di Roberta Aledda. “Dite ai giovani che il mondo esisteva già prima di loro, e ricordate ai vecchi che il mondo esisterà anche dopo di loro”, è una celebre frase di Papa Paolo VI che racchiude in sé tutta la potenza di un concetto disarmante: il mondo è esistito, esiste ed esisterà a prescindere dalla nostra azione su esso. Siamo piccoli, insignificanti, inutili se paragonati alla vastità e alla grandezza del tutto, non siamo fiocchi di neve unici e speciali. La snowflake generation (“generazione fiocco di neve”) si riferisce a quelle persone, nate intorno agli anni ’90, eccessivamente fragili ed emotive, incapaci di accettare qualsiasi opinione contraria alla propria. Sono uomini e donne che ritengono di possedere una sensibilità fine e differente dagli altri, le cui peculiarità debbono essere protette a priori, in virtù di particolari difficoltà e caratteristiche speciali. Insomma una generazione di individui delicati che si considerano singolari, unici appunto come «fiocchi di neve», per i quali un’opinione contrastante rappresenta una grave minaccia.
Agli inizi del secolo scorso il termine aveva una connotazione positiva e veniva utilizzato per identificare quei bambini con potenzialità rare ed uniche, col tempo il suo significato si allarga includendo aspetti negativi fino a configurare una generazione di piagnucoloni prodotta da genitori iperprotettivi che non contemplano il “senza” ma optano per il “tutto”. Senza rendercene conto siamo circondati da persone che ritengono di avere caratteristiche di unicità che gli altri non possono capire: la vicina di casa che soffre per amore in una maniera mai provata da altri, l’amica ipersensibile che si offende per un nonnulla, il cugino che ha problemi sul lavoro che nessun altro lavoratore ha mai dovuto affrontare. Potremmo definirla come una vera è propria sindrome: chi ne è afflitto è convinto di essere più speciale degli altri e lo rimarca a grandi linee con il proprio atteggiamento.
“Se uno è stronzo, non je posso di’ stupidino”.
Chi soffre di Special Snowflake Syndrome è assolutamente convinto di vivere le situazioni più complicate, di avere maggiore sensibilità e provare maggior malessere, di essere incompreso e che tutto l’universo cospiri costantemente contro di lui. Tali persone pongono in primo piano l’aspetto emotivo personale e pretendono che sia tutelato in partenza; solo in un secondo momento si possono valutare le questioni sociali, economiche e politiche. Il fenomeno sta prendendo una piega talmente preoccupante che negli Stati Uniti la salvaguardia di queste anime speciali è diventata la massima priorità tanto che i rappresentanti degli studenti richiedono «spazi sicuri», aree politicamente corrette in cui nessuno può trovarsi in situazioni imbarazzanti di disaccordo o utilizzare toni provocatori e sfidanti le idee altrui. Il sistema disincentiva il confronto e lo scontro costruttivo, numerose università americane preferiscono impedire a coloro che hanno punti di vista controversi di contribuire a un dibattito pubblico piuttosto che turbare gli animi sensibili degli studenti.
Spostandoci in Europa, i prestigiosi atenei di Oxford e Cambridge hanno introdotto i «trigger warnings», avvertimenti circa libri e lezioni che potrebbero violare sensibilità etniche, razziali e sessuali. Senza andare troppo lontano nel tempo, si vedano le polemiche nel Regno Unito in merito alla messa in onda del musical Grease durante le appena passate feste natalizie. Le pagine social della BBC sono state prese di mira da chi ha giudicato il musical “troppo bianco” ed istigante la violenza sessuale (il famosissimo coro in cui gli amici del protagonista chiedono dettagli sulla conquista della ragazza: “dimmi di più, dimmi di più, si è ribellata?”). Sentite anche voi puzza di DDL Zan? A conti fatti, esiste una lista apparentemente infinita di argomenti ritenuti inappropriati, offensivi e lesivi della sensibilità e dei diritti altrui, una lista in continua evoluzione, che si trasforma e si contraddice senza preavviso. Tutto è potenzialmente un’offesa e per non incorrere in pubbliche crocefissioni mediatiche (e non) arriviamo persino ad utilizzare l’asterisco piuttosto che declinare aggettivi e sostantivi al maschile o al femminile violentando la nostra lingua e la nostra capacità critica e argomentativa. Mi vengono in mente le celebri parole di Gianfranco Funari: “Se uno è stronzo, non je posso di’ stupidino – si crea delle illusioni – je devi dì stronzo!”. Chissà ora come si sta rivoltando nella tomba…
“Sei solo materia organica in decomposizione”.
Si è dibattuto poco per cercare le origini di questo fenomeno. Le ipotesi maggiormente accreditate e plausibili sono quelle che chiamano in causa genitori iperprotettivi che colmano le loro mancanze educative con qualsiasi concessione materiale e comportamentale. L’accondiscendere a qualsivoglia richiesta dei figli mantenendo un ambiente eccessivamente tutelante e protetto ben oltre il dovuto creerebbe le condizioni per lo sviluppo di personalità narcisistiche, convinte di avere diritti speciali e di avere caratteristiche uniche ma impreparate ad affrontare il mondo reale e le sconfitte che inevitabilmente arriveranno. Ulteriore accelerazioni in tal senso verrebbero dal massivo utilizzo dei media e dei social: vetrine in cui tutto è mostrato e facilmente accessibile. Ricevere pertanto delle critiche sui social equivale a un insulto intollerabile da cui è estremamente difficile riprendersi e che grida vendetta. Allora se il dibattito e lo scontro sono così intollerabili meglio evitare a priori occasioni di confronto ipertutelando ancora e sempre quelle categorie che, di volta in volta, si ritengono più fragili. Un po’ come curare il diabetico con le caramelle anziché sottoporlo alla cruda verità di una dieta priva di zuccheri e leccornie.
La teoria del fiocco di neve diventa allora una chiave di lettura interessante delle attuali dinamiche socio-relazionali. Diventa più facile comprendere come, piuttosto che stimolare la diatriba supportata da argomentazioni logiche, razionali, scientifiche assistiamo a talk show impregnati sul politicamente corretto e emotivamente neutro. Oppure, ancora peggio, siamo inconsapevoli sostenitori di chi, di volta in volta, parla alla pancia di questa o quella categoria di fiocchi di neve unici. La nostra società occidentale si è evoluta basandosi sul dialogo, sul confronto, sulla capacità di argomentare una tesi e demolirne l’antitesi. Secoli di ars oratoria non sono stati mezzi infimi per l’affermazione di tiranni ma le fondamenta di una forma mentis che ci ha permesso di dare vita alle civiltà più evolute, grandiose e forti che hanno popolato questo pianeta. Allora riprendiamoci il confronto, il dialogo e lo scontro, anche crudi e aspri, se servono per avvicinarci gli uni agli altri e comprendere meglio le reciproche esigenze. Ché l’evoluzione e il rispetto si basano sulla conoscenza reciproca e non sul mettere il bavaglio a coloro che hanno opinioni diverse dalle nostre o, ancor peggio, punirli con leggi ipocrite che fingono di voler educare quando mirano solo a far tacere verità scomode. Come dice Tyler Durden in “Fight Club”: «You are not special. You are not a beautiful or unique snowflake. You’re the same decaying organic matter as everything else» (“Non sei speciale. Non sei un unico bellissimo fiocco di neve. Sei solo materia organica in decomposizione come ogni altra cosa”).