È ufficiale, non erano fake news: dal 28 marzo il GIDS (Gender Identity Development Service) della clinica inglese Tavistock ha chiuso, a seguito della denuncia della paziente transgender (pentita) Keira Bell, delle dichiarazioni di alcuni whistleblowers, e della review della letteratura scientifica sui trattamenti affermativi di genere operata dal team guidato dalla Dr.ssa Cass (il cui rapporto completo è previsto in uscita questo mese), che ha confermato i rischi dell’approccio affermativo e indicato la necessità di adottare approcci terapeutici più cauti. È vero che stanno aprendo contestualmente altri due centri (peraltro, a quanto pare, non sufficientemente equipaggiati e pronti a far fronte alle necessità del settore), ma non è vero, come volevano gli attivisti arcobaleno, che ciò stia a indicare che non c’è alcun “cambio di rotta” da parte del governo britannico in merito alle transizioni di genere. Anzi, il cambio di rotta c’è già stato. Il 12 marzo scorso (incidentalmente data scelta nel 2021 come Detrans Awareness Day, “giorno della consapevolezza sui detransitioners”, coloro che si pentono di aver intrapreso un percorso di affermazione di genere) il National Health Service britannico ha diffuso le sue linee-guida aggiornate, con un’importante novità: il divieto di fornire ormoni bloccanti della pubertà a minori di 16 anni.
È però una buona notizia solo in parte, per due principali motivi. 1) Rimane immutata la possibilità di fornire ormoni cross-sex, ossia quelli responsabili della vera e propria modificazione del corpo nella direzione dei tratti sessuali secondari del sesso opposto, dai 16 anni in su: limite di età che rimane ancora decisamente troppo basso, nel parere di molti, per fornire un vero consenso informato su un trattamento tanto rischioso e dalle conseguenze permanenti. Ma per via del divieto di somministrare ormoni bloccanti prima dei 16 anni, ovviamente è dovuto scomparire il requisito di essere da almeno un anno in terapia con questi farmaci, requisito che dava almeno un cuscinetto di sicurezza, per quanto insufficiente, alla successiva prescrizione di ormoni cross-sex. 2) Le linee-guida saranno vincolanti solo per le cliniche pubbliche: le cliniche private potranno continuare a somministrare anche gli ormoni bloccanti e probabilmente, anzi, a seguito di questa decisione saranno subissate di richieste a pagamento. La situazione quindi per certi versi è peggiorata: conseguenza nefasta, a nostro modesto avviso, del voler evitare politiche “forti” in merito a queste tematiche.
Lo scandalo WPATH.
Contestualmente anche in Italia qualcosa si muove: analogamente a quanto accaduto al GIDS, un’interrogazione parlamentare e un’ispezione tecnica hanno coinvolto la clinica Careggi di Firenze per sospetti di procedure irregolari. Il risultato dell’indagine, arrivato il 4 aprile, ha confermato i sospetti: nella sintesi di Maurizio Gasparri, autore dell’interrogazione parlamentare, «La Regione ha sbagliato, Careggi ha violato le regole, questo è un dato certo. La visita ispettiva disposta dal Ministero mi ha dato ragione, perché ha riscontrato errori procedurali e inadempienze da parte dell’ospedale di Careggi. Questi bambini a cui si somministra un farmaco che blocca la pubertà secondo i protocolli vigenti devono avere una particolare assistenza neuropsichiatrica infantile specializzata che evidentemente non è stata attuata nelle forme dovute». Il governo ha avviato un tavolo tecnico, che dovrà decidere delle linee-guida precise in merito per il nostro paese: vi segnaliamo in questo contesto la memoria scritta per l’audizione del 4 aprile da Marco Del Giudice, psicologo evoluzionista che avevamo di recente intervistato. Nelle risposte a alcune interrogazioni in merito alle nuove linee-guida del NHS inglese è stato evidenziato come esse si siano sviluppate a prescindere da quelle indicate dal WPATH, l’associazione mondiale (ma con solida base negli USA) dei professionisti del settore della medicina transgender: contestualmente sono state eliminate tutte le citazioni ai documenti emessi dal WPATH, come gli Standards of Care (SoC, arrivati alla versione 8, in cui hanno eliminato ogni limite di età minima raccomandato) che sono da molte istituzioni ritenuti della massima autorevolezza e citati quali stato dell’arte della migliore evidenza scientifica.
Ad esempio così ha affermato l’ammiraglio Rachel Levine, sottosegretario alla salute USA nonché uomo (sposato con figli) che dall’età di 53 anni ha cominciato a presentarsi come donna: l’approccio del WPATH è «scevro da qualsivoglia agenda, e unicamente volto ad assicurare che le decisioni mediche si basino sulla ricerca scientifica». I SoC del WPATH sono presi a riferimento da molte istituzioni mediche in tutto il mondo, come anche dall’Istituto Superiore della Salute italiano e dalla clinica per la medicina transgender del Careggi, menzionata prima. Gli attivisti e professionisti sostenitori dell’affermazione di genere vi diranno che le obiezioni dei critici derivano da transfobia, odio ideologico, o fake news, identificando l’autorevolezza scientifica appunto nel WPATH e in quegli altri organi che vi fanno riferimento. Sarebbe essenziale quindi che i documenti del WPATH rappresentassero realmente l’evidenza scientifica migliore disponibile e il consenso della comunità scientifica più ampia, per non tradire la “catena della fiducia” necessaria in ambito medico.
Un reportage su WPATH files.
Purtroppo, sappiamo che non è esattamente così: e non lo sappiamo soltanto perché il consenso della comunità scientifica sulle posizioni del WPATH è tutt’altro che generale, ma anche perché lo ammettono – ma non pubblicamente, nei pronunciamenti ufficiali – molti degli stessi membri affiliati del WPATH. Come risulta da una serie di documenti interni (stralci di convegni, panels, forums) ottenuti qualche mese fa da Michael Shellenberger di Environmental Progress, elaborati insieme a Mia Hughes e diffusi lo scorso 4 marzo. Si tratta di un report di quasi 250 pagine, costituito da una presentazione iniziale, che sintetizza i vari problemi che emergono da queste interlocuzioni interne tra i professionisti del WPATH, seguita dai veri e propri documenti divulgati. Nei prossimi giorni faremo uscire su queste pagine un reportage in due parti che riporterà sinteticamente alcune delle conversazioni e relative problematiche emerse in questo documento che attesta quello che è stato definito «uno dei più grandi crimini nella storia della medicina moderna».