Se c’è un aspetto positivo, forse l’unico, nelle campagne elettorali, è che costringono i politici a esporsi ed esibirsi ovunque possibile. Questo garantisce a chi assiste di poter riconoscere la loro caratura e distinguere tra i furbi e gli ingenui, quelli preparati e le capre, quelli in buona e quelli in cattiva fede. Proprio in relazione a questi ultimi, per una come Laura Boldrini la campagna elettorale rischia di essere un vero e proprio armageddon, capace di svelare tutta la sua formidabile pochezza politica, ma anche tutta la sua malafede ideologica. Si prenda ad esempio questo suo intervento a “In Onda” su La7, dove si affrontava l’argomento degli stupri, alla luce di recenti fatti di cronaca e in relazione al fenomeno dell’immigrazione. Nella clip, la nostra eroina dibatte con Massimo De Manzoni, giornalista de “La Verità”. Guardate e ascoltate attentamente, dura soltanto due minuti.
In questi due minuti sono compendiati diversi livelli di verità, tutti rivelatori di aspetti che da anni affrontiamo su queste pagine. Partiamo dal livello più superficiale ed evidente: la Boldrini è lì per battersi contro lo stereotipo dell’immigrato stupratore e criminale. È una battaglia impari perché il suo afflato finisce per schiantarsi contro i dati: poco prima infatti De Manzoni aveva dichiarato che la metà delle violenze sessuali in Italia è commessa da non italiani. Forte delle statistiche ufficiali, Boldrini rintuzza risentita (ripuliamo i vari “ci stanno”, “c’ho qui i dati”: il lessico boldriniano, si sa, va oltre la grammatica): «nel 2019 gli italiani in prigione per questi reati sessuali erano 2.174 e gli stranieri 1.415». Non deve aver fatto i calcoli prima, la Boldrini, perché i dati che cita dimostrano che gli stranieri colpevoli di stupro sono addirittura più della metà. De Manzoni fa subito notare lo svarione e con lodevole self-control la pasionaria femminista medica l’autogol dicendo che ciò dimostra come si tratti di reati commessi sia tra stranieri che da italiani. In un momento di rara onestà intellettuale, Telese abbandona il suo proverbiale settarismo e fa notare sommessamente come l’incidenza sulla popolazione sia decisamente diversa, dopo di che il dibattito si perde in vari tentativi di diversivo per togliere l’ex Presidente della Camera dall’imbarazzo, finché non arriva la salvifica pubblicità. Su questo tema è piuttosto facile fare chiarezza, nonostante la difficoltà nel reperire i dati: rapportando il numero dei condannati alla popolazione presente sul territorio nazionale, il rapporto tra italiani e stranieri per il delitto di violenza sessuale è di 11 a 1, cioè per ogni colpevole italiano di stupro ce ne sono undici non italiani. La fonte diretta di questo dato è “Violenza sulle donne: le anti-statistiche” del nostro Davide Stasi, che a sua volta elabora dati forniti dal Ministero dell’Interno, della Giustizia e dall’ISTAT (per gentile concessione pubblichiamo qui le pagine del libro che parlano del tema). Finora questa sua elaborazione non è stata smentita.
Linfa per il mondo immaginario femminista.
Quanto a colpevoli di stupro stranieri siamo insomma ben oltre la metà di cui parlano sia De Manzoni che Boldrini. E ciò non ha nulla a che fare con il razzismo, ma con i dati. Se così stanno le cose, vuol dire che sono stati fatti entrare in Italia più stranieri di quanto il sistema non sia realmente in grado di integrare con efficacia, ovvero si tratta di un doppio fallimento delle politiche migratorie portate avanti finora: sulla gestione dei flussi e sui processi d’integrazione socio-culturale. In pratica il dato è il de profundis di tutto l’impianto ideologico boldriniano sul tema. Che però, cosa ben più interessante per noi, crolla miseramente anche su un altro aspetto meno evidente a chi guarda la clip. Presa nel sacco della sua pochezza nell’utilizzo dei dati per sostenere le proprie idee, Boldrini a un certo punto dice qualcosa di cruciale (corsivi nostri): «stiamo di nuovo facendo il binomio immigrazione-criminalità ed è quello che è sbagliato perché qui abbiamo 5 milioni di stranieri che lavorano, nelle nostre case, nelle aziende, che con la criminalità non hanno nulla a che fare, quindi perché dobbiamo ridurre il fenomeno alla criminalità? Parliamo piuttosto dell’apporto che queste persone danno al welfare, al lavoro…». Sacrosanto, Onorevole Boldrini, ragionamento semplicemente sa-cro-san-to. Lo sposiamo al cento per cento. Ora però facciamo un gioco, le va? Proviamo a sostituire nella sua frase la parola “uomini” alla parola “immigrati” e guardi cosa otteniamo. Esattamente il concetto su cui si impernia l’attività nostra e di tutti gli antifemministi d’Italia (e del mondo): vero, c’è una manciata di uomini che commette violenza o uccide donne, ma da quel numero è improprio desumere che l’oppressione e la violenza siano antropologicamente insiti nella maschilità, anche perché a fronte di quei 5 mila uomini che in Italia vengono condannati ogni anno per violenze contro le donne, ce ne sono 29.995.000 che, come minimo, alle donne non fanno nulla, o che, nella maggioranza dei casi, si spendono per proteggerle, mantenerle, salvarle, rispettarle, stimarle, amarle e tanto altro di positivo.
Lo stesso ragionamento che Boldrini fa per tenere botta sul proprio immigrazionismo spinto, può dunque tranquillamente essere trasferito sull’altro ambito dove l’ex Presidente della Camera è sempre stata molto attiva, ovvero il femminismo suprematista, quello che vittimizza tutte le donne e colpevolizza tutti gli uomini. A meno che l’onorevolA non voglia dirci che il suo ragionamento logico vale soltanto per gli immigrati e non ha un valore universale. Il che darebbe la reale misura della sua malafede politica, della tossicità intrinseca dell’ideologia femminista e della pericolosità sociale di personaggi politici di quel tipo (e ahimè la Boldrini non è la sola). In questi due minuti, insomma, Boldrini, oltre a dimostrarsi un personaggio politico a nostro avviso superficiale e dilettante nel citare dati che smentiscono la propria stessa idea, si dimostra anche un concentrato di contraddizioni talmente stridenti da rendere pressoché nullo, quando non apertamente pericoloso, il suo ruolo all’interno della politica nazionale. Con Boldrini siamo al livello di quella politica che tempo fa in Svezia, a fronte del dilagare degli stupri commessi da immigrati, disse che andavano visti con indulgenza perché era qualcosa di connesso con la loro cultura (mentre gli autoctoni andavano severamente puniti), o al livello di Carmen di Genio (nomen non omen) che affermò ampie attenuanti dicendo: «gli immigrati non sanno che non devono violentare». Siamo in altre parole al livello assoluto più basso di malafede e politica tossica. Roba che in un paese normale sarebbe tenuta lontana anni luce da qualsiasi centro decisionale, assemblee di condominio incluse. A margine di tutto ciò, ed è un altro livello di cui tenere conto, sebbene sia già ampiamente noto, c’è il sostegno indiretto dei giornalisti presenti in studio alla versione “politicamente corretta” della Boldrini, che viene salvata dal massacro con il fatidico «andiamo in pubblicità», o con la precisazione di Telese, invero piuttosto stitica, che abbiamo più sopra menzionato.
Due minuti di performance boldriniana che, insomma, danno la misura esatta non soltanto del personaggio politico in sé, ma anche e soprattutto dell’ideologia che si porta dietro, quel femminismo che campa e prospera sopra contraddizioni irriducibili, non facendosi remore ad avvelenare il campo delle relazioni uomo-donna, ma soprattutto il sacro campo della verità dei fatti, pur di poter sopravvivere e dare linfa a quel mondo oscuro e del tutto immaginario in cui obbliga l’intera cultura occidentale.