di Filippo Target. Il rapporto affettivo/amoroso fra uomo e donna, la classica relazione eterosessuale di coppia, pare che stia vivendo un picco storico di crisi. In realtà l’evoluzione delle coppie uomo/donna non ha fatto altro che trasformarsi in modo da aderire bovinamente a quella che i sociologi chiamano “società liquida”. Si tratta di una mera conformazione, più che di un percorso a sé stante. I legami sono diventati quindi a loro volta liquidi e soggetti a repentine interruzioni, mutamenti, tira e molla estenuanti, rotture istantanee, esattamente come è accaduto con il posto di lavoro, che da “indeterminato garantito” è passato a precario e interinale, o con attività personali come le passioni e gli hobby, su cui le persone saltano di palo in frasca, e mille altri aspetti facenti parte di questa società nevrotica.
Questo declino (o evoluzione, secondo lo strambo, per antonomasia, punto di vista femminista) è sublimato nelle ultime due decadi di storia umana, ed è coinciso con l’ingresso a piedi pari dell’ingerenza statale che, sobillata dal femminismo, ha iniziato, tramite i suoi portavoce (i media) e il suo braccio armato (il legislatore e la magistratura) a rendere il privato rapporto di coppia un ménage a trois: da una parte il maschio, dall’altra la femmina, a cui fa ombra lo Stato, che la sorregge a braccetto come farebbe un anziano padre dai modi arcaici, costantemente arcigno e geloso fino all’oppressione. Nonostante infatti una situazione di diritto ampiamente improntata sull’uguaglianza, con pilastri fondamentali ampiamente consolidati nel repertorio dei diritti (aborto, divorzio eccetera), da oltre mezzo secolo, si è pensato, da parte del fronte femminista/femminile, di continuare a reclamare e rivendicare diritti, più per vezzo e consuetudine che per concreta necessità.
Occhio a non sgarrare.
Parliamo delle ultime due decadi durante le quali il legislatore, col plauso di sottofondo degli informatori di regime altresì conosciuti come “giornalisti”, ha inanellato una serie di inutili abomini misandrici sotto forma di norme, creando una macelleria sociale sublime, se l’obiettivo era la disgregazione a tavolino dell’antichissima attrazione naturale fra uomo e donna. Nel 2009 in Italia fu scritta la peggior norma sullo stalking di tutto lo scenario di diritto internazionale, il 612 bis del Codice Penale, criticata anche da tecnici del diritto, costituzionalisti e giuristi in quanto pecca di indeterminatezza e sovverte l’onere della prova. È l’unico caso in cui l’accusato deve dimostrare la propria innocenza, in quanto appunto, a norma di legge, bastano le sensazioni (di paura) della presunta vittima per certificare il reato.
Pochi anni dopo è stato messo nero su bianco: “carcere per chi (leggi: l’uomo) non paga il mantenimento”. Non importa il motivo, il come e il quando: fallisci il bonifico alla tua ex (che notoriamente nove volte su dieci è una persona che vorrebbe saperti morto, quindi non esattamente il tipo di soggetto che si gradisce foraggiare) e scatta in automatico il rinvio a giudizio e annesso processo penale. Infine la perla più recente: il “Codice rosso” approvato dal governo gialloverde, che completa il quadro con la classica ciliegina sulla torta. Oggi una ex può denunciare e far recapitare un divieto di avvicinamento se in un momento concitato la offendi verbalmente o per iscritto, “cagionandole ansia” (citazione testuale dell’articolo del codice). Non solo: grazie al codice rosso ora, se la incroci nella fila del supermercato, lei potrà a norma di legge invocare (parola utilizzata in modo non casuale) una pattuglia per trarti in arresto per flagranza di reato (?). Insomma, comunque la si giri, se sei uomo e stai avendo/hai avuto un rapporto sentimentale,il messaggio è questo: occhio a non sgarrare, non dire nemmeno una parolaccia, paga e taci, in poche parole sii schiavo e sii fiero di esserlo perché in caso contrario la tua destinazione eletta è quella di una cella del carcere.
Un medicinale a base di democrazia.
Nella storia dell’unità di Italia, l’unico frangente assimilabile a quello attuale per tensione inculcata in una parte della popolazione e per una repressione così acuta fu il ventennio fascista. Come allora nel mirino vi erano comunisti, dissidenti ed ebrei, oggi la struttura di potere vigente, quella femminista, ha messo nel mirino l’uomo etero. Un altro punto di contatto piuttosto sconcertante fra questi due -ismi (fascismo e femminismo) è l’approccio legislativo, poiché in ambedue i ventenni, si mira a recludere l’avversario. Se allora si promulgarono le leggi fascistissime, quelle sopraelencate e attuali non sono altro che la loro moderna reinterpretazione, leggi che potremmo battezzare “femministissime”.
L’auspicio è che gli incontrovertibili dati demografici e sociali che puntualmente raggiungono nuovi record negativi, numeri come il calo verticale delle nuove nascite e dei matrimoni (toh, chissà come mai!), conducano a un punto di non ritorno che colpisca il lato economico del sistema. Allora e solo allora, quando come si suol dire “verrà toccato il portafoglio” dello Stato, e solo dopo aver avuto l’onestà intellettuale di capire che i danni sono stati causati, più che dalle varie crisi economiche susseguitesi a ripetizione dal 2001 in poi, dal tafferuglio sociale che il virus del femminismo radicale ha iniettato nelle vite di tutti noi, solo allora il decorso di questa malattia ideologica sarà ben chiaro e noto a tutti. Se verrà curato con un medicinale a base di democrazia, potremo forse finalmente avere un nuovo 25 Aprile.