di Fabio Nestola. Paolo “due pesi e due misure” Crepet non ha saputo trattenersi, ha dovuto dire la sua sulla vicenda di Claudio Baima Poma, l’uomo e padre che si è suicidato dopo aver ucciso il figlio. Ed esprime, come da copione, una stroncatura senza appello: Paolo è un vigliacco che ha ucciso anche la moglie in una maniera terrificante, più violenta di chi uccide con un mitra. L’articolo è farcito da apprezzamenti lusinghieri per Claudio e per tutti gli uomini in generale: un cavaliere dell’impero del Male, che ritiene la donna un utero e null’altro; non è un padre, è un proprietario dei figli, l’omicidio è frutto di una cultura feudale, medievale. Uomini che non sopportano la frustrazione. Non si può tornare a casa sconfitti da una donna che si ritiene inferiore, non degna di una propria capacità decisionale. Questo concetto è rafforzato da un’idea medievale che i figli sono proprietà. Soprattutto se sei maschio.
Ah però! Lui “sa” che Paolo considerava le donne esseri inferiori, evidentemente lo aveva in cura da anni e non ce lo ha detto. Lui “sa” che i figli sono considerati una proprietà, soprattutto dagli uomini. E se lo dice lui… Per capire che il figlio non avrebbe dovuto essere coinvolto non c’è bisogno di essere un blasonato psichiatra nonché un presenzialista televisivo. Non sono né l’uno né l’altro, ma anch’io come tutti condanno il gesto di Claudio, colpevole di avere trascinato il figlio nel suo progetto autolesionista. Però da parte del buon Crepet non c’è pietas, non c’è empatia, non c’è la volontà di comprendere (non approvare, ma almeno cercare di capire) cause e concause dalle quali è nato l’evento terribile. Non c’è la depressione, non c’è il devastante cinismo incontrato invece di ricevere aiuto, non c’è la rassegnazione, non c’è la voglia di farla finita come unica via d’uscita da una situazione altrimenti ritenuta insostenibile. C’è solo la mentalità feudale ed il possesso dei figli tipico dei padri, ci tiene a sottolineare Crepet.
Il padre proprio il camionista doveva fare? In fondo la colpa è anche un po’ sua.
Ha dimenticato di parlare del patriarcato, delle sovrastrutture culturali maschiliste e dell’oppressione di genere ma non disperiamo, forse prossimamente lo farà. Strano, perché a ruoli invertiti il suo atteggiamento cambia, e cambia parecchio. Quando ad uccidere i figli è una donna si parla subito di depressione post partum, anche quando l’evento-parto è ormai lontano ed i figli vengono uccisi a 7/8 anni o più. È un’attenuante riconosciuta sui media e in tribunale quando la depressa è una donna, quando l’assassino è un uomo la depressione diventa possesso morboso, Murgia docet. La sistematica deresponsabilizzazione femminile fa il paio con l’altrettanto sistematica colpevolizzazione maschile: se un padre uccide il figlio è “cultura del possesso” mentre se lo fa la madre si sprecano i commenti salvifici dei qualunquisti professionisti: “la depressione è una patologia subdola, difficile da comprendere; la colpa è della società che non ha saputo cogliere i segnali d’allarme; la colpa è della famiglia che non ha saputo ascoltare le sue richiesta d’aiuto; dov’era il marito? Dov’erano gli altri parenti? Dov’erano i servizi sociali? È stata lasciata sola, non dobbiamo puntare il dito, non mi sento di giudicarla”.
Il buon Crepet non si esime, è sempre pronto a lanciare strali infuocati sull’uomo cavaliere dell’impero del Male ma si dimostra molto più indulgente quando l’assassina è donna, anche se uccide i figli senza poi togliersi la vita. Nella vicenda di Veronica e Gioele, ad esempio, trionfa l’amore materno, troppo forte per poter pensare che il bambino possa essere stato ucciso:
Se non c’è l’amore materno c’è una donna sofferente, sofferenza acuita dal lockdown:
Non solo la recente tragedia di Caronia negli interessi di Crepet. Andando indietro nel tempo abbiamo rintracciato altre esternazioni dello psichiatra baffuto.
“Una figura fondamentale che è mancata, secondo lo psichiatra, è la figura del padre, lontano da casa perché autotrasportatore di mestiere. Secondo Crepet anche se da quelle parti le famiglie sono sempre vissute senza la figura di un padre, per l’emigrazione o perché fuori per lavoro, le donne oggi sono più fragili di allora, e non riescono a mandare avanti i propri figli da sole”. Quindi Veronica Panarello è fragile, lei non è una cavaliera del Male. Il padre proprio il camionista doveva fare? In fondo la colpa è anche un po’ sua.
Il figlicidio e l’infanticidio sono, da sempre, agiti prevalentemente da donne. Lo dicono illustri criminologi che all’argomento hanno dedicato fiumi d’inchiostro e decenni di studi. La sensazione di possesso della prole è femminile, checché ne dica il nostro amico psichiatra. La volontà di punire il coniuge attraverso l’uccisione della prole è femminile, nella casistica di cronaca nera e fin dalla mitologia. La sindrome di Medea non è una mia invenzione.
Fermo restando che Andrea, 11 anni, aveva tutto il diritto di continuare a vivere; fermo restando che nessuna depressione può giustificare la soppressione di una vita, a maggior ragione della vita di un figlio; fermo restando che il delitto di Claudio deve raccogliere la condanna di tutta la società civile, resta da chiedersi il perché di questa ennesima strumentalizzazione antimaschile che sa tanto di piaggeria per avere quell’accesso in TV che ultimamente a Crepet manca.