Dopo la conquista del diritto di voto per le donne, arrivarono le Flapper Ladies. Flapper è la generazione di donne degli anni venti del XX secolo nel mondo anglosassone. Queste donne non teorizzavano sul femminismo, lo mettevano in atto; loro erano le femministe dell’epoca, donne emancipate in tutti i sensi. Fumavano in pubblico, bevevano alcolici come gli uomini, ballavano il charleston, guidavano automobili, facevano sfoggio di gioielli e di un trucco eccessivo, portavano i capelli tagliati a “caschetto”, indossavano abiti e gonne corte, ma soprattutto si caratterizzavano per la loro sessualità disinvolta e libera, con cui violavano le norme sociali e della morale sessuale del tempo. Queste giovani donne generalmente ostentavano il proprio disprezzo per il comportamento “da brava ragazza beneducata”. Resero più comune il petting (pratica erotica che non giunge al rapporto sessuale completo), talvolta si organizzavano petting parties dove il petting era l’attrazione principale. Alcuni scrittori, il più noto Francis Scott Fitzgerald, resero popolare il look e lo stile di vita da flapper attraverso le loro opere. Queste donne libere, attraenti, temerarie e indipendenti, erano anche donne benestanti, aristocratiche, elitiste. Come le femministe precedenti, avevano tutte il cuoco e il personale di servizio, ma al contrario delle prime, bigotte ultraconservatrici, le nuove leve desideravano uno spazio dove sviluppare il proprio talento artistico – con parole di Virginia Woolf, Una stanza tutta per sé –, un talento che non poteva essere sprecato all’interno dell’istituzione familiare e della casa, né naturalmente in fabbrica. Mentre le operaie tessili lavoravano dalla mattina alla sera, loro, le femministe di fatto, borghesi, libere ed emancipate, praticavano la “liberazione” della donna che consisteva nel puro edonismo.
Se dovessi fermare lo spirito di questo periodo in un’istantanea, adopererei una scena scritta su Margaret Mitchell (1900-1949). «Mitchell era una femminista ideale. Molto prima che il femminismo moderno fosse pensato, Mitchell aiutò a prendere consapevolezza attraverso il suo libro a due generazioni di donne del sud della classe media e medio-alta nel XX secolo. […] Mitchell era una forte femminista». (Novelist Margaret Mitchell’s Role as Reporter: A Case Study, Rabia Noor). Mitchell era una donna moderna dell’epoca, divorziata, benestante, aperta alle tematiche sessuali. Scrisse Via col vento (1936), un best-seller. La protagonista del romanzo, Rossella O’Hara, donna forte e paradigma di ribellione e di superamento in una società gestita da uomini, icona femminista dell’epoca (oggi, per la verità, parzialmente ripudiata), donna del sud, come Mitchell, e custode dei valori tradizionali e della “sana schiavitù”, era felice di avere degli schiavi. Avete presente la scena dove lei, donna forte ed emancipata, si fa aiutare per vestirsi dalle schiave nere? Ecco l’immagine che, a mio avviso, dovrebbe rimanerci impressa a tutti quando parliamo dello spirito del femminismo della prima ondata.
Le femministe e i fascisti.
Queste donne si muovevano nello stesso arco temporale che vide nascere le ideologie nazionaliste e autoritarie di estrema destra. Non furono passive osservatrici, molte di loro flirtarono con il fascismo, quando non parteciparono attivamente alla sua costruzione. Indipendenza, ribellione, sfarzo, lusso, emancipazione, edonismo, c’è un altro aspetto, raramente sottolineato, che caratterizza questa generazione: molte di queste donne si sentirono attratti da uomini facoltosi, di successo, uomini autoritari. Detto in maniera tecnica: si sentirono attratte dal maschio alpha. Il Movimento Futurista, fondato da Marinetti, è un buon punto di partenza. Marinetti partecipò attivamente all’assalto all’Avanti, che culminò nella sua distruzione, e all’adunata di piazza San Sepolcro a Milano con Mussolini: da quel momento il Partito Politico Futurista confluì nei Fasci di combattimento. La scrittrice Valentine de Saint-Point (1875-1953), amante di Marinetti, scrisse il Manifesto della Donna Futurista. Il Manifesto, molto femminista, finisce con queste parole: «Invece di ridurre l’uomo alla servitù degli esecrabili bisogni sentimentali, spingete i vostri figliuoli e i vostri uomini a superarsi. Siete voi che li fate. Voi avete su loro ogni potere. All’umanità voi dovete degli eroi. Dateglieli!» Un po’ come le suffragette britanniche che spingevano i loro uomini a superarsi distribuendo piume bianche durante la Grande guerra. Valentine de Saint-Point scrisse anche il Manifesto della Lussuria. Anche Mina Loy (1882-1966), sposata, fu amante di Marinetti, e dello scrittore Papini, che aderì al fascismo, e fu amica dello scrittore Ezra Pound, anche lui fascista. Nel 1914 scrisse Feminist Manifesto, dove lamenta la posizione subordinata delle donne. Leda Rafanelli (1880-1971), scrittrice e amica intima di Mussolini, ha una relazione anche con il pittore futurista Carrà, che aderisce apertamente al fascismo. Tra le opere di Leda Rafanelli, “Una donna e Mussolini: la corrispondenza amorosa” e “Un’anarchica femminista e rivoluzionaria eccezionale”. Fascismo e femminismo. Anche la scrittrice Margherita Sarfatti (1880-1961), socialista e femminista, è nota per la sua relazione intima con Benito Mussolini. Tra il 1902 e il 1905 collabora con il periodico Unione femminile, organo di stampa dell’omonima associazione, impegnata per l’emancipazione femminile. Coltivò le amicizie di Ezra Pound, Gabriele D’Annunzio, Victoria Ocampo e di altri simpatizzanti del fascismo, come Henry Ford, o l’aviatore Charles Lindbergh.
La scrittrice argentina Victoria Ocampo (1890-1979) fu la prima donna che riuscì ad entrare nell’Accademia Argentina delle Lettere. Nel 1936 fondò uno dei più antichi movimenti femministi dell’Argentina, la Unión Argentina de Mujeres (Unione delle donne). Ebbe una relazione intima con lo scrittore francese Drieu La Rochelle, fascista e collaborazionista del nazismo, fino alla morte dello scrittore nel 1945. Nel 1932 Drieu si recò ad Argentina, invitato da Ocampo. Anche Ocampo si recò in Europa (dopo il suo soggiorno a Parigi), in Italia, invitata dall’Istituto Fascista di Cultura a dare una serie di conferenze in diverse università italiane. Intervistò Mussolini e la stampa la definì «ambasciatrice intellettuale di un popolo nuovo». Erano donne femministe, adultere, sessualmente disinibite, artiste, fotografe, pittrici, scrittrici, editrici, facevano parte della vie bohème, erano le «donne della Rive Gauche», Valentine de Saint-Point, Victoria Ocampo, Romaine Brooks, Florine Stettheimer… Lasciato il marito, la pittrice Romaine Brooks (1874-1970) ebbe, tra le altre, relazioni amorose con l’ex amante di Oscar Wilde, Lord Alfred Douglas, con la ballerina Ida Rubinstein, con la scrittrice Natalie Clifford Barney (autrice di Pensées d’une Amazone) e con lo scrittore e poeta decadentista Gabriele D’Annunzio. «È stata Romaine Brooks femminista?», «Assolutamente sì», secondo la Ms. Magazine – Feminist news and information in print.
Le femministe a sostegno del dittatore Francisco Franco.
Gabriele D’Annunzio rappresenta meglio di chiunque altro il prototipo di uomo autoritario, eroe sregolato, che predicava Valentine de Saint-Point nel suo manifesto. Cantore della virilità, dell’azione e della guerra, è un uomo irresistibile per quelle donne aristocratiche ed elitiste che esprimono la propria libertà sessuale nell’adulterio – e, di conseguenza, esprimono il proprio disprezzo per l’uomo medio, anonimo, fedele e pacifista. Tra le braccia di D’Annunzio caddero donne intelligenti come l’attrice Eleonora Duse, la pittrice Tamara de Lempicka, la danzatrice Ida Rubinstein, la summenzionata Romaine Brooks… L’idillio con Romaine Brooks fu interrotto dall’amante ufficiale del Vate, Natalie de Gobuleff (1879-1941), che per gelosia lo minacciò con una pistola, in un tempo nel quale la gelosia non era solo patrimonio degli uomini patriarcali. Gabriela Mistral (1889-1957), poetessa e femminista cilena, prima donna latinoamericana a vincere il Premio Nobel per la letteratura nel 1945, nata Lucila de María, adotta lo pseudonimo di “Gabriela” in omaggio e per l’ammirazione che suscitava in lei Gabriele D’Annunzio.
In Spagna la scrittrice María de Maeztu (1881-1948) è la co-fondatrice e prima presidente del Lyceum Club Femenino. «Sono femminista, mi vergognerei di non esserlo». Durante la dittatura di Primo de Rivera è membro dell’Assemblea Nazionale, nella sezione dedicata all’educazione. María Rosa Urraca Pastor (1900-1984) fa parte del femminismo cattolico e della Spagna carlista (movimento conservatore di stampo cattolico-tradizionalista che sostenne il dittatore Franco). Difese la promulgazione di leggi protettrici del lavoro femminile e la divisione del lavoro tra uomini e donne. L’esponente femminista più nota del franchismo è Mercedes Formica (1913-2002). Amica intima di José Antonio Primo de Rivera. Nel 1936 questo la nomina delegata nazionale del SEU femminile. Tra le sue opere: Falsas y verdaderas formas del feminismo: conferencia… homenaje a Beatriz Galindo (1975).
Il femminismo che fiancheggia il nazismo.
Nel Regno Unito il 25% dei membri dell’Unione Britannica dei Fascisti (British Union of Fascists) nel 1930 erano donne. Il primo e originale partito fascista britannico (British Fascists) era stato fondato nel 1923 da una donna, Miss Rotha Lintorn-Orman (1888-1935). Molte attiviste femministe furono attratte da questi gruppi, si affiliarono, ne promossero l’ideologia ed espressero la loro ammirazione per Hitler. Tra le più note Mary Richardson (1889-1961) – nota per aver danneggiato l’opera di Velázquez, Venere e Cupido –, Mary Allen (1878-1964) o Norah Elam (1878-1961). La femminista Marie Stopes (1880-1958) spediva poemi d’amore a Hitler. Nulla di strano, Hitler ricevette più lettere di ammiratori di Mick Jagger, Madonna e dei Beatles insieme, molte di loro erano lettere d’amore di donne. La Reichsfrauenfühererin Gertrud Scholtz-Klink (1902-1999), leader del movimento tedesco delle donne naziste, fu invitata a marzo 1939 dalla Women’s League of Health and Beauty a tenere delle conferenze in Inghilterra.
Infine, la Germania. Prima dell’avvento del nazismo il movimento femminista tedesco era il più rilevante e organizzato in Europa, subito dopo quello britannico. Perché non ci fu alcuna resistenza femminista all’avvento del nazismo? Molte femministe non percepivano Hitler come un pericolo, al contrario. Le femministe moderate (borghesi) scrissero a Hitler per ringraziarlo di aver combattuto e divelto le femministe radicali (comuniste). Alcune erano antiliberali, altre nazionaliste, altre tradizionaliste, oppure semplicemente razziste e antisemite. Nei primi anni ci furono associazioni femminili che votarono l’espulsione delle donne ebree dalle loro associazioni. Tutte le organizzazioni di donne, comprese le associazioni femministe, si integrarono nella Lega femminile nazionalsocialista (NS-Frauenschaft), guidata da Gertrud Scholtz-Klink. Può sembrare incredibile, ma il movimento femminista si dileguò senza proferire parola, le attiviste decisero perlopiù di sistemarsi a proprio agio in una zona di comfort. Entro il 1938, tutte le 320.000 donne che si erano affiliate alla NSF erano anche membri attivi del Partito nazista. Dopo la Seconda guerra mondiale e milioni di morti, perlopiù del primo sesso, arrivò Simone de Beauvoir e la “tragedia” del secondo sesso. Il femminismo “buono” era finito. Dopo questo percorso è ora di tirare le somme e fare qualche riflessione, nel prossimo intervento.