Sul terribile omicidio di Giulia Tramontano si è già scritto e detto di tutto, in molti casi a sproposito. L’efferatezza del delitto ha dato ai tanti soggetti dediti all’odio verso il genere maschile e alla distruzione delle relazioni uomo-donna una grande occasione per sfogare le proprie pulsioni e per dare ulteriore diffusione alla propria ideologia tossica. Naturalmente a traino è poi arrivata la politichetta nazionale, subito pronta al periodico e ipocrita giro di vite dell’apparato repressivo in risposta a singoli fatti di cronaca e alle reazioni di pancia del popolo. Per commentare le sciocchezze proclamate finora a suon di “patriarcato”, “cultura del dominio” e similari servirebbe un articolo diviso in varie puntate, quindi soprassiederemo, anche perché finiremmo per ripetere concetti che esprimiamo da anni ormai. Tra le tante dichiarazioni discutibili, però, ce n’è una che si staglia maggiormente, sovrastando un po’ tutto. Mi riferisco all’osservazione fatta dalla PM che si occupa del caso, la Dr.ssa Letizia Mannella, che in conferenza stampa ha scandito con toni drammatici: «La vicenda deve insegnare a noi donne che non bisogna mai andare all’incontro di spiegazione. È un momento da non vivere mai perché estremamente pericoloso».
È forse l’asserzione più importante tra quelle diffuse dopo il delitto, sia perché a pronunciarla è un giudice, sia perché quello dell’allerta sul pericolo insito nell’ultimo appuntamento è un intramontabile classico tra gli slogan terroristici di chi, per ideologia, odia gli uomini e le normali relazioni tra uomo e donna. Che per Giulia Tramontano si trattasse dell’ultimo appuntamento è provato dal suo scambio di messaggi con l’uomo che poi la ucciderà: quel maledetto sabato aveva parlato lungamente con l’amante di lui, sapeva tutto, ed era determinata a sbattergli la verità in faccia per poi chiudere definitivamente la relazione. Sentiva di avere il diritto e il dovere di farlo, ne aveva bisogno, probabilmente anzitutto per se stessa e la propria dignità. È, questa, una delle pulsioni più frequenti che inducono a cercare l’ultimo appuntamento, specie se ci sono stati inganni o tradimenti. In altri casi lo si cerca per il desiderio di chiudere la relazione pacificamente, oppure per fare un’ultima lite a quattr’occhi come sanzione della rottura definitiva. In ogni caso, visto l’inferno che il suo compagno le aveva fatto passare, Giulia aveva a tutti gli effetti il diritto-dovere di sbattere in faccia a Impagnatiello la verità, prima di buttarlo a calci fuori dalla sua vita.
Eppure per la Dr.ssa Mannella no, Giulia avrebbe dovuto evitare, perché l’ultimo appuntamento è estremamente pericoloso e dunque non bisogna andarci mai. L’asserzione è netta, non lascia margini. Ed è il procedimento con cui arriva ad essere tale a essere fortemente discutibile. La Dr.ssa Mannella, infatti, prende spunto da un singolo evento per proclamare una legge generale con valore di dogma. Non diversamente accade quando dalla singola vicenda di violenza si arriva a sostenere che tutti gli uomini sono violenti e dediti a una persecuzione contro le donne in-quanto-donne, spinti da una sorta di suprematismo ideologico e di genere. Un meccanismo che, se applicato ad altre situazioni, provocherebbe raccapriccio (un immigrato commette un reato = tutti gli immigrati sono delinquenti; una donna si prostituisce = tutte le donne sono prostitute; eccetera), quando applicato al genere maschile passa per cosa normale, anzi miete applausi e consensi. Anche questo è l’esito della opera di erosione sempre più profonda della figura maschile e delle normali relazioni uomo-donna messa in atto da lungo tempo da quell’ampia metastasi di interessi e di furia ideologica imperniata sulla lobby dell’antiviolenza. Alla cui scuola non stupirebbe di scoprire che la Dr.ssa Mannella si è formata nel corso di questi ultimi anni. Così come non stupisce il vederla attiva in alcuni eventi legati al 25 novembre, la cosiddetta “giornata contro la violenza sulle donne”. Viene da chiedersi come la Dr.ssa Mannella si ponga, in quanto Pubblico Ministero investito per legge del compito di provare che sia stato commesso un reato e non di individuare un colpevole purchessia, di fronte alle sconcertanti cifre delle denunce a carico di uomini per reati “spia” archiviate o che esitano in assoluzione. Quelle insomma che per noi (e non solo per noi) sono denunce palesemente false o strumentali.
In ogni caso, che sia un giudice a sostenere un’idea del genere è più che preoccupante: è grave. Dall’alto della sua posizione, infatti, e grazie al megafono mediatico, l’effetto che ottiene è quello di imporre e rafforzare una narrazione che non è soltanto illogica, con ampi tratti di immoralità, ma soprattutto è falsa. L’omicidio di Giulia Tramontano è avvenuto sabato 3 giugno durante un “ultimo incontro”. In quello stesso giorno, quanti “ultimi incontri” ci sono stati in Italia? Quanti ne avvengono ogni giorno? Cento, mille, diecimila, centomila? Non lo si può sapere per certo, sicuramente moltissimi, quanti ne possono accadere in un paese dove 25 milioni di uomini adulti e altrettanti di donne adulte entrano ogni giorno in relazione. Nessuno di quelli si è concluso con un omicidio o con un reato. Saranno finiti in pianti, o insulti, o una stretta di mano e “amici come prima”, in ogni caso in un modo talmente normale da non meritare le prime pagine dei giornali o intere trasmissioni TV dedicate. Dev’essere chiaro a tutti, a partire dalla Dr.ssa Mannella, che quella è la normalità delle cose, quella è la realtà: centinaia (forse migliaia) di uomini e donne che fanno il loro sacrosanto ultimo incontro, spesso così impellente dal lato umano, senza che accada nulla di tragico. Ciò che accade di diverso da quella normalità è semplice anomalia, una tragica deviazione, da punire severamente, è ovvio, ma senza che ciò le tolga il carattere di assoluta e rarissima eccezionalità sul totale delle situazioni analoghe. Concetti come quelli espressi dalla PM, oltre ad essere gravati da un intollerabile carico di disumanità, hanno l’imperdonabile colpa di ribaltare la realtà, dando di essa una rappresentazione sovvertita e distorta che, aggiungendosi al fiume di odio che già scorre contro il sesso maschile e le normali relazioni uomo-donna, contribuisce a una narrazione tossica e dannosa. Ci sta che a dire certe corbellerie sia una persona qualunque durante un pour-parler in un bar o il medio utente social ben descritto a suo tempo da Umberto Eco. Che le dica una procuratrice in conferenza stampa no, proprio non ci sta.