Tutte le grandi narrazioni storico-sociali contengono una miscela di falsità, bugie, esagerazioni, omissioni, deformazioni, banalità, assurdità, verosimiglianze, contraddizioni, allusioni, capziosità, fantasie, leggende etc. ma anche un certo numero di verità, sode e innegabili. Cosa ci stanno a fare queste splendide creature in compagnia di quella brutta gente, infida e maleodorante? Perché il meraviglioso, lucente Vero si accompagna a quella banda di spaventosi e repellenti Uruk-hai? È un bel mistero che chiede una spiegazione, anche perché quelle perle nell’immondizia potrebbero lasciare perplessi e imbarazzati. Dirà qualcuno: «ma come? C’è del vero nella narrazione femminista perciò non può essere una storia manipolatrice, una grande menzogna come qualcuno ha scritto. Bisogna prenderla sul serio, tralasciando qualche sbavatura, in fondo scusabile…». Mettiamoci comodi perché la spiegazione è serenamente semplice.
La funzione delle verità in un racconto manipolatorio è varia e facile da individuare. Esse fungono da ancoraggio di credibilità. La presenza di elementi verificabili e veri conferisce autorevolezza all’intera narrazione, rendendo più difficile distinguere le parti false o manipolate. Creano un “effetto alone”. Quando riconosciamo alcune parti come vere, siamo più propensi ad accettare come valido anche il resto della narrazione senza sottoporla a un esame critico rigoroso. Hanno funzione selettiva. Scegliendo quali verità includere e quali omettere, si può costruire una narrazione che, pur basandosi su alcuni fatti certi, porta a conclusioni fuorvianti. Non tutte le verità sono ugualmente utili. Si scelgono quelle che meglio si incastrano con il disegno complessivo, le altre vengono omesse o ridimensionate.
Le verità che fanno da palo.
Hanno effetto distorsivo. Alcune verità vengono enfatizzate per distogliere l’attenzione dalle altre, quelle scomode. Questo crea l’illusione di trasparenza e onestà, mentre in realtà si sta solo dirigendo lo sguardo dove conviene, giustificando le falsità. Si riportano eventi reali per costruire una logica che conduce a conclusioni preordinate. Fungono da esche. Abituare le persone a una determinata interpretazione della realtà, grazie all’escamotage di elementi veri, serve a modellare il loro modo di pensare e di giudicare il mondo. Sono seduttive. Servono per creare empatia e coinvolgimento emotivo, rendendo più facile accettare altre parti della narrazione che altrimenti verrebbero rifiutate.
Una narrazione completamente falsa sarebbe troppo fragile. La presenza di verità ben selezionate, quelle utili, serve a rendere il racconto più accettabile, fungendo da “ancoraggi”, da innervatura delle distorsioni che lo attraversano. Un tessuto misto di verità e menzogne rende difficile discernere le une dalle altre. Se qualcosa sembra plausibile si sarà portati a fidarsi dell’intero racconto. Per farla breve, è un gioco di squadra manipolatorio, l’azione di una banda di malfattori con ruoli diversificati. Le verosimiglianze fanno da palo agli incroci mentre le nude verità catturano gli astanti sventolando le mutandine in una seducente coreografia nelle piazze del centro. Nel frattempo, protette dal passamontagna, le menzogne indisturbate si danno alle razzie, depredando e saccheggiando senza scrupoli il Sancta Sanctorum degli uomini. La loro anima.