Negli ultimi due secoli il progresso umano è accelerato vertiginosamente: nella lotta alle malattie infantili e la riduzione della mortalità infantile, nell’estensione dell’istruzione, nell’allungamento dell’aspettativa di vita, l’abolizione della schiavitù, la diffusione della democrazia, lo sviluppo della medicina, i diritti delle donne e dei bambini, il principio di uguaglianza di fronte alla legge, le grandi conquiste economiche, sociali, scientifiche, tecniche, ecc. Molti sono i testi istituzionali, storici, giornalistici, scolastici, che celebrano lo sviluppo umano ed elencano in maniera sommaria i progressi, in maniera molto simile al paragrafo precedente. Tra i progressi elencati raramente mancano i diritti delle donne, talvolta associati a quelli dei bambini nella formula i diritti delle donne e dei bambini, talvolta in maniera separata, i diritti delle donne e poi i diritti per l’infanzia. D’altra parte la presenza dei diritti delle donne è doverosa, rappresentano un avanzamento sociale fondamentale, anzi, a dir di molti, sarebbero il più importante. Il Parlamento italiano sostiene che «un excursus sull’evoluzione storica della CSW [Commission on the status of women – Commissione sulla condizione della donna, ONU] consente di ripercorrere rapidamente una delle esperienze più interessanti in seno alle Nazioni Unite, termometro dei progressi della civiltà umana». I diritti delle donne come termometro di tutti i progressi.
Quello che dovrebbe essere causa di stupore non è di certo la presenza dei diritti delle donne: le donne hanno indubbiamente conquistato dei diritti mediante una Storia di lotte e sacrifici che possono rivendicare. Quello che dovrebbe essere causa di stupore per tutti è l’assenza sistematica del suo corrispettivo, i diritti degli uomini, come se gli uomini non avessero dovuto mai conquistare dei diritti lungo la Storia, come se non avessero lotte e sacrifici da vantare, come se ogni diritto maschile fosse arrivato per concessione divina dai tempi della creazione. Come se gli uomini non avessero una Storia, la storia degli uomini, al contrario delle donne che vantano la propria, la storia delle donne, che si è tradotta nei loro diritti, i diritti delle donne. Un’omissione costante nelle migliaia di testi istituzionali, storici, mediatici e persino scolastici di questo tenore – sui quali vi invito a fare attenzione d’ora in poi –, che ha dell’incredibile perché si tratta di una mancanza lampante, oltre che scandalosa, della quale sembra che nessuno si accorga. Si tratta di un’invisibilità tanto sorprendente quanto ingiusta, messa in risalto palesemente dal confronto e la presenza dei diritti delle donne. Invisibilità che forse trova spiegazione nel decennale lavoro di cancellazione dall’immaginario collettivo dell’universo maschile. Talvolta, quando faccio notare quest’incredibile mancanza, dopo un certo imbarazzante silenzio, mi viene riferito che i diritti degli uomini sì sarebbero inclusi. Si troverebbero all’interno dei diritti dell’uomo, progresso spesso menzionato, inteso come essere umano, inglobati dunque in quelli dell’umanità. Giustificazione come minimo illogica: se non c’è bisogno di nominare i diritti degli uomini perché inglobati in quelli dell’umanità, che bisogno c’è allora di nominare di continuo i diritti delle donne, inglobati anche essi in quelli dell’umanità?
Cosa imparano i bambini.
Oggigiorno i libri di testo scolastici ostentano lo stesso vizio, sezioni “rosa” specifiche e quelle speculari maschili mancanti. Il motivo è, a dir loro, la prospettiva androcentrica del resto del libro che offrirebbe, al di fuori delle sezioni rosa, una visione esclusivamente maschile. Cosa che tutti sappiamo di essere falso, perché Cleopatra, Isabella la Cattolica o Elisabetta I d’Inghilterra si trovano nella sezione che dovrebbe corrispondere soltanto agli uomini. Stesso discorso vale per scrittrici, scienziate, artiste o filosofe in genere. In pratica, le donne sono rappresentate nella sezione generica e nelle sezioni specifiche; gli uomini solo nella sezione generica, mai trattati specificamente. Questa impostazione non riguarda unicamente i libri di testo scolastici. Nei libri (relazioni) annuali di ONG come Amnesty International o Nessuno tocchi Caino, malgrado gli uomini siano i destinatari prevalenti di violazioni umane, torture e pene di morte, in nessun caso esistono sezioni specifiche maschili, nemmeno quando riguardano unicamente uomini (come, ad es., il campo di prigionia di Guantanamo). Per quanto riguarda Amnesty International, esistono lungo tutto il libro sezioni specifiche femminili, anche quando le donne vittime sono meno numerose dei ragazzi minorenni vittime, che non meritano alcuna sezione propria. In pratica, le donne sono rappresentate lungo tutto il libro, nelle sezioni specifiche e menzionate in maniera casuale assieme agli uomini nel resto generico. Per quanto riguarda Nessuno tocchi Caino, che si occupa soltanto della pena di morte, malgrado le persone uccise in tutto il mondo siano per oltre il 98% uomini, non esiste alcuna menzione in tutto il libro della cosa più ovvia: che si tratta di una questione di genere, che le vittime sono uomini. (Per ulteriore informazione rimando alla lettura dell’opera La grande menzogna del femminismo, pp. 631-634)
Le donne, trattate non solo genericamente ma anche specificamente, costruiscono una coscienza di genere, al contrario degli uomini che, trattati in maniera generica e mai in specifico, costruiscono una coscienza di specie. Quest’impostazione inoltre trasmette una idea distorta della realtà storica e attuale, tanto più grave quanto questa manipolazione viene messa in atto anche sui bambini, come fanno i testi scolastici. Se i diritti delle donne, presentati come una lotta contro l’oppressione patriarcale, vengono menzionati ovunque, per qualsiasi bambina una donna che nel IV secolo si lamenta di non riuscire a studiare diventa l’immagine della condizione universale della donna in lotta contro il patriarcato, mentre lo stesso lamento di un uomo nel IV secolo non rappresenta nulla. Per questa bambina diventa impossibile concepire che le leggi di autorizzazione maritale possano essere state promosse da donne (in Spagna, approvate durante il regno di Isabella di Castiglia e promulgate durante quello di sua figlia Giovanna), che l’infibulazione femminile in Africa sia una tradizione gestita e perpetuata principalmente da donne, che molte donne abbiano accusato falsamente tante altre di stregoneria o che la maggior parte degli anti-suffragisti fossero state donne, mentre migliaia di uomini sostenevano il suffragio femminile.
L’ennesima frottola femminista.
Se i diritti degli uomini invece non meritano alcuna menzione, i bambini maschi possono solo concludere che loro in quanto genere, come uomini, non hanno alcuna storia, né lotte né sacrifici né diritti conquistati da rivendicare. Un assurdo, in quanto ogni diritto femminile emana dalle lotte e conquiste maschili, così come ogni diritto del bambino emana dalle lotte e conquiste degli adulti. Può sembrare un’asserzione troppo categorica e misogina, ma la realtà non è mai come vorremmo che fosse: è sempre ciò che è. Ogni diritto della donna è una concessione dell’uomo, che ha il potere e la forza di accordare e negare, come ogni diritto del bambino è una concessione dell’adulto. Così come ogni uomo riconosce il dono di essere in vita per via del sacrificio (gravidanza) di una donna, non dovrebbe essere un problema per la donna riconoscere che ogni strada percorsa da lei è stata esplorata per prima da un uomo. Eppure non è così, questa evidenza per molte donne è un brutto rospo da ingoiare. Le donne che abitano oggi negli altipiani, nelle montagne, nei deserti, nelle foreste, nei poli o nelle paludi devono solo ringraziare il sacrificio di uomini che hanno battuto queste strade prima di loro. E la stessa cosa che avviene con i luoghi geografici, avviene con i diritti.
Fra tutti i diritti forse quello del voto è quello che evidenzia in maniera più chiara quanto finora espresso. Cerimonie, anniversari, piastre commemorative, non si spreca un’occasione per celebrare la conquista del diritto di voto delle donne. Per gli uomini invece sembra che il diritto di voto maschile sia arrivato per concessione divina. Chi commemora oggi il suffragio universale maschile? Chi conosce il suo divenire storico? La conquista di entrambi i suffragi presenta un pattern che si ripete spesso. In somma sintesi, primo: dalla richiesta formale, in maniera associata, fino alla sua conquista, gli uomini ci misero secoli, le donne qualche decennio. Secondo: gli uomini dovettero sopportare combattimenti e migliaia di vittime, le donne non ebbero vittime (tranne una suffragetta morta in un incidente in un ippodromo in una corsa di cavalli in Inghilterra). Terzo: una volta conquistato il suffragio universale maschile e accertata la non pericolosità della sua applicazione (elezioni in Francia, 1848), le donne richiesero il voto sostenute da numerosi uomini, tramite manifestazioni in strade asfaltate, protette da uomini, libere da ogni pericolo, e finalmente parlamenti costituiti da uomini concessero loro questo diritto. Se il Patriarcato si fosse comportato con loro come si comportava con gli uomini, avrebbe massacrato le suffragette con la cavalleria, avrebbe appeso le loro teste alle picche come avvertimento, e le loro manifestazioni sarebbero finite in cinque minuti (per una approfondita lettura sul diritto di voto rimando alla lettura dell’opera La grande menzogna del femminismo, pp. 508-519, 574-584). La verità è che le donne hanno ottenuto il diritto di voto grazie alle lotte degli uomini che prima conquistarono il proprio e dopo lo concessero alle donne, un discorso che è valido per qualsiasi altro diritto femminile. L’asserzione che vorrebbe gli attuali diritti delle donne conquistati unicamente grazie alle lotte femministe è l’ennesima frottola della narrazione femminista.
Gli uomini non hanno diritti da conquistare.
Infine, non si tratta soltanto una controversia storica. Se si cambia il passato si cambia il futuro. Se gli uomini non hanno una Storia propria, una storia di genere, se non hanno conquiste di diritti di vantare, non hanno dunque diritti da rivendicare in futuro. A darci gentil prova di quanto questo sia vero è niente meno che le Nazioni Unite. Tutti siamo a conoscenza dell’Agenda 2030, gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, OSS, 17 obiettivi interconnessi «per ottenere un futuro migliore e più sostenibile per tutti», ONU dixit. Obiettivo 5: raggiungere l’uguaglianza di genere ed emancipare tutte le donne e le ragazze. Cioè, raggiungere la parità di genere attraverso l’emancipazione delle donne e delle ragazze. Nessun obiettivo per uomini e ragazzi. Omessi. Cancellati. Non esistono. Gli uomini non hanno problemi da risolvere né diritti da conquistare. Di nuovo, quale può essere la logica conclusione di un bambino che legge l’Agenda 2030?