Si è già parlato del DDL 1762, un odioso attacco alla verità ordito dalla “Commissione femminicidio”, ma vale la pena tornare a discuterne per cercare di svelarne il carattere totalitario e mistificatorio che l’ha ispirato. Si parla infatti di statistica sulla violenza di genere ma in realtà si tratta di un’ossessiva campagna di malainformazione, concepita affinché le donne si sentano tutte perseguitate e gli uomini tutti colpevoli. Ogni tre anni l’ISTAT dovrà eseguire statistiche sulla “Violenza di genere” in cui però solo le donne saranno intervistate. Si parte dall’assunto che “la violenza basata sul genere è un fenomeno sociale di carattere strutturale e ha radici culturali profonde, che ancora oggi permeano le relazioni tra i generi nel nostro Paese. Si tratta di un fenomeno sfuggente del quale riusciamo a intravedere una remota superficie indistinta e di cui, talvolta, percepiamo solo un’immagine sfocata”. Con ciò si giustificano domande tendenziose per far emergere ciò che non c’è, per ingigantire il fenomeno, per confermare il presupposto piuttosto che operare una ricerca che trovi le vere cause della conflittualità tra generi distinguendola dalla violenza sulle donne.
È una mistificazione parlare di cultura della violenza, non esiste nessuna cultura che giustifichi qualunque tipo di abuso verso le donne né verbale, né fisico, né psicologico o economico. Esiste invece conflittualità, divergenza di opinioni, conflitti di interessi, a volte delusioni e frustrazioni che creano un contesto favorevole alla violenza, alla calunnia, alle false accuse, ai tradimenti, agiti da uomini e donne, condizioni che devono essere comprese e disinnescate. Combattere la violenza intrafamiliare e interpersonale in genere significa affrontare il problema della conflittualità nelle relazioni tra uomini e donne e non lo si fa sciorinando questionari unidirezionali dove sempre la figura maschile è cancellata per riapparire poi come un’ombra malvagia che agisce contro le donne, guidata solo da una “cultura” della violenza e dell’oltraggio. La ricerca deve distinguere ciò che avviene all’interno di una relazione quanto a reciproche incomprensioni e problematiche irrisolte, dalla violenza gratuita perpetrata per strada o sul lavoro da parte di persone frustrate, cattive o maleducate.
Leggi liberticide che violano i diritti civili degli imputati.
Domande come quelle che la legge vorrebbe imporre all’ISTAT non permettono di distinguere casi isolati in un’intera vita, fatti rientrati attraverso scuse o riparazioni da parte dell’abusante, reazioni all’interno di una lite, reazioni a offese o a minacce e ricatti, dagli atti violenti unidirezionali che vedano eventualmente un uomo carnefice e una donna vittima. Particolarmente equivoche sono le domande sulla violenza sessuale prima dei 16 anni. Domande che, avulse dal contesto in cui i fatti avvengono, danno una percezione falsata degli avvenimenti. Un ragazzo e una ragazza cominciano a frequentarsi, si baciano, organizzano la loro intimità. Lei accetta la situazione ma intimamente non si sente ancora pronta e alla fine c’è il rischio che dichiari che in realtà non voleva. Oppure lei si ritrae, dichiara che non vuole, lui non insiste ma lei dichiarerà di aver subito toccamenti indesiderati, sebbene non si tratti di azioni che possano essere messe sullo stesso piano di toccamenti fuori dal contesto amoroso e magari da sconosciuti. Tuttavia con queste domande la realtà viene falsata, ogni approccio è reato, violenza e seduzione sono messi sullo stesso piano.
Con l’incipit “è mai capitato che un uomo…” seguito da domande che mischiano fatti rilevanti a fatti poco significativi nella vita intima delle persone, si vogliono creare dati allarmanti, mostrare ancora una volta milioni di donne che subiscono violenza allo scopo di emanare leggi sempre più coercitive e perpetuare un’osservazione spionisitica sui comportamenti privati sempre più ossessiva e criminalizzante. Non si tratta di ricercare la violenza oggettiva su una donna indifesa e fuori da un contesto di diverbio acceso o individuare persone dal comportamento violento e sgradevole, ma di una strategia atta a scovare il fatto che una volta nella vita è capitato qualcosa di sgradevole, per così ottenere numeri eclatanti, per poter reagire prima con campagne di stampa infamanti e poi con leggi liberticide che violano i diritti civili degli imputati, come già avviene con l’inversione dell’onere della prova in caso di accuse di violenza, molestie o stupro contro una donna.
L’ISTAT diventa l’instrumentum regni per eccellenza.
Particolarmente intrusive e vessatorie sono poi le domande sulla violenza psicologica. Sono domande che si possono fare più agli uomini che alle donne. La violenza psicologica e verbale è tipicamente femminile, è una proiezione dei vizi femminili, ma rigirando la frittata si vuole far cadere solo sugli uomini ogni disguido che possa accadere nella relazione sentimentale. Si vuole fare di ogni donna la spia del regime nella società civile, per di più non concedendo agli uomini di esprimersi sul comportamento delle donne in famiglia sia verso il marito che verso i figli, i genitori, i suoceri eccetera. L’ingiustizia di questa proposta di legge sta nella ricerca a senso unico in modo che non si capisca il contesto in cui avviene la cosiddetta “violenza” annullando completamente la soggettività maschile. Ancora una volta il dolore degli uomini traditi, deprivati dei loro beni, allontanati dai figli, ingannati nei sentimenti, offesi nel loro onore, dileggiati davanti ad estranei, sminuiti davanti ai figli, ricattati e minacciati da false accuse, non viene mai considerato degno di ascolto, viene fotografato il momento della reazione maschile estrapolato dal contesto di reciproca violenza, ricatto, insulto o minaccia in cui si verifica. Né è mai considerata l’intenzione, il sentimento, la gentilezza con cui un uomo approccia una donna, l’unica cosa che conta è il giudizio a posteriori che la donna può dare di ogni approccio, magari anche mentendo pur di ottenere vantaggi economici o psicologici di vario genere. L’unilateralità dell’indagine statistica viola i diritti di parità e pari opportunità tra uomo e donna. L’amplissimo caleidoscopio della violenza femminile non viene indagata, in modo che non si sappia mai in quale contesto avvengano i fatti, ma ogni scorrettezza o presunta tale commessa dagli uomini appaia come assurdo retaggio di una cultura secolare volta alla violenza contro le donne.
Lo scopo è poter incriminare l’intero genere maschile generando un pregiudizio che possa giustificare ogni persecuzione antimaschile e ogni ingiusto privilegio di legge alle donne come giusto risarcimento per storiche violenze commesse contro le donne, negando sempre quello che le donne hanno ricevuto dagli uomini. Non è difficile vedere in tutto questo i frutti avvelenati della nuova legge elettorale che alternando in lista un uomo e una donna hanno riempito il Parlamento di donne allevate alla greppia del narcisismo tossico delle femministe che conosce solo le sue ragioni e nullifica l’altro. Si sta istituendo un tribunale speciale per la difesa della donna che ricorda tanto il Tribunale Speciale per la difesa del Fascismo, siamo alle leggi femministissime che ricordano ancora quelle fascistissime, siamo alla violazione di ogni garanzia di verità, di libertà e di democrazia. Non si ricercano infatti le cause della violenza in famiglia e del disagio che l’ha generato ma dati da sparare in faccia al mondo per introdurre un regime autocratico e far fuori definitivamente le garanzie democratiche. Combattere la violenza contro le donne non deve significare la fine della giustizia e della ricerca della verità. Invece di analizzare il disagio familiare, la violenza e la depressione che ne deriva, si intervista una sola parte della società con domande tendenziose, invece di finanziare consultori e centri di mediazione del conflitto, si finanziano centri antiviolenza di sole donne per sole donne a detrimento degli uomini e della ricerca della verità. Con questo tipo di questionario l’ISTAT diventa l’instrumentum regni per eccellenza del nuovo matriarcato basato sulla calunnia, sulla menzogna e sulla mistificazione. Il tutto con il complice silenzio dei media.