La Fionda

di Fabio Nestola. I professionisti dell’informazione… Un articolo dell’Espresso, a firma di tale Emanuela Valente, pur di gettare fango addosso alla figura paterna si avventura in una serie di capriole epocali. Partiamo dal titolo: “La verità scomoda sui bambini uccisi dai padri“. Sulla scia dell’eco mediatica generata dal figlicidio-suicidio di Rivara, l’Espresso tenta di strumentalizzare l’episodio, anche in maniera abbastanza maldestra, insinuando una colpevolizzazione dell’intera categoria dei padri, soggetti inclini ad uccidere i figli. Il titolo lascia intendere che il fenomeno dei padri assassini in Italia sia dilagante ma oscuro, dramma noto a tutti del quale però non si deve parlare: è una verità, ma è scomoda. Si gioca sull’equivoco: nell’articolo i contenuti sono diversi, non si parla affatto di padri assassini, anzi i collegamenti agli studi citati e alle persone intervistate o fanno riferimento a entrambi i genitori, oppure al fenomeno contrario, cioè alla prevalenza materna nell’uccisione della prole.

La “verità scomoda” è una definizione statunitense, però i giornalisti a stelle e strisce la utilizzano per parlare dei genitori ambosessi che uccidono i figli. Quindi non è vero che la verità scomoda sia “i bambini uccisi dai padri”. Anche perché infanticidio e figlicidio, non solo in Italia ma in tutto il mondo, sono reati a larga prevalenza femminile. Però il titolo dell’Espresso è “La verità scomoda sui bambini uccisi dai padri”. La stessa Valente esordisce così: “il numero dei bambini uccisi dai propri genitori rappresenta un dato allarmante”. Uccisi dai genitori… Però il titolo dell’Espresso è “La verità scomoda sui bambini uccisi dai padri”. Poi altra citazione made in USA, il Global Study on Homicide dell’agenzia ONU-UNDOC, in particolare il booklet six a pag. 27 dice che i dati sugli infanticidi familiari sono difficilmente rilevabili, quindi non è possibile l’analisi da una prospettiva di genere degli autori. Però il titolo dell’articolo dell’Espresso è “La verità scomoda sui bambini uccisi dai padri”. Quindi il booklet six prevede la voce neonaticide (in Italia, infanticidio) che, fatta la dovuta premessa sui dati necessariamente sottostimati, afferma “this type of homicide is primarly perpetrated by women” (questo tipo di omicidio è soprattutto perpetrato da donne”). Però il titolo dell’articolo dell’Espresso è “La verità scomoda sui bambini uccisi dai padri”.

Emanuela Valente
Emanuela Valente

Un assist all’omonima presidente della commissione parlamentare sul femminicidio.

Inoltre una curiosa anomalia: la giornalista sorvola proprio sul passaggio che parla espressamente dell’Italia. A pag. 28 il booklet six cita una ricerca sulle madri italiane che uccidono un figlio: dimostra come le donne che si macchiano di tale reato sono prevalentemente alla prima gravidanza, giovani, non sposate, scarsamente istruite. Nella maggior parte dei casi la relazione col padre del bambino è terminata o sta terminando. Molte vivono con i propri genitori o con un partner che non è il padre del bambino. Però il titolo dell’articolo dell’Espresso è “La verità scomoda sui bambini uccisi dai padri”. Ad esempio i casi di Siracusa (di cui si è occupato anche questo sito) e Salerno, giusto per ricordare i più recenti. Passando ai report italiani, la Valente cita i dati Eures sulle modalità dell’infanticidio: arma da fuoco nel 51,5% dei casi. Peccato che si distragga un attimo e “dimentichi” di citare i dati del genitore assassino, che proprio secondo l’Eures è la madre nel 60% dei casi. Già, meglio non dirlo, legherebbe poco col titolo “La verità scomoda sui bambini uccisi dai padri”. Quindi la giurista Laura Onofri punta i riflettori sulle separazioni come momento critico, tuttavia parla anche lei di genitori, entrambi, che uccidono i figli. Però il titolo dell’articolo dell’Espresso è “La verità scomoda sui bambini uccisi dai padri”.

Infine Emanuela Valente dirotta l’attenzione dal figlicidio commesso dai padri alle criticità della separazione, i tempi lunghi della giustizia, l’ascolto del minore, le violenze in famiglia. Per farlo, raccoglie le dichiarazioni dell’avvocato Francesca Romana Baldacci sulla mancata comunicazione fra tribunali e sui tempi incompatibili con le esigenze dei minori. “Così può accadere che un bambino rimanga con il genitore violento o pericoloso” aggiunge la giornalista. Che c’entra, di grazia? Un assist all’omonima presidente della commissione parlamentare sul femminicidio, che si sta occupando di padri violenti o presunti tali? Ancora: “Non è raro che un genitore venga condannato per violenze sui minori dal tribunale penale solo dopo anni di affido disposto dal tribunale ordinario. Nel frattempo il bambino ha continuato a subire danni”. Magari in alcuni casi è anche vero ciò che dice l’Avv. Baldacci, ma cosa c’entra con l’articolo dell’Espresso e soprattutto col titolo? Gli eventuali danni psicologici, educativi, relazionali o anche fisici sono cosa ben diversa dall’uccisione di un figlio. Inoltre, per completezza di informazione bisogna ricordare che, molto più spesso di quanto si possa immaginare, le denunce di violenze fisiche e sessuali in ambito separativo si rivelano false accuse costruite sul nulla, al solo scopo di allontanare il denunciato dai figli. C’è un 80% di accuse infondate, lo sostengono fior di operatrici giudiziarie, tutte di genere femminile, dalla dr.ssa Carmen Pugliese (sost. proc. Tribunale di Bergamo) alla dr.ssa Jaqueline Monica Magi (sost. proc. Tribunale di Pistoia), dalla dr.ssa Barbara Bresci (sost. proc. Tribunale di Sanremo)  alla dr.ssa Sara Pezzuolo (psicologa forense, CTU c/o tribunale di Firenze).

Foto L'Espresso
La foto di copertina dell’articolo de L’Espresso

A ruoli invertiti i casi non mancano.

Tornando al titolo dell’articolo, è interessante analizzare anche l’immagine utilizzata dall’Espresso: la foto sullo sfondo è quella di Caludio Baima Poma in compagnia del figlio. Claudio è il padre suicidatosi dopo aver ucciso il bambino, immagine perfetta sotto al titolo “La verità scomoda sui bambini uccisi dai padri”. Forse un caso sembrava poca roba per supportare il titolo allarmistico, allora viene rafforzata con il collage di alcuni ritagli di giornale che parlano di figli uccisi dai padri. Altro scivolone de l’Espresso. In archivio li abbiamo tutti, quindi è stato facile risalire ai fatti di cronaca e salta fuori che 3 casi su 5 riguardano padri stranieri. Ma questo l’articolo non lo dice. Il padre che soffoca i figli col silicone è tedesco; quello che ammazza il figlio di botte è croato; quello che uccide la figlia a coltellate è bengalese. Contesti socioculturali profondamente diversi rispetto a quello italiano, ma tutto fa brodo per mistificare la realtà attraverso la lettura combinata di titolo più sottotitolo più immagini: i bambini vengono uccisi dai padri, ma è una verità scomoda; poi “in Italia crescono in maniera esponenziale i figlicidi”, quindi la verità scomoda è la violenza domestica figlia della cultura patriarcale italiana. Infine la prova della verità scomoda è in un episodio avvenuto a Dresda a febbraio… Peccato che a ruoli invertiti, e solo limitatamente all’italia, i casi non manchino. Ecco qualche esempio, tenendo presente che gli archivi cartacei rappresentano un decimo di quelli digitali:

Da ultimo credo sia utile fare chiarezza: dettagliando le motivazioni contesto il titolo e l’articolo, non l’autrice. Invece di Emanuela potrebbe anche chiamarsi Alfredo, la mia posizione non cambierebbe di un millimetro, quindi sia chiaro che non è una critica alla Valente inquantodonna. C’è un vittimismo ideologico sempre in agguato: devi concordare con qualsiasi cosa dica o scriva una donna, chi ha opinioni diverse compie un attacco sessista. Anche senza urlare, aggredire o insultare, è sempre un attacco sessista. Anche chi documenta dettagliatamente un punto di vista diverso da quello di una donna, compie sempre un attacco sessista. Non ho scritto che l’articolo de L’Espresso somiglia più alla pornografia ed alla mistificazione pianificata che al giornalismo. Magari lo penso, chissà, ma non l’ho scritto. Restate col dubbio. Il mondo è bello perché è vario, c’è posto per tutti. C’è l’informazione imparziale, poi c’è anche l’Espresso.

Chiudo con un ricordo di ciò che scrivevo nel giugno 2012: “Cerchiamo di riflettere sulle strategie di chi, pensando di apparire imparziale, democratico e politically correct, maschera una faziosità endemica che dall’imparzialità è lontana anni-luce e diventa il terminale più o meno consapevole di una strategia di criminalizzazione, con la complicità dei media asserviti alla logica di Sistema. Come i fatti vengono riportati, come si utilizzano i titoli, quali notizie passano sotto silenzio e quali vengono enfatizzate, quali dati vengono occultati, quanto spazio viene riservato in base a chi faccia cosa, e con quale ripetitività. (…) Meglio sparare nel mucchio, meglio insinuare, giocare sull’equivoco, lasciar credere, meglio criminalizzare l’intero genere, la strategia è questa”. Ecco, appunto. 



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