di Rosa Bortolotti. Con certe focali emergono, con chiara evidenza, i risultati dell’operazione “Bad Girl”: per molte donne, il modello ribellione, scandalo, trasgressione, competizione, sembra non aver portato i risultati sperati perché molte non sono felici A rilevarlo una recente indagine elaborata da Discovery Network per valored.it, associazione a sostegno della leadership femminile nelle aziende attraverso She – L’Italia è un Paese per donne? Il 22% delle intervistate ha dichiarato di non essere contenta; più della metà, il 54%, di non aver raggiunto quello stato di felicità che aveva immaginato per sé. Il gruppo esaminato è composto da 4500 donne, tra i 20 e i 49 anni di 9 Paesi europei. Per quanto riguarda le italiane, il 43% delle intervistate ha messo carriera e lavoro al primo posto e ritiene che riuscire a ricoprire un posto di prestigio in azienda, sia una tappa essenziale per una vita appagante e degna. L’83% delle interpellate ritiene anche che i legami familiari, se vissuti con positività, rendano felici e che i figli contribuiscano al raggiungimento di una vita piena (61%).
Analizzando il quadro emerge che 1 donna su 4 non è appagata, 1 su 2 non ha ottenuto quello che aveva pensato di raggiungere, più di 3 donne su 4 ritengono importante la relazione familiare, quasi 3 su 4 dichiarano che i figli danno senso alla propria esistenza, una su due mette il lavoro e la carriera al primo posto, seguiti da famiglia e figli. Da segnalare che il 51% delle donne europee e il 54% delle italiane vivono con conflittualità la scelta fra il lavoro e la famiglia. Non sarà anche a causa della massiccia propaganda che dipinge come sprovvedute quelle che non hanno come chiodo fisso la carriera, i soldi e il sesso senza pensieri? Se lo stile della brava ragazza non ha tirato per decenni, le esperte in pennuti (visti i risultati abbastanza deludenti) non sono più tanto sicure che il modello “trasgressione, edonismo e sfacciataggine” sia così valido. Gli anglosassoni hanno coniato un termine per “fotografare” quelle che, dopo aver fatto chilometri si ritrovano con tante rughe intorno alle rime buccali.
Quattro milioni di donne in Italia vivono da sole.
È trainwreck, disastro ferroviario: così vengono definite quelle che hanno deragliato per troppe beghe, troppi Martini, troppe sigarette rollate. Un fenomeno squisitamente femminile che può lasciare l’amaro in bocca, sbriciolare l’autostima e la dignità, oltre che far perdere buone occasioni. Un modello più sicuro è invece quello che promuove la buona educazione delle ragazze, la retta via, una scuola che le rende valevoli, vere e allontana, con successo, il rischio di finire scompagnate. Per convincere le donzelle quanto è bello stare sole e che zitella è meglio, ecco lo studio dell’accademico inglese Paul Dolan della London School of Economics, attraverso la ricerca Happy Ever After, che arriva alla conclusione che se per un uomo sposarsi, sistemarsi, accasarsi, mettere al testa a posto, sia un vantaggio, per la donna è esattamente il contrario: si tratta di un passo che la condannerà, per sempre, ad occuparsi degli altri e mai più di sé stessa. L’attrice Emma Watson per giustificare al giornalista di British Vogue come mai non si fosse ancora sistemata ha spiegato di avere una relazione con sé stessa (“self partnered”).
Ma se essere single è così eccitante, perché le zitelle sono così acide quando arriva Natale? E perché in Italia nel 2018 sono stati spesi 15 miliardi in agenzie e siti specializzati per trovare l’anima gemella? Se c’è tutto questo respingente ad occuparsi di qualcuno, come mai si vedono tante signorine pascolare cani all’alba, raccogliendo la loro cacca come brave mammine? E se stare senza figli appaga, perché la curva delle fecondazioni artificiali è sempre in crescita? Si calcola che 4 milioni di donne, in Italia, vivano sole, molte delle quali allo scopo di vivere come Carrie Bradshaw e le sue amiche, Charlotte York, Miranda Hobbes e Samantha Jones, le protagoniste di Sex in the City. Novantaquattro episodi a “fare la vita” che si concludono con Carrie (Sara Jessica Parker) che dopo 6 anni, convola a nozze con il principe azzurro. Per la cronaca, Carrie/Sara Jessica Parker sta, da quasi 30 anni, con lo stesso uomo, (che è anche suo marito e con il quale ha messo al mondo tre figli), è felice e contenta a differenza delle altre sue ex colleghe. Una si è buttata in politica (ma ha perso), una ha avuto seri problemi con l’alcool e l’ultima non vuole avere più notizie delle altre tre.
Fare le brave è meglio.
Lo stile Bradshaw, però, più libertà, più sesso senza responsabilità, più lavoro, più soldi, più potere, non sembra giovare: le quote rosa soffrono maggiormente di depressione (il 4% degli uomini, il 7% delle donne) e sono quelle che più utilizzano farmaci e psicofarmaci. Lo dicono Betsey Stevenson e Justin Wolfers stilando “The paradox of declining Womens Happiness” uno studio che contraddice la propaganda secondo la quale, ad un maggior peso delle donne nella società e nel lavoro, corrisponda a una loro maggiore felicità. Cosa invece, certamente, sembra renderle felici? “Sentirsi al centro delle attenzioni del proprio partner, soprattutto nei momenti difficili, sorprenderla con gesti anche semplici quando meno se lo aspetta”. È questa la conclusione a cui arrivano i sondaggi su cosa-rende-davvero-felice-una-donna. Quindi, coraggio, contrordine compagne! Via la mascherina da dure e spazio alla brava ragazza che c’è in noi, senza ovviamente che ciò significhi essere una fessacchiotta ingenua che non sa come ottenere quello che vuole, sottomessa, obbediente e noiosa. Di fatto, fare le brave è meglio e rende molto di più in termini di felicità.