Miti, leggende, fiabe e storie popolari fanno parte del patrimonio culturale di tutti i popoli, svolgono un ruolo fondamentale nella costituzione delle nostre credenze e norme di vita, nella comprensione del mondo. Forniscono un’immagine riflessa della società storica, ci raccontano la Storia in maniera semplice, così come noi la raccontiamo ai bambini per descrivere la realtà. Dunque, in questo articolo vorrei servirmi della narrazione di una nota leggenda cinese per spiegare in maniera facile e accessibile la storia del famigerato Patriarcato. Il racconto di Lady Meng Jiang è considerato come uno dei quattro grandi racconti popolari della Cina, ha avuto molte versioni e si è sviluppato in tanti generi nel corso degli ultimi 2000 anni. La sua importanza nella cosmovisione della cultura orientale è inestimabile. Qui adopererò la versione più nota. È una storia di amore tragica, tra Wan e Meng Jiang, e come succede per le fiabe (Cenerentola, Biancaneve,…) e per la trasmissione della memoria storica delle coppie (Manon Lescaut e…?, Isabella la Cattolica e…?, Francesca da Rimini e…?), rispetta la regola non scritta del primato femminile, anche nel titolo.
Durante la dinastia Qin, vivevano due famiglie senza figli, una di nome Meng, l’altra Jiang. Entrambe abitavano accanto l’una all’altra, ma il governo ordinò di costruire un muro che attraversava e separava le loro proprietà. Per mantenere il contatto e l’amicizia decisero di piantare nei loro cortili, a entrambi i lati del muro, un seme di zucca. Le piante crebbero e arrivarono a intrecciarsi. Le due famiglie si presero cura insieme della pianta, in autunno dette loro un bellissimo frutto. All’apertura della zucca, scoprirono al suo interno una graziosa bambina che crebbero insieme come loro figlia e che chiamarono Meng Jiangnü (figlia di Meng e Jiang). La ragazza crebbe bella e gentile (non poteva essere altrimenti, aggiungo io). Un giorno, mentre si trovava in giardino, vide una persona nascosta tra i cespugli. Si trattava di un giovane di nome Wan, che temeva di essere preso dalle guardie dell’imperatore Qin Shihuang per lavorare alla costruzione della Grande Muraglia.
Varie versioni, un unico filo comune.
Infatti in quel periodo, l’imperatore aveva annunciato la costruzione della Grande Muraglia e molti uomini erano obbligati a prestare il loro lavoro. Meng Jiang e Wan si innamorarono e con il consenso delle due famiglie si sposarono. Ma poco tempo dopo Wan fu scoperto e catturato dalle guardie e costretto ad andare a lavorare alla costruzione della muraglia nel nord della Cina. Passò molto tempo senza che Meng Jiang avesse notizie del suo sposo. Decise quindi di andarlo a trovare per portargli indumenti caldi per l’inverno. Intraprese un lungo e difficile viaggio, e finalmente raggiunse i piedi della Grande Muraglia. Quando arrivò scoprì che suo marito era morto a causa del duro lavoro e come molti altri era stato seppellito sotto le mura. Iniziò a piangere dal dolore, e le sue lacrime inconsolabili fecero crollare la Grande Muraglia, lasciando scoperto il corpo di suo marito Wan. Per ricordare Meng Jiang durante la dinastia Song (960-1279) fu costruito un tempio in suo nome, ai piedi della Grande Muraglia nella città di Qinhuangdao City, Hebei, tuttora visitabile.
In altre versioni Wan non muore lavorando ma immolato. Un saggio avrebbe consigliato l’imperatore di immolare un uomo ogni li di muraglia costruita, perché non crollasse. Come l’imperatore Qin Shihuang aveva previsto, la costruzione di una muraglia di diecimila li, sarebbero stati necessari diecimila uomini. Una volta nota la disposizione in tutti i paesi vicini, tutti gli uomini e le loro famiglie morivano dalla paura. Un altro saggio allora consigliò l’imperatore di immolare un solo uomo di nome Wan, perché Wan significava diecimila. In un altra versione, dopo il pianto e il crollo della muraglia, l’imperatore rimane colpito dalla bellezza di Meng Jiang e la chiede in sposa. Meng Jiang invece si suicida per raggiungere il suo amato Wan.
Oggi tanti Wan costruiscono e muoiono, ricevendo insulti invece che lacrime.
Al di là delle versioni, il nucleo centrale rimane la corvé alla quale erano sottoposti gli uomini cinesi. Questa storia fu creata per raccontare del duro lavoro cui erano sottoposti durante il regno dell’imperatore Qin Shihuang, l’immane sofferenza in condizioni di schiavitù dalla quale molti non tornavano, seppelliti in fosse comuni. La leggenda racconta la storia della costruzione del mondo, a colpo di frusta su schiene prevalentemente maschili. Racconta della sofferenza maschile, fisica, e della sofferenza femminile, psichica, espressa attraverso le lacrime. Le stesse lacrime che in Occidente versava Maria ai piedi della croce del figlio maschio, torturato, crocifisso e morto. Le stesse lacrime che, vere o finte non importa, domano la forza virile e riescono a cambiare il destino del mondo, o come racconta la leggenda, riescono ad abbattere la Grande Muraglia.
Wan non versa lacrime. Wan costruisce. Costruisce un mondo per Meng Jiang, per la sua donna. Anche il tempio dove lei sarà ricordata per le sue lacrime, per una sofferenza della quale lui è la causa involontaria, è stato costruito da tanti altri Wan. Oggi in Cina si ricordano le lacrime di Meng Jiang, in un tempio costruito a sua memoria. Chi si ricorda di Wan? Dov’è il tempio costruito, dalle tante Meng Jiang, a memoria di Wan? Wan non versa lacrime. Wan costruisce e basta, molto spesso fino a morire. La Storia del Patriarcato è stata spesso una “valle di lacrime” femminili versate sul sacrificio maschile. E oggi? In realtà il mondo non è molto cambiato. Wan continua a costruire, non di rado fino a morire, ma al posto delle lacrime riceve perlopiù insulti.