Se scriviamo nel titolo che la Spagna è sempre più un paese dell’orrore, vuol dire per certo che essa rappresenta sempre più un paradiso per le femministe, i loro interessi e i loro giochi di potere. Così è a tutti gli effetti, specie ora che il Governo di Pedro Sanchez ha licenziato una nuova proposta di legge sulla violenza sessuale, che il Parlamento è chiamato ad approvare entro la fine dell’anno. È la famosa legge del «solo sì è sì», e nella propaganda ministeriale, acquisita acriticamente da tutti i media locali, viene definita una norma «per la piena libertà sessuale delle donne». Il fulcro della legge è proprio il consenso esplicito. Una volta entrata in vigore, ogni atto sessuale che non sia stato preventivamente ed esplicitamente accettato dalla donna, e confermato durante tutto l’atto e anche dopo, sarà automaticamente considerato stupro. Si badi bene che la legge parla proprio di consenso femminile, non di consenso generico. Ovvero la Spagna promuove una legge apertamente discriminatoria, nel silenzio totale dell’Unione Europea, sempre così prodiga e attiva per i diritti umani, se si tratta di rompere l’anima a Ungheria e Polonia.
Tutto nasce dalla vicenda de “La Manada“, un caso controverso di stupro di gruppo che i giudici di prima istanza, anche alla luce di alcune riprese video dove la fanciulla coinvolta non pareva opporsi agli atti sessuali, avevano declassificato come abuso sessuale (in Spagna è meno grave della violenza sessuale). Le proteste di piazza e le prese di posizione politiche hanno poi guidato la mano dei giudici di seconda istanza che, per non avere proteste alla porta o altri tipi di problemi, hanno poi pesantemente condannato gli accusati, attribuendo loro il reato di stupro. Così funziona nei paesi a trazione femminista: la piazza ordina, i giudici obbediscono. Per evitare di doversi affaticare in dimostrazioni e proteste, le femministe hanno dunque ficcato la mano nel didietro del premier Sanchez e gli hanno dettato una legge che va a completare il già delirante quadro legislativo spagnolo, partito per la deriva sotto Zapatero e ora punta estrema del femminismo suprematista in Europa. Il tutto, come sempre, con il pretesto dell’adeguamento alla Convenzione di Istanbul che imporrebbe in tutti i paesi ratificatori proprio la regola del «solo sì è sì» (per la cronaca: il 1 luglio la Turchia ha ufficializzato formalmente la sua uscita dalla Convenzione. Un giorno memorabile).
Tanti tanti soldi per i centri antiviolenza.
Al momento in Europa sono dodici i paesi che hanno una legge imperniata sullo stesso criterio. Tra questi spiccano Gran Bretagna, Danimarca e Svezia, curiosamente quelli a più alto tasso di stupri (ricordiamo che, in merito, l’Italia è nei posti più bassi della classifica secondo i dati della European Fundamental Rights Agency…). Evidentemente il criterio del «solo sì è sì» non funziona granché, ed è noto che gran parte delle violenze sessuali nei paesi del nord Europa sia commessa da immigrati, ma non si deve dire: tutto dev’essere messo sulle spalle degli uomini autoctoni, maschi-bianchi-etero, la questione immigrazione va tenuta fuori dal piano generale. Anche perché altrimenti scoppiano contraddizioni ingestibili. Ad ogni buon conto, la legge proposta dal governo è vaga e ambigua, come tutte quelle di questo tipo (corsivi nostri): «Si capirà che c’è consenso solo quando è stato liberamente espressi, mediante atti che, in considerazione delle circostanze del caso, esprimono chiaramente la volontà della persona». Ovvero: tutto dipende dalle circostanze, si valuterà caso per caso, dipenderà da che tipo di giudice sarà coinvolto. Alea totale, certezza della legge zero, nessun conto delle prove e delle evidenze, ampia apertura a sentori e ripensamenti della presunta vittima. Il paese di bengodi per il femminismo e il queer sovvertitori dello Stato di Diritto.
Già che c’era, il femminismo spagnolo ha usato la nuova legge sullo stupro per inserire altre belle cose. Essa stabilisce infatti anche che tutta la violenza contro le donne sarà considerata sessista. Cioè si fissa per legge un movente che nella realtà non si attiva mai: ogni donna vittima di violenza di un uomo, con questa legge, sarà vittima “in quanto donna”. Anche per questo la nuova legge punisce ogni tipo di comportamento offensivo nei confronti delle donne, come le molestie in strada, che saranno sempre considerate reato, naturalmente sulla base della percezione della donna oggetto delle molestie e non dell’agito concreto del presunto molestatore. Alcuni articoli riguardano poi il pimping, cioè lo sfruttamento della prostituzione, altro grande nemico del femminismo: chiunque affitti la propria casa ad attività di meretricio rischierà il sequestro dell’immobile, una multa salatissima e il carcere. Ma non basta: come sempre in questo tipo di leggi, il dolce più succulento arriva in fondo. E in fondo alla legge proposta dal Governo Sanchez ci sono soldi, tanti soldi pubblici. Per le presunte vittime e la loro assistenza giudiziaria, sanitaria, psicologica e quant’altro. Ma soprattutto tanti tanti soldi per i centri antiviolenza iberici. A completare il quadro, lezioni sul rispetto di genere nelle scuole primarie e secondarie: perché la totale sottomissione passa sempre dall’invasione delle menti più giovani.
Non abbassare mai la guardia.
Il cammino della Spagna verso un progressismo distopico e disumano procede a grandi passi, senza che nulla, nemmeno il partito d’opposizione e antifemminista Vox, riesca a rallentarlo. E questo del «solo sì è sì» è soltanto il passo più recente verso il mondo ideale sognato dai due grandi totalitarismi di quest’epoca folle, il femminismo e il queer. In questa stessa legislatura infatti è già stata approvata la “ley-trans”, che consente il cambio legale di genere a partire dai 14 anni senza diagnosi medica o terapia ormonale. Il grande progetto queer del self-ID ha insomma trovato patria a Madrid e dintorni, in convivenza con il femminismo più feroce e folle. Non a caso su quest’ultima disposizione relativa allo stupro, alle molestie e ai tanti soldi dati alle associazioni antiviolenza, quel soggetto totalmente fuori controllo che risponde al nome di Irene Montero, ministro spagnolo della Parità, è stata molto chiara: «consolidiamo una nuova generazione di diritti femministi». Una distorsione totale della realtà, laddove non si tratta nemmeno più di privilegi, ma di assurdi giuridici capaci di minare alla radice le possibilità relazionali tra sessi e nel contempo di criminalizzare in modo sistematico tutta intera la sfera maschile.
Il paradiso delle femministe, la Spagna, si diceva. Effettivamente lo è, ancor più del nord Europa, dove lo stesso tipo di delirio si scontra violentemente contro una realtà che smentisce alla radice i dettami ideologici, specie se tradotti in norme. Dal paradosso norvegese, che ha dato una mazzata mortale all’ideologia queer, passando per la radicalizzazione dei ruoli “stereotipati” di genere mano a mano che in Svezia di moltiplicavano le leggi per la “parità”, passando per i dati disastrosi sulle violenze sessuali in Danimarca, in nord Europa svarionano come in Spagna, ma prima o poi a forza di schiaffoni la realtà li riporterà sulla terra. In Spagna no: si spinge sull’acceleratore dell’oppressione femminista e nulla di rilevante sembra accadere. E se accade, come l’impressionante numero di uomini incriminati, incarcerati e poi prosciolti, oppure condannati a voce di popolo prima che di giudice, non fa notizia, viene nascosto, per non turbare le magnifiche sorti e progressive della fiorentissima industria dell’antiviolenza che da quelle parti ha dimensioni davvero spaventose. Di contro, lo si è detto, per chi mantiene una visione razionale sulla realtà, la Spagna rappresenta l’orrore vero, l’incubo peggiore, nonché un campanello d’allarme, nella consapevolezza che nel nostro Paese sono in molte e molti a lavorare per eguagliarla. Ragione di più da parte nostra per stringere i ranghi e non abbassare mai la guardia.