La Fionda

Laura Massaro: il Tribunale dei Minori di Roma scrive l’epilogo

Tanto tuonò che piovve, come dice il motto. E in effetti quella in atto mostra di essere una tempesta perfetta, come l’abbiamo chiamata sui social network. Il riferimento è a ciò che parrebbe essere l’ultimo capitolo della vicenda che da anni ormai vede contrapposti gli ex coniugi Laura Massaro e Giuseppe Apadula per la custodia del figlio minorenne L. Usiamo liberamente nomi e cognomi (tranne che del minore, ovviamente) non per particolare audacia, ma perché la vicenda da tempo è diventata di dominio pubblico, essenzialmente per l’iper-attivismo social e politico della Massaro, assurta a simbolo delle madri “vittime di violenza istituzionale”. Così si autoproclamano le donne appartenenti a quella sparuta minoranza cui vari procedimenti giudiziari sottraggono i figli per affidarli o a una casa famiglia o al padre. Una definizione, tra parentesi, che a parti invertite, cioè quando un giudice affida la prole di due separandi al lato materno in via pressoché esclusiva (nel 98% dei casi), classificandolo per beffa “affido condiviso”, naturalmente non vale: in quella spropositata maggioranza di casi, gli uomini e padri non sono vittime di alcunché. Ebbene, Laura Massaro negli anni è diventata una sorta di portavoce di quei pochissimi casi in cui, dopo anni, diversi giudici, supportati da diversi specialisti, decidono che la soluzione migliore per un minorenne è allontanarsi dalla figura materna e approdare nelle braccia del padre, usualmente dopo che questi ha passato una lunga trafila di false denunce esitate in archiviazione o assoluzione.

La vicenda di Massaro-Apadula non sconvolge lo schema, il paradigma è stato pienamente rispettato. Avevamo riassunto la storia già in precedenza, recuperandola poi, attualizzata, anche su queste pagine, riscontrando attraverso documenti ufficiali tutti i passaggi tipici di una separazione conflittuale: una lunga contesa tra i due ex in mezzo a cui finisce un figlio, una decisione giudiziaria che affida il bambino alla madre la quale gradualmente si oppone a che questi frequenti il padre, accusato a reti unificate di essere un violento e un abusante. Fioccano le denunce da entrambe le parti, le accuse ad Apadula vengono tutte sistematicamente archiviate, mentre nel corso degli anni svariati magistrati e consulenti tecnici registrano con precisione le azioni ostative della madre e la crescente sofferenza del bambino. Ed è in questo senso che si manifestano le uniche eccezioni rispetto al percorso standard di queste vicende: anzitutto la contesa dura tantissimo, si trascina da nove anni. Altra eccezione: il lato materno mostra un accanimento straordinario nel non voler cedere di un’unghia rispetto alla propria posizione di negazione della capacità genitoriale dell’ex compagno e la conseguente privazione per il figlio della figura paterna. Quest’ultima di per sé rimane defilata dalle cronache in misura inversamente proporzionale a quanto la figura materna diventa un caso pubblico e nazionale, con la complicità attiva del femminismo militante interpretato da associazioni, centri antiviolenza e politici che se ne fanno apertamente sponsor (Laura Boldrini, Valeria Valente, Valeria Fedeli, Monica Cirinnà, Veronica Giannone, solo per citare alcune di primo piano).

Laura Massaro
Laura Massaro, intervistata dall’Agenzia D.I.Re.

Chiunque non le dia ragione è un nemico.

Ecco allora che gli ingredienti per la tempesta perfetta ci sono tutti e, come si diceva, la tempesta è appunto in atto. Il nostro precedente riassunto terminava con un decreto della Corte d’Appello di Roma che a inizio 2020 stoppava la decisione del Tribunale dei Minori a che il figlio della coppia venisse allontanato dalla madre, messo transitoriamente in casa-famiglia per poi essere affidato al padre, il tutto sotto il controllo e con l’assistenza dei servizi sociali e di specialisti psicologi. La Massaro e il suo entourage salutarono questo stop come una vittoria a mani basse, personale e generale contro leggi e una giurisprudenza «misogina e patriarcale che tutela i diritti dei padri indegni», secondo le stesse parole che la donna ha consegnato di recente ai social. Che fosse una vittoria di Pirro lo segnalammo subito dopo aver letto il dispositivo, che sì sospendeva la decisione del Tribunale dei Minori, ma anche imponeva al lato materno di far decadere ogni ostacolo alla frequentazione tra padre e figlio, lasciando che quest’ultimo proseguisse un percorso psicoterapico concepito per ripulirlo dagli effetti di tutta l’ostilità adulta da cui si era trovato circondato per anni. Il messaggio del dispositivo era chiaro ed era diretto essenzialmente alla Massaro: “da anni stai danneggiando tuo figlio, che dà segnali evidentissimi di sofferenza. Smettila e favorisci la normalizzazione della situazione oppure non ci saranno più opposizioni possibili e ragionevoli alle statuizioni del Tribunale dei Minori”. Altro che vittoria: la Corte d’Appello, con un’indulgenza che mai verrebbe riservata a un padre, dopo anni di tolleranza concedeva a Laura Massaro una “ultima chance”. A quella chiamata la Massaro per un anno e mezzo non ha risposto e così siamo all’oggi.

Qualche giorno fa il Tribunale dei Minori, prendendo atto che nulla è cambiato rispetto alle richieste della Corte d’Appello, ha depositato nuove disposizioni a cui non pare possibile opporsi ulteriormente. Come sempre accade, prima di arrivare alle decisioni, il testo del Tribunale ripercorre tutta la vicenda, e non sono molte le novità rispetto a quanto già delineato nelle sentenze e nei decreti precedenti. Si parla di ostacoli frapposti coscientemente e volontariamente dalla Massaro alla frequentazione del figlio L. con il padre Giuseppe, si parla di giustificazioni per questi ostacoli basate sull’idea che il padre fosse pericoloso per il figlio, a dispetto dell’interminabile scia di archiviazioni delle denunce a suo carico e giudizi positivi sulla sua collaboratività. Si parla anche in termini non positivi della sovraesposizione mediatica organizzata dalla madre, quel sacramentare il proprio punto di vista sui social (e non solo) in una vicenda che coinvolge un minore, e delle continue sue ricusazioni o denunce verso giudici e consulenti tecnici, definite senza mezzi termini come mosse strategiche per prendere tempo. Mosse portate avanti fino all’ultimo: la Corte d’Appello, nella sua “ultima chiamata” esortava la madre a far proseguire al giovane L. un percorso psicoterapico deciso già tempo addietro, iniziato e poi interrotto, cosa a cui la Massaro non ha adempiuto, adducendo a giustificazione dei chiari pretesti, ad esempio il fatto che il ragazzo abbia un alto Q.I., motivazione giudicata risibile dal Tribunale dei Minori. Il testo è un crescendo critico da questo punto di vista. Parla di muro di ostilità, atteggiamento onnipotente e controllante della Massaro, tale da farle vedere come nemico chiunque non si allinei con le sue posizioni.

Laura Massaro e Giuseppe Apadula
Laura Massaro e Giuseppe Apadula

Che questo sia un nuovo inizio.

Ma quali sono le sue posizioni? Inizialmente erano quelle ordinarie di una donna ferita e madre convinta di essere proprietaria del figlio, fin tanto che non è stata presa d’assedio e poi espugnata dal sabba ideologico veicolato dai centri antiviolenza e dalla politichetta da quattro soldi cui essi sono collegati. Da quel che si capisce, le cavallette si appropriano della vicenda e divorano la Massaro attorno al 2015: da quel momento non si tratta più di capire come garantire a L. una frequentazione decente di entrambi i genitori, bensì di una guerra a tutto campo contro la PAS (sindrome da alienazione parentale), la legge sulle separazioni e affidi (L. 54/2006) e i suoi capisaldi, a partire dal diritto del minore alla bigenitorialità. Tuttavia, l’abbiamo riscontrato, da nessuna parte nei documenti tecnico-giuridici relativi alla vicenda si parla di “sindromi” di cui qualcuno sia eventualmente affetto: ovunque si parla più che altro di concrete condotte ostative. Eppure la Massaro ne fa una questione di “scienza spazzatura” utilizzata dai tribunali per togliere i figli alle madri e consegnarli a padri abusanti e violenti. Nel sostenere qualcosa che in nessun modo, sotto nessun aspetto, ha un riscontro nei fatti reali, Laura Massaro mette un furore leonino, incitata da vari personaggetti del sottobosco femminista estremista, da un intero apparato mediatico (vedasi la amplissima copertura delle sue posizioni da parte dell’agenzia di stampa D.I.Re.) e da politiche di primo piano, che addirittura annunciano iniziative parlamentari di verifica sull’operato dei giudici (salvo poi scomparire, dopo i proclami). Il Tribunale dei Minori non può che prendere atto di questo arroccamento e dell’indisponibilità a ottemperare alle decisioni della Corte d’Appello: Laura Massaro si è tagliata fuori dallo spazio di lavoro faticosamente costruito per il nucleo padre-madre-figlio e orientato al bene e ai diritti di quest’ultimo. Tempo scaduto dunque, e il sistema non può più permettersi di agire in contrasto con l’art.8 della Convenzione Europea sui diritti dell’Uomo, facendosi continuamente condannare dalla CEDU.

Il Tribunale dei Minori di Roma ha dunque qualificato Laura Massaro decaduta dall’esercizio della responsabilità genitoriale sul figlio L., che dovrà immediatamente essere da lei allontanato e collocato in casa-famiglia, sotto il coordinamento di un tutore e di un curatore, con il sostegno dei Servizi Sociali e di tutti gli psicologi necessari. Non solo: L. dovrà proseguire quel percorso psicoterapico disposto da tempo, iniziato e poi interrotto per gli ostacoli frapposti dalla madre. Ogni rapporto tra lui e la madre deve essere sospeso, mentre in spazio neutro L. dovrà ricominciare a incontrare il padre e a ricostruire una relazione con lui, a cui verrà poi affidato in via esclusiva. Queste le decisioni del Tribunale dei Minori, e sarà inutile per la Massaro ricorrere di nuovo in Corte d’Appello, a meno di non voler ricevere una risposta tipo: «era chiaro che la nostra precedente era un’ultima chiamata alla responsabilità, dovevi coglierla». Tuttavia non è questa la “tempesta perfetta” di cui parlavamo. Queste decisioni erano scontate, alla luce dei fatti. Su di esse non si può che riscontrare un elemento chiave: il giovane L. ora andrà incontro a un triplice trauma. Il primo sarà l’allontanamento coatto da quella figura totalizzante che è la madre. Il secondo sarà l’inserimento in una casa-famiglia. Il terzo sarà quello di rientrare in contatto con una persona, il padre, da anni rappresentatogli come il nemico, il mostro. Avrà il suo bel daffare Giuseppe Apadula per ripulire quell’anima così profondamente inquinata, non c’è da invidiarlo. Ma auguriamo a lui, a L. e a Laura Massaro stessa (che Apadula ha già dichiarato di non voler tenere lontana dal figlio) che questo sia un nuovo inizio, che l’uscita di tutti dal tunnel sia rapida e il più indolore possibile, nell’ottica di instradare quel pezzo di futuro che è L. su una strada orientata alla pienezza della vita. Da questo punto di vista non si può non osservare che si poteva arrivare a questo risultato già nove anni fa, e su chi ricada la responsabilità del tempo perso e dell’imminente triplice trauma di L. è ormai piuttosto chiaro.

Laura Massaro
Laura Massaro alla Camera dei Deputati. Sullo sfondo le On. Valeria Fedeli e Veronica Giannone.

Chiudere i conti con il “mondo di mezzo” femminista.

La responsabilità è di Laura Massaro? Secondo i giudici sì. Anche secondo noi, ma solo parzialmente rispetto alla misura definita dai magistrati. Massaro ha agito da donna orgogliosa ma fragile e quest’ultimo, umanissimo, comprensibile e usuale, è stato però il punto su cui si è innestata la deriva. Agganciandosi a quell’aspetto, una donna e madre ferita, alla umana ricerca di certezze, è stata trasmutata in una feroce paladina pubblica di idee malsane e di un’ideologia tossica e ingannevole. È da quel momento che tutto è precipitato. C’è un passaggio emblematico nel dispositivo del recente pronunciamento del Tribunale dei Minori di Roma (unica citazione diretta che ci permettiamo di riportare, con corsivi nostri): « riportava di essere stata costretta tramite il difensore ad esprimere considerazioni critiche agli operatori». In altre parole, in un certo momento della vicenda, Laura Massaro si spoglia dell’armatura che altri le stanno inchiodando addosso, cerca di far sentire la propria umanità e ammette, quasi lamenta di essere presa d’assedio da altri interessi collaterali che la forzano su una strada che forse non sente propria. Nessuno coglie il messaggio e le corre in soccorso, sottraendola dalle grinfie del femminismo suprematista, dei centri antiviolenza che la consigliano e indottrinano, e dalle politicanti che la usano cinicamente per le proprie battaglie ideologiche. Lei, nelle sue condizioni di sofferenza, non riesce a sottrarsi con le proprie forze da quel rassicurante ma mendace circuito. Laura Massaro alla fine si lascia seppellire dentro quell’armatura, accettando il ruolo di dura-e-pura contro la PAS e gli uomini abusanti, tra ospitate negli studi dell’agenzia D.I.Re. e convegni al Senato o alla Camera. Ecco tutti gli ingredienti della tempesta perfetta: dopo tutto quel circo, ora Laura Massaro è sola. Grida il suo furore dai social network, fa scioperi della fame, sfoggia magliette deliranti concepite da pericolose ideologhe dell’odio antimaschile, ma di fatto è sola. Attorno a sé, come accade sempre quando ci si chiude nell’ultimo bunker, ha solo i fedelissimi, i più invasati, quelli pronti a tutto. Dove sono ora le Valeria Valente, Valeria Fedeli, Laura Boldrini, Monica Cirinnà, Veronica Giannone?

Si sfilano. In alcuni casi con dichiarazioni di circostanza, in altri con un silenzio vigliacco. Non foss’altro, sanno leggere bene le disposizioni di un tribunale e hanno capito che si è a un epilogo della vicenda opposto a quanto hanno predicato da anni, che non ci sono altre vie d’uscita percorribili: si tratta di una vera e propria disfatta che farà storia e precedente. Altro che la sentenza “anti-PAS” della Corte di Cassazione. Emblematico, tra gli altri, il post Facebook che Valeria Valente dedica alla questione: ambiguo quando sembra definire “malattia” il predominio materno, e chiarissimo quando s’inchina senza discutere alle disposizioni del Tribunale dei Minori, preoccupandosi soltanto di tenere fuori dalla sconfitta la rete clientelare dei centri antiviolenza, che invece sono tra i principali responsabili di un disastro lungo nove anni. La stessa Massaro le dedica in risposta un commento stizzito, a riprova che la luna di miele con le rappresentanti politiche del femminismo è terminata e che di fatto il loro supporto era tutta una cinica pantomima (tale è, d’altra parte, il femminismo, per sua stessa natura). Così come quasi onirica era quella forma di onnipotenza da sempre esibita dalla Massaro, data anche dal fatto che i Servizi Sociali letteralmente fuggivano dalle proprie responsabilità di fronte al suo potere mediatico, arrivando a chiedere di essere sollevati dai loro doveri istituzionali per quella singola vicenda. Una richiesta che, per altro, ora li porterà, su richiesta del Tribunale dei Minori di Roma, al centro di un’indagine giudiziaria. La vedete anche voi la tempesta perfetta? Un soggetto investito di un dovere pubblico che chiede l’esonero per paura dello strapotere mediatico di una donna sostenuta da centri antiviolenza e da una certa politica. Il sopruso che diventa una folle normalità, un sonno della ragione dove la giustizia della “piazza virtuale” cerca di sostituirsi alla giustizia vera, motivo per cui, tra l’altro, Laura Massaro verrà anche deferita al Garante Regionale per l’Infanzia per rispondere dell’esposizione mediatica impropria a cui ha sottoposto indirettamente il figlio. Abbiamo chiesto, rivolgendoci a Laura Massaro (e per la sua parte di responsabilità anche a Giuseppe Apadula) se non sarebbe stato meglio gestire il tutto più tranquillamente nove anni fa, per il bene del figlio. Chiediamo ora a tutti coloro che leggono: questa storia, la sofferenza passata e presente di L., non gridano ancora forte abbastanza per far sì che si chiudano i conti al più presto e definitivamente con quell’orrido “mondo di mezzo” rappresentato da questa declinazione femminista della mafia?



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