un sentimento diffuso tanto incomprensibile per le donne d’oggi quanto sconosciuto. Al di là delle ragioni proclamate da queste donne, più o meno condivisibili nei tempi attuali, la rivoluzione femminista era sentita dalla maggior parte di loro come una rivoluzione contro le donne. Oggi le donne votano, malgrado le donne, questa è la realtà storica.
Per ultimo vorrei contestare un’altra espressione, che sento di frequente, “oggi le donne possono votare grazie al femminismo”, in linea con quelle con sostengono che “oggi le donne possono studiare, parlare in pubblico, possedere delle proprietà, avere la parità, e così via, grazie al femminismo”. È stato già contestata la paternità del concetto di “parità di genere” associata al femminismo. Parimenti, per quanto riguarda il voto femminile, chi sa per quale misterioso motivo le donne potevano votare – evidentemente si parla di voto censitario, il concetto di voto universale non esisteva per nessuno – nel Medioevo nelle assemblee cittadine o in quelle dei comuni rurali, o in Francia le aristocratiche per l’elezione dei deputati negli Stati Generali, o in Inghilterra successivamente le aristocratiche per scegliere i candidati e poter sedere loro stesse in Parlamento, o le proprietarie americane quando gli Stati Uniti erano ancora una colonia, o le azioniste dell’East Indian Company per decidere il futuro del continente indiano, o le aristocratiche in Polonia, quando la Polonia ancora esisteva, prima che la zarina Caterina di Russia decidesse di spazzarla via dalla mappa politica, o, in Italia, nel Granducato di Toscana, ecc. ecc., prima ancora che il femminismo fosse venuto al mondo. Senza necessità di organizzare manifestazioni per la liberazione della donna né di incolpare a un perfido patriarcato, in differenti luoghi e tempi della storia le donne hanno potuto votare. Soltanto che le femministe non lo sanno. O fingono di non saperlo.