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“Io non idoneo”? Così pensa insistentemente Mauro quando legge l’atto di accusa con cui Gaia giustifica il fatto di negargli ormai da settimane l’accesso ad Alessio. “Lei è sempre mezza ubriaca e quello non idoneo sono io?”. Non crede ai suoi occhi, dunque prosegue la lettura. Qualche ragione sensata deve pur esserci perché lei lo possa definire così in una denuncia che non è stata archiviata. Gli occhi scorrono rapidi tra le righe scritte in avvocatese, finché l’attenzione non viene attirata dalla formula “coltivazione di marijuana”. La donna lo accusa di far crescere lo stupefacente in casa, di farne uso e smercio. Mauro si volta e guarda con pietà il ficus sempre lì lì per morire, nell’angolo della stanza. E’ l’unica pianta che ha in casa. Presto arriveranno i Carabinieri a controllare e magari chiederà a loro se sanno come accudirlo visto che pare sempre sul punto di seccare.
Se le accuse sono queste, ci vorrà ben poco per smontare tutto e anzi rivoltarle la cosa contro, con qualche bella denuncia per calunnia, pensa Mauro. Prosegue nella lettura e a un certo punto deve rallentare. Non perché non sia chiaro, ma perché fatica a credere a ciò che sta scritto.
No dai non può essere vero, pensa Mauro. Gaia lo stava accusando di essere l’apprendista stregone di Walt Disney. E la polizia giudiziaria non aveva archiviato la denuncia. Incredulo, Mauro chiama il proprio avvocato. “Non so che dire… è folle, ma non l’hanno archiviata, l’hanno mandata avanti”, gli conferma.
Lo stava accusando di essere l’apprendista stregone.
Il giorno dopo insieme stendono un’altra denuncia per calunnia, che sarà la prima di un totale di trentasei. Quanto dichiarato da Gaia per giustificare la mancata consegna di Alessio in violazione del decreto esecutivo del Tribunale dei Minori, è una vera miniera di falsità. Mauro intende fargliele ingoiare una ad una. Non per vendetta, ma perché non intende tollerare barriere alla frequentazione di suo figlio. La cui madre, è evidente, si sta appigliando a tutto, in special modo all’iper-protezione che l’intero sistema riserva alle donne, pur di tenerlo lontano dal bambino. Ma perché lo fa? La domanda tormenta Mauro a lungo. Soldi, vuole sicuramente soldi. Ma c’è anche dell’altro. Per arrivare ad accusarlo di stregoneria, c’è dietro un disagio, forse una forma di invidia ossessiva. Alessio sta bene con lui, molto più di quando sta con lei. E non lo nasconde. Soprattutto questo deve aver scatenato l’invidia distruttiva di Gaia.
Accuse o no, Mauro non demorde, e ogni giorno alle 17.00 in punto si presenta davanti a casa sua, sperando di vederne uscire Alessio. Dal momento della denuncia cerca di non presentarsi mai da solo a quegli appuntamenti. Amici, colleghi, parenti, coinvolge un po’ tutti a tenergli compagnia, mentre aspetta inutilmente. Ogni volta chiama i Carabinieri, che rispondono “appena riusciamo veniamo”, ma poi non vengono mai. Quando proprio non ce la fa più, chiama Gaia, che il più delle volte non risponde. Solo una volta apre la comunicazione, il 24 dicembre. Forse per fargli il regalo di Natale, si degna di rispondere. Mauro si impone la massima calma.
Quanto dichiarato da Gaia è una vera miniera di falsità.
“Gaia, sono tre mesi che Alessio non mi vede, c’è un decreto esecutivo, stai commettendo un rea…”. “Alessio è malato, sta molto male, ha la febbre a 39”, lo interrompe lei. “Non può assolutamente uscire di casa”. Lei gli manda via WhatsApp un certificato medico. Mauro lo guarda, tace per qualche secondo, poi: “va bene, fammici parlare…”. Ne nasce subito un battibecco, che capitombola in breve nel tut-tut della telefonata interrotta. Mauro rientra in auto, ringhia, bestemmia, esasperato. Pensa ad Alessio, in quella casa oscura, puzzolente, sporca, senza amore e si sente male. Resiste a stento all’impulso di andare, sfondare l’uscio e portarselo via. Sa che sarebbe un errore fatale, quindi sgomma e si dirige verso il centro, riascoltando la telefonata. Perché già da tempo registra in audio e video tutto quanto. Non si fida e fa bene. In breve capirà che tutte le sue registrazioni gli verranno molto utili.
Ha ancora alcuni regali da acquistare per i suoi parenti, dunque parcheggia ed entra in un negozio di roba tecnologica. Mentre guarda la vetrina vede passare lentamente l’auto di Gaia. La riconosce alla guida. Si sporge oltre l’accesso del negozio mentre piano piano transita alla ricerca di un parcheggio. Sul sedile dietro c’è Alessio che gioca tranquillamente. Per Mauro è un attimo, non c’è riflessione nella sua reazione, che è pienamente spontanea. Scende in strada e grida: “ehi!”. Gaia lo vede, accelera all’istante e si allontana. Mauro raggiunge la sua auto, mette in modo e la segue.
“Sono tre mesi Alessio non mi vede”.
“E rispondi!”, dice in ansia mentre digita sul vivavoce cercando di chiamare la madre di suo figlio alla guida dell’auto che ha davanti. Che pare scappare più che viaggiare. Mauro vorrebbe chiederle dove stia andando col bambino, se davvero è febbricitante e quasi in fin di vita, come gli ha detto al telefono. O molto più probabilmente era una scusa per negarglielo per l’ennesima volta. Ma niente, Gaia non risponde, anzi accelera. Mauro la segue per qualche chilometro, poi lascia perdere. Sempre mezza bevuta com’è, vedendosi seguita potrebbe prendere velocità e uscire di strada con Alessio dietro. Rallenta allora, con una mano che gli arpiona lo stomaco. Fa inversione a U e se ne torna a casa, dove Gianna l’aspetta, intristita e paziente come sempre.
E’ il 27 dicembre quando il cellulare lo avverte di una chiamata anonima in arrivo. “Pronto?”. “Buon giorno, polizia giudiziaria”, risponde una voce spiccia e perentoria. Deve presentarsi il giorno dopo in Procura per comunicazioni. Mauro riattacca immaginando che Gaia se ne sia inventata un’altra delle sue, e non sbaglia. Il brigadiere gli sventolerà sotto il naso cinque pagine pinzate ai lati. E’ una denuncia di Gaia per atti persecutori, il cosiddetto “stalking”. Nelle pagine in fondo ci sono le foto di lui che attende davanti a casa, i tabulati delle chiamate del 24 dicembre e la dichiarazione di un’amica di Gaia secondo cui Mauro aveva inseguito la madre di Alessio mettendole ansia e paura. “Con ‘sta roba”, gli dice il brigadiere in tono severo, “il rinvio a giudizio è sicuro”.
Lo tratta già da criminale, in barba alla presunzione d’innocenza. Un altro processo da affrontare. Per non sbagliare, con il suo avvocato stende e deposita la trentaseiesima querela per calunnia. Quando accade, non vede Alessio ormai da quattro mesi. Il gioco si è fatto duro. Ed è solo all’inizio.