Da messaggio privato. Mi chiamo Stefano e sono nato a Prato. Mi sono sposato con nel 1999 con Luciana e dalla nostra unione sono nati tre figli: Alessandra, Enzo e Nicola. Luciana ha cominciato a soffrire di depressione dalla nascita di Alessandra, con alternanza di momenti normali a forti crisi depressive. L’ultima risale al marzo del 2017: in quel occasione viene ricoverata presso l’ospedale di prato. Io per lavoro sono spesso fuori e nel giorno delle sue dimissioni dall’ospedale ci accordiamo che la sua convalescenza venga fatta a casa di sua madre in modo da gestire al meglio i bambini per la scuola. Nelle prime due settimane tutto è filato liscio: io andavo da loro a pranzo, i bambini stavano con me nei miei giorni di riposo. Tutto dura fino a fine marzo quando scatta la trappola
Una mattina chiamo per sentire come stava: risponde mia suocera dicendo che non dovevo più avvicinarmi a loro. Abitando a circa un 1 chilometro, prendo la macchina, vado a casa loro e fuori vedo i due maschi che giocano con il compagno di mia suocera. Nel momento che suono il campanello, esce proprio lei, mia suocera e mi dice di andarmene. Ha il cellulare già in mano e mi minaccia di chiamare Carabinieri e dire che io la stavo aggredendo. Esco immediatamente di casa, mi metto in macchina e provo a chiamare il compagno di mia suocera ma il suo cellulare risulta spento. Nei giorni successivi provo a richiamare e mi viene detto che non avrei più visto né i bambini né lei. Per riuscire a incontrare i miei figli vado a scuola e talvolta, arrivando prima di lei, riesco a portarli a casa con me.
L’intervento di un centro antiviolenza.
Successivamente scopro che il compagno di mia suocera li ha portati nel bosco per non farmeli vedere, tenendoceli per 4 ore senza cibo né acqua. Fino a maggio 2017 riesco a vederli, poi arriva la perquisizione, la denuncia per maltrattamenti e abusi sessuali su minori, con restrizione di avvicinamento ai bambini e l’ordine di lasciare la casa, dato che lei aveva dichiarato di esservi ancora domiciliata. Nei mesi seguenti anche ai miei genitori viene vietato di avvicinarsi alla casa, che per altro era intesta a me, comprata prima del matrimonio, a cui vengono cambiate le serrature e che viene svuotata completamente di tutto.
Nel frattempo comincia processo penale dove non viene prodotto alcun certificato di violenza su di lei né sui bambini. Vengono ascoltate le maestre di tutti e tre, che non testimoniano di aver registrato nessuna violenza fisica sui bambini, né segni di disagio. A quel punto interviene nel processo la psicologa del centro antiviolenza “La Nara”, che dichiara a chiare lettere che la signora era gravemente maltrattata, tanto da doversi rivolgere a un ispettore dei vigili urbani per avviare la denuncia. Alla metà del 2018 vengono iniziati gli incontri protetti, sospesi dopo due volte: i bambini dicono che io li picchiavo e picchiavo la mamma e non vogliono più vedermi. Li rivedo solo metà 2019 per pochi minuti durante la CTU.
Un vero e proprio plagio.
Il processo penale si conclude con il proscioglimento totale (“il fatto non sussiste”) dalle accuse di maltrattamenti alla mia ex moglie e di abusi sessuali sui bambini. Ricevo una condanna di 1 anno e 3 mesi per abusi di mezzi di correzione. Evidentemente non era il risultato sperato: un giorno mia madre, accompagnata da persona di fiducia, si reca davanti alla scuola dove andavano i bambini e la mia ex moglie le impedisce persino di salutarli. Poco dopo, sempre tramite il vigile già interpellato, presenta una denuncia di tentato rapimento a carico di mia madre, all’epoca 84enne. Il procedimento è ancora in corso.
Dopo ciò viene formalizzata la separazione coniugale ma gli incontri con i miei figli cominciano solo dopo tre anni. Secondo assistenti sociali e psicoterapeuti i bambini non sono mai pronti ed è solo grazie al mio nuovo legale che siamo riusciti a incominciare incontri protetti con tutti e tre da novembre 2020. In più situazioni emerge, specie dalle parole di Nicola, che la mamma ostacola il rapporto fra di noi, ma tutto ciò, in un contesto di evidente alienazione in atto, viene ignorato da psicologhe e assistenti sociali, che infatti deferisco all’ordine, sebbene ancora non ci sia alcuna risposta. In compenso il loro ostruzionismo e il loro appoggio al vero e proprio plagio fatto sui miei figli dalla madre e dalla nonna materna non cessa.
N.d.R.: i nomi citati nel resoconto sono tutti di fantasia.