Ardea, 19 novembre 2020. Un ragazzo di 16 anni accoltella il padre e viene immediatamente arrestato dai Carabinieri. Dice di averlo fatto per difendere la madre. I genitori litigavano spesso, il ragazzo si è messo in mezzo ed è comparso un coltello. Ennesima brutta storia: famiglie difficili da tenere unite, rapporti difficili da gestire, esiti difficili da comprendere, da accettare. A poche ora dalla notizia non voglio e non posso entrare nel merito della vicenda, non mi interessa esprimere giudizi forcaioli o assolutori nei confronti di persone, fatti e risvolti familiari che nemmeno gli inquirenti, per ora, hanno chiari. Mi interessa però fare il parallelismo tra due casi molto simili tra loro ma estremamente diversi per le misure adottate nei confronti dei protagonisti: due famiglie burrascose con liti frequenti, due figli che accoltellano i padri, due dichiarazioni di averlo fatto per difendere la madre.
Un ragazzo viene immediatamente arrestato (non iscritto nel registro degli indagati o messo ai domiciliari, proprio tradotto in un centro di accoglienza minorile a Roma), una ragazza invece non ha mai visto le manette, viene immediatamente assolta dal circo mediatico prima ancora che il sistema giudiziario si metta in moto. Monterotondo, 19 maggio 2019: Debora Sciacquatori stende a pugni il padre, poi lo uccide con una coltellata alla nuca. Anche lei dichiara di averlo fatto per difendere la madre, e mezz’ora dopo i fatti tutti si schierano dalla sua parte senza che l’inchiesta sia nemmeno partita. Non deve essere giudicata colpevole, si è solo difesa, anzi non ha protetto sé stessa ma è legittima difesa nei confronti di terze persone perché quelle minacciate – a dire dell’assassina – erano la madre e la nonna. Ha accoltellato il padre alle spalle, quindi non stava aggredendo lei. Lui era violento quindi se l’è cercata, questi sono i commenti che circolavano in rete.
Non si deve affievolire la colpa dei criminali. A meno che non siano donne.
Lei è carina, va in palestra, studia con profitto e ogni tanto lavora pure nel bar del paese, quindi ha fatto bene, deve essere assolta, come se il bell’aspetto e il buon rendimento scolastico legittimassero l’omicidio. L’attenzione mediatica e giudiziaria si concentra sul morto, non su chi l’ha ammazzato. Si scava nel passato di Lorenzo Sciacquatori per cercare qualcosa di torbido, qualcosa che possa alleggerire la posizione di Debora e legittimare la morte del padre. Risse da bar? Tafferugli allo stadio? Pestaggi? Duelli rusticani a coltellate? No, non c’è nulla, risulta solamente nel 2014 una denuncia per maltrattamenti poi ritirata, quindi più niente per 5 anni. Non pestava moglie e suocera ogni giorno? Allora beveva, qualcosa bisogna pur dire, poi era un ex pugile, altra macchia indelebile. Il fatto che un pugile 41enne sia stato steso a cazzotti e poi accoltellato dalla figlia 19enne la dice lunga sull’aggressività di Lorenzo Sciacquatori.
La vicenda, per chi la ricorda, ha scatenato uno spiegamento di forze mai visto per assolvere Debora prima ancora del processo. In molti si riempiono la bocca sostenendo che i processi vanno fatti in tribunale e non sui media, giustissimo, ma quando bisogna santificare un’assassina va benissimo anche il pre-processo mediatico. Tra i precipitosi difensori di Debora perfino il parlamentare europeo David Sassoli e il procuratore di Tivoli, competente per territorio. Sassoli, giornalista in RAI prima di entrare in politica, si lancia in un’accorata difesa dell’assassina che nemmeno Emilio Fede ha mai saputo fare per l’amato Silvio. Lorenzo Sciacquatori era alcolizzato, ma che fosse ubriaco fradicio non cancella l’omicidio, anzi, rende la vittima molto meno pericolosa di come la si vuole descrivere. Sollevazioni popolari quando di una donna stuprata si dice “eh, ma come era vestita?”, “eh, ma cosa faceva di notte da sola?”, “eh, ma perché è salita in macchina con due sconosciuti?”. Giustissimo, non si deve questionare sul comportamento di una vittima con l’effetto di affievolire in qualche modo la colpa dei criminali. Solo però quando la vittima è una donna. Quando invece è un uomo si può, anzi, si deve.
Questa è la certezza del Diritto nel nostro Paese.
E Sassoli è questo che fa. Ha metaforicamente indossato la toga e in tre minuti ha fatto primo grado, appello e cassazione: Deborah è la vittima. Sassoli dixit, punto. Curiosa anche la posizione partigiana della Procura di Tivoli, lo stesso giorno dell’omicidio anticipa in un comunicato la strada che prenderà il processo. Alcuni stralci: “la ragazza è fortemente provata dall’evento”, “il Pm di turno ha disposto che la ragazza rimanesse a disposizione della Procura presso l’abitazione di familiari”, “la Procura valuterà l’esatta qualificazione dei fatti e l’eventuale esistenza della legittima difesa, alla luce del descritto svolgimento degli accadimenti, della condotta aggressiva dell’uomo e del conseguente tentativo di protezione della giovane sia di sé stessa, che della mamma e della nonna”. Attenzione, le parole hanno un senso: DESCRITTO svolgimento degli accadimenti vuol dire che l’unica fonte è la descrizione di Debora, senza riscontri, verifiche o altro. Ancora non è stata fatta l’autopsia, ancora non sono stati ascoltati testimoni, ancora devono essere fatti tutti gli accertamenti del caso, ancora la fase istruttoria non ha chiarito nulla eppure l’atteggiamento protettivo nei confronti di Debora emerge prepotentemente. L’uomo aveva un atteggiamento aggressivo, è una certezza; la ragazza non viene arrestata e resta a casa con la madre, così può concordare con parenti ed avvocati la versione più favorevole alla strategia difensiva. La legittima difesa è la direzione nella quale la Procura si orienta – nero su bianco – prima ancora di avere tutti gli elementi valutativi che un caso di omicidio richiederebbe. Poi la Procura chiude il comunicato così: “Allo stato delle indagini si ritiene opportuno sottolineare che ancora una volta il delitto che si è consumato deriva anche dalla difficoltà delle donne vittime di violenza di cercare il sostegno delle istituzioni”. Eh già, il richiamo alle donne vittime di violenza ci voleva. A terra c’è il cadavere di un uomo, ma le vittime sono le donne.
I fatti, non le opinioni, dicono che il ragazzo di Ardea non può godere dello stesso favor riservato a Debora di Monterotondo. Non è una donna, quindi lui può essere arrestato ed allontanato dalla famiglia, per lui la Procura ed i parlamentari non emettono velocissimi verdetti di assoluzione. Eppure il suo gesto, per quanto sconsiderato possa essere, ha avuto esiti enormemente inferiori rispetto ai fatti di Monterotondo. Una ragazza uccide e va a casa; un ragazzo ferisce e viene arrestato. Asimmetria ancora maggiore: lei è maggiorenne, lui è minorenne. Fortunatamente il padre accoltellato ad Ardea non è in pericolo di vita, ma il comunicato stampa dei Carabinieri dice che il ragazzo ha reagito dopo essere stato spinto contro una porta a vetri che ha rotto con la schiena. Quindi la violenza del padre era espressamente diretta contro di lui, o perlomeno anche contro di lui, mentre Debora ha ucciso il padre accoltellandolo alla nuca quindi mentre era di spalle e stava eventualmente inveendo contro moglie e suocera. Non era in pericolo Debora, ma è stata assolta a furor di popolo col pre-verdetto di legittima difesa, che il tribunale ha scontatamente confermato. C’est la vie, monsieur De Lapalice. Questa è la certezza del Diritto nel nostro Paese: se non sei una donna hai la certezza di avere meno diritti. Non si sa cosa abbia da dire in proposito il buon David Sassoli. Forse si è distratto, stavolta non ha esternato la sua empatia nei confronti dell’accoltellatore.