Sono ancora furibondo, inviperito e imbestialito. La gravità delle due normative introdotte in altrettanti paesi latinoamericani, accennate nel mio intervento precedente, mi hanno mandato fuori dai gangheri, eventualità di solito abbastanza rara. Per quanto riguarda la ley Alina, introdotta nello Stato della Baja California in Messico, si tratta senza alcun eufemismo di una licenza alle donne di uccidere impunemente uomini. L’enunciato delle norma è chiaro e esplicito. Per chi ancora non riesce a cogliere la gravità di quanto enunciato, ne fornisco un semplice esempio. Di recente in Italia è stato assolto un presunto aggressore. La donna, impaurita, si era «salvata col gesto antiviolenza». Secondo la sentenza «la ragazza si era “intrattenuta con l’imputato per un paio d’ore” senza inizialmente “richiedere aiuto” e gli aveva “fornito il proprio recapito telefonico”. Un gesto “incompatibile con il timore derivante dalle asserite minacce ricevute”». Tralasciando la questione sul come siamo arrivati al punto di costruire una società dove le salutari e normali interazioni tra ragazzi/ragazze possano derivare per i primi in una denuncia e un calvario giudiziario e per le seconde in un vissuto di terrore tanto da denunciare immotivatamente, se in Italia le nefaste conseguenze di un attimo di terrore ingiustificato di una donna si possono tradurre in un gesto antiviolenza e un calvario giudiziario per l’uomo, nello Stato della Baja California la donna non è più costretta a «richiedere aiuto» per allontanare il suo “presunto potenziale” aggressore, basta ucciderlo.
In pratica, trasferito il caso allo Stato della Baja California, ci si intrattiene con un “presunto potenziale” aggressore per un paio d’ore, dopo magari gli si “fornisce il proprio recapito telefonico”, e poi, preda di un irrefrenabile quanto improvviso “terrore”, lo si uccide, con una pistola oppure con un coltello, modalità a libera scelta della donna impaurita. Magari agli occhi di lei lui era diventato all’improvviso sgarbato, o cafone, o antipatico o l’aveva sgridata, o non l’aveva pagato la bibita, o effettivamente l’aveva minacciata, ma tutto ciò non importa. Importante è che lei dichiari di essersi sentita minacciata e di aver avuto paura, anche quando non fosse stata nemmeno sfiorata. Il nome della legge, Alina, non è stato scelto a caso. La legge prende spunto dal caso di Alina Narciso Tehuaxtle, che uccidete tramite diversi colpi di fuoco il suo compagno sentimentale Luis Rodrigo Juaréz. Sulla base della normativa precedente, Alina fu condannata alla pena di 45 anni di prigione e 420 mila pesos come risarcimento del danno alla famiglia della vittima. Dopo tre anni in prigione e a seguito dell’introduzione della nuova normativa, Alina è stata finalmente assolta con formula piena. In base alla nuova normativa, le donne non sono più punibili in caso di eccesso di legittima difesa, anzi non sono più punibili, basta che si appellino alla legittima difesa, sempre. Ecco dunque i due esiti diversi, esemplificati nel caso Alina, tra la precedente normativa (simile all’attuale normativa italiana) e quella modificata secondo il volere femminista. Ora, per favore, andate a dire a Luis Rodrigo Juaréz e ai suoi parenti che il femminismo fa bene a tutti.

Umiliazioni calcolate.
Nella Città Autonoma di Buenos Aires (CABA), in Argentina, la Legge 6.771, entrata in vigore alla fine di marzo di quest’anno, non prevede unicamente le limitazioni nell’accesso alle attività ricreative, stadi di calcio ed eventi culturali (con più di 5.000 partecipanti) per coloro che non adempiono all’obbligo di pagare gli alimenti. La legge prevede la creazione di un Registro de Deudores Alimentarios Morosos (Registro dei Debitori di Alimenti), mediante il quale i debitori (da iscrivere nel Registro dopo due mancati pagamenti mensili, consecutivi o alternati) verranno bloccati all’ingresso delle suddette attività. Inoltre, grazie a questo Registro, viene limitato il rilascio della patente di guida, l’assegnazione di cariche pubbliche, lavori statali, magistratura, l’iscrizione a concorsi pubblici o a candidature politiche. In più, viene stabilito il divieto a ottenere sovvenzioni, contributi, finanziamenti, condoni, la cessione di diritti oppure l’assegnazione di case popolari o qualsiasi altro tipo di aiuto economico da parte di un ente pubblico. Al Tribunale deve essere notificata qualsiasi novità lavorativa, creditizia o contrattuale del debitore. I fornitori delle attività pubbliche e le istituzioni e imprese private sono tenute a controllare e a comunicare la posizione dei loro dipendenti. Parimenti gli ordini professionali. I notai, prima di realizzare qualsiasi attività di compra/vendita, cessione, donazione, ecc., sono tenuti a controllare la posizione nel Registro delle parti, l’operazione potrà essere realizzata unicamente nel caso non ci siano debitori. Qualsiasi operazione e cambio di titolarità di attività commerciali o industriali, siano queste persone fisiche o giuridiche (membri del consiglio di amministrazione), verrà sospesa finché la situazione non verrà regolarizzata.
Come si può notare, non si tratta unicamente di delimitare le attività ricreative dei soggetti interessati. Non solo si restringe la loro vita sociale, molte delle misure colpiscono la possibilità di trovare lavoro o gli strumenti (come la patente di guida) che in teoria potrebbero aiutare ad alcuni di loro a venir fuori dalle difficoltà economica nella quale si ritrovano. La verità è che queste misure mirano a umiliare i soggetti inadempienti, a perseguitarli pubblicamente e criminalizzarli, rendendo la loro vita ancora più difficile di quanto non sia già. Invece di sostenere queste persone, alcuni di loro veramente sprofondati in gravi difficoltà economiche dopo una separazione, queste misure pregiudicano la loro salute mentale, li spingono all’isolamento sociale e, nei casi più estremi, al suicidio. È già stato accennato nell’intervento precedente come nessun altro reato, nemmeno i più gravi (pedofilia, terrorismo…), né l’inadempienza di alcun accordo commerciale, ricevono lo stesso trattamento né la stessa esposizione pubblica. Non esistono registri pubblici di delinquenti – esistono invece registri di debitori nei confronti delle entità bancarie, ma questi registri non sono pubblici né accessibili al di fuori del circuito bancario. I condannati per un qualsivoglia reato molto spesso sono condannati a risarcire la vittima o i parenti della vittima, debiti che purtroppo frequentemente non vengono saldati. Nessuno di questi debitori è sottoposto alle stesse misure dei padri inadempienti. Nessuna inadempienza commerciale, malgrado la gravità, dalla mancata fornitura di medicinali che mettono a rischio migliaia di vite alla riparazione di una caldaia in inverno, all’estinzione di un debito che può rovinare intere famiglie o portare a chiusure aziendali, è trattata parimenti. Se un’azienda si dichiara insolvente, oppure sospende il pagamento degli stipendi dei dipendenti per cinque mensilità, è soggetta alla legislazione del lavoro, non a tutte queste norme draconiane alle quali vengono sottoposti i padri inadempienti.
Il welfare privato delle separazioni.
Sotto false vesti di voler difendere il superiore interesse del minore, viene giustificato qualsiasi sopruso sui padri. In pratica, la ragione per la quale tutte queste misure colpirebbero, tra tutto l’universo dei debitori, unicamente i padri debitori, verrebbe giustificata dalla tutela dei figli. L’ipocrisia su questo punto è insopportabile. I dipendenti e gli impiegati che non vengono pagati da un’azienda, sono non di rado padri e madri, che mantengono i loro figli minori. A rimetterci quindi sono anche i minori, ma a quanto pare in questi casi non è così grave. Quando gli enti pubblici, cioè lo Stato, paga in ritardo, cosa che avviene spesso, e rovina così intere famiglie, allora lo Stato non si interessa del benessere dei minori coinvolti. Proprio l’Argentina è andata in default ben tre volte dal 2000 ad oggi, coinvolgendo non solo investitori istituzionali, ma anche piccoli risparmiatori, come sanno bene molte famiglie italiane rimaste invischiate con i bond argentini. Lo Stato argentino ha mandato al lastrico intere famiglie, pregiudicando il benessere di moltissimi minori. Se dovessimo applicare ai burocrati argentini, molti di loro probabilmente già attivi quando l’Argentina ha dichiarato default, la Legge 6.771 che loro stessi hanno redatto contro i padri inadempienti, molti di questi burocrati non dovrebbero nemmeno lavorare né guidare. Hanno la faccia tosta di voler sottoporre ai padri inadempienti misure che loro stessi si dovrebbero applicare.
La Legge 6.771, tra l’altro, non specifica da nessuna parte che i debitori devano essere unicamente quelli nei confronti dei figli, tanto è vero che il Registro si chiama Registro de Deudores Alimentarios Morosos (Registro dei Debitori di Alimenti) senza alcuna specifica. Come tutti sappiamo, l’obbligo di alimenti riguarda spesso anche l’obbligo verso l’ex. Il testo della norma parla solo di “obbligo di alimenti”, nessuna menzione o esclusione agli adulti è fatta. A questo punto dovremmo riflettere genericamente su quanto sia moralmente decente e accettabile che lo Stato imponga a un adulto il mantenimento di un altro adulto, riflessione che rimandiamo necessariamente al prossimo intervento. La gravità della Legge 6.771 può essere pienamente capita solo se viene inquadrata in un contesto che è molto più ampio della stessa legge, una Malapianta che è stata celebrata come il diritto al divorzio e ha messo radici profonde e seminato l’ingiustizia sotto le vesti della giustizia, la parità, il diritto delle donne e il superiore interesse del minore. Oggigiorno l’industria del divorzio è la maggior fabbrica di violazioni di diritti umani al mondo e la Legge 6.771 è soltanto l’ennesimo puntello. Ho deciso quindi di smascherare nei prossimi interventi questa grande impalcatura ideologica denominata Divorzio, che è soltanto sopruso e violazione di diritti umani. E lo farò di brutto, perché sono ancora furibondo, inviperito e imbestialito.