Analizziamo da diversi anni il condizionamento delle coscienze in atto, un vento unidirezionale che deve creare, come in effetti crea, la convinzione che esista una emergenza più emergenza di tutte, e anche la Consulta ora dà il suo contributo. La costruzione di un’emergenza cosa comporta nel breve, medio e lungo termine? Ma soprattutto: perché, a chi giova, chi ne gode i frutti? L’emergenza è la condizione della donna, gravemente discriminata in tutto il mondo e in Italia più che altrove. Differenze salariali a parità di rendimento, discriminazioni per le carriere femminili, sessismo imperante, un femminicidio ogni due giorni (c’è perfino chi sostiene uno al giorno), violenza domestica tanto inarrestabile quanto sommersa, violenza assistita, stalking, violenze sessuali, fisiche, psicologiche ed economiche, il tutto aggravato da una insopprimibile ritrosia femminile nel denunciare. La teoria è che ogni donna subirebbe centinaia e centinaia di violenze nel corso della propria vita, ma la maggior parte non denuncia per paura del proprio aguzzino, per scarsa fiducia nelle istituzioni, per insicurezza verso le misure di tutela, per vergogna, perché non si percepisce vittima di violenza ed altro ancora.
I centri antiviolenza si autoproclamano indispensabili e magnificano la bontà del proprio operato, tuttavia ogni anno lamentano un aumento della violenza domestica ad ogni livello e per qualsiasi ragione: lo scorso anno, ad esempio, la violenza è aumentata per via del lockdown; ma anche negli anni precedenti senza pandemie, catastrofi naturali, guerre, carestie ed invasioni di cavallette, la violenza è sempre immancabilmente aumentata. Ci siamo chiesti se mai nessuno abbia notato la macroscopica contraddizione: i centri antiviolenza ricevono finanziamenti a pioggia e chiamate h 24, ma il fenomeno della violenza è sempre in aumento. Allora a cosa servono? Non ce la fanno ad intercettare milioni di vittime; sono gli stessi centri antiviolenza a dire che non riescono a far emergere il sommerso; le pseudoindagini ISTAT, inquinate dall’ideologia, dicono che almeno 7 milioni di donne sono vittime di violenza, ma questi milioni di vittime non assediano i centri antiviolenza. Non sarebbe il caso di cambiare le strategie, le strutture e le professionalità che dimostrano di non riuscire ad incidere positivamente sul fenomeno del quale si occupano? Non è difficile, si chiama rapporto costi-benefici. Qualcuno ha mai ragionato sul bilancio sociale della rete dei centri antiviolenza?
La certificazione di vittima D.O.C.
La strategia della mistificazione è in atto da anni, ma ultimamente sta toccando vette impensabili per chiunque abbia un minimo di raziocinio. Farneticazioni, cialtronerie, numeri sparati a caso senza mai prendersi il disturbo di dimostrarli, allarme fittizio creato ad arte. Alcuni analisti considerano tale strategia finalizzata alla inestinguibile sete di fondi pubblici dell’Antiviolenza Srl, tuttavia sarebbe limitativo pensare solo al denaro. Sicuramente l’accaparramento è un obiettivo a breve termine, ma gli obiettivi a medio e lungo termine sono altri. Ad esempio la creazione di enormi bacini elettorali (ti finanzio, ti appoggio, ti garantisco ricerche mirate, spazi mediatici, visibilità, campagne ministeriali… poi ricordatene nell’urna), roba che qualche malpensante chiamerebbe voto di scambio, ma soprattutto il varo di norme liberticide e misure discriminanti. Infatti un altro effetto della campagna di condizionamento delle coscienze è il fenomeno delle false accuse, soprattutto in caso di separazioni, divorzi e cessazioni di convivenze. Si esauriscono con un nulla di fatto il 90% delle denunce (archiviazione, proscioglimento in istruttoria, assoluzione) e solo il 10% esita in una condanna del reo. Il Codice Rosso ha elevato a potenza il reiterarsi del fenomeno: sulla base delle mere dichiarazioni della presunta vittima vengono irrogate le misure cautelari poi, con calma, piano piano, senza fretta, si verifica se effettivamente c’erano i motivi per farlo.
Inoltre l’accertamento dell’innocenza cancella solamente lo spettro del carcere, ma non cancella tutti i devastanti effetti collaterali che segnano indelebilmente la vittima dell’accanimento altrui. Segni incancellabili, un vero e proprio lancio dell’acido sulla vita delle persone ingiustamente accusate le quali sono comprese, secondo le operatrici di giustizia, in una forbice che va dal 70 al 90%, a seconda delle Procure. Un ulteriore incentivo alle false accuse arriva da un recente pronunciamento della Consulta: “maltrattamenti, La Consulta concede il gratuito patrocinio alle vittime”. «Un sostegno maggiore a difesa dei propri diritti e strumento di incoraggiamento a denunciare. L’automatica ammissione al patrocinio a spese dello Stato della persona offesa dai reati di maltrattamenti, mutilazioni genitali, violenza sessuale, stalking e altri delitti contro la persona, – a prescindere dalla situazione economica della persona offesa -, secondo la Consulta (sentenza 1 del 2021) è ragionevole». Attenzione, il patrocinio gratuito si acquisisce automaticamente insieme allo status di “vittima”, e detto status prescinde da qualsiasi accertamento giudiziario. Denuncio di essere vittima quindi lo sono, punto. Meglio se passo attraverso un centro antiviolenza, che certifica il mio status di vittima D.O.C. esclusivamente sulla base delle mie dichiarazioni. Believe women.
False accuse servite su un piatto d’argento.
La vittima che è “costretta” a chiedere aiuto ad un centro antiviolenza da subito ha accesso al gratuito patrocinio, poi magari dal processo emerge una verità totalmente diversa da quella narrata: ha inventato tutto ed il castello accusatorio evapora. Ampia è la gamma di motivi: per vendetta, per rabbia, per gelosia, per chiedere un risarcimento, per non pagare un debito, per allontanare un padre dai figli, per avere moneta da spendere in una causa civile, per coprire tradimenti di mariti, fidanzati e conviventi, fino alle generazioni più giovani che utilizzano le false accuse per mascherare da violenza sessuale un rapporto consenziente ma ostacolato dai genitori. La cronaca giudiziaria registra anche casi in cui le menzogne emerse dal dibattimento sono talmente evidenti che lo stesso PM, oltre a chiedere l’assoluzione per la persona ingiustamente accusata, invia gli atti in procura per configurare il reato di calunnia in capo all’accusatrice. Abbiamo archivi con una casistica che comprende tutte le tipologia citate di pretesti per false accuse di violenza. Si tratta di un fenomeno noto e rimarcato persino da “Polizia Moderna”, la rivista ufficiale della Polizia di Stato, che sul numero del giugno 2011 scriveva: «(…) si registra una epidemia di denunce nei confronti di ex mariti e padri accusati, fra l’altro, di maltrattamenti ed abusi sessuali sui loro stessi figli. Alcune di queste accuse sono purtroppo fondate, ma la maggior parte di esse, spesso le più infamanti, si dimostrano false o inattendibili, dichiarazioni menzognere sostenute dalla precisa finalità di danneggiare l’ex marito-padre, (…)».
Però il fenomeno delle false accuse, pur se ormai acclarato, continua ad essere ignorato da chi detiene il potere decisionale. È l’effetto del condizionamento delle coscienze, insinuatosi ad ogni livello: opinione pubblica, magistratura, politica, media. Ed ecco che la Consulta concede un altro assist: il patrocinio a spese dello Stato è ragionevole. L’obiettivo dichiarato è quello di incentivare le denunce da parte delle vittime, «la decisione sarebbe, peraltro, in linea con l’evoluzione del nostro ordinamento giuridico in materia di violenza. In considerazione del crescente allarme sociale ed a fronte della preoccupante crescita degli episodi collegati alla violenza di genere e sessuale». Il preoccupante aumento però è una bufala, un dato falso, l’Italia è tra i Paesi più sicuri per le donne sia per i cosiddetti femminicidi che per la violenza in generale. Però la narrazione ideologica prescinde dai dati reali, è importante solo ripetere all’infinito una menzogna per avere la garanzia di trasformarla in verità; nulla di nuovo, era la strategia comunicativa nazista propagandata da Goebbels. Il condizionamento delle coscienze serve proprio a questo, far accettare misure discriminatorie in nome di una emergenza ancorché fasulla, e il gratuito patrocinio alle presunte vittime di violenza è una palese discriminazione su due diversi livelli. Primo perché pone su piani diversi chi attacca e chi si difende, chi denuncia va in tribunale gratuitamente mentre l’accusato deve pagarsi le spese legali che possono protrarsi per anni. Secondo perché prescinde da qualsiasi verifica. Ovvio che a queste condizioni le false accuse vengono servite su un piatto d’argento.