Chi ci legge da tempo lo sa già, ma lo ripetiamo per chi è nuovo: Selvaggia Lucarelli non incarna proprio il nostro ideale di giornalismo o di comunicazione. Diciamo pure che ne è agli antipodi. Tuttavia, come l’orologio fermo segna l’ora esatta due volte al giorno, anche lei di tanto in tanto si distingue facendo cose con un minimo di senso. Ci togliemmo il cappello quando, due anni fa, svelò la magagna del centro antiviolenza “Doppia Difesa” (facente capo alla leghista Giulia Bongiorno e a Michelle Huntziker) e tocca togliercelo di nuovo ora, per il suo servizio di approfondimento su Camilla Cannoni, l’infermiera lesbica di Genova finita in cronaca, con tanto di lacrime, perché, a suo dire, oggetto di violenza omofoba da parte dei vicini. Tutti si sono gettati sulla notizia, rilanciando a reti unificate il suo video lacrimoso e lacrimevole di fronte all’auto deturpata. Accorre in suo aiuto l’avvocato Cathy La Torre, quella appassionata di pizze d’asporto e di casi che diano visibilità, ed è questo che innesca la Selvaggia nazionale.
Sì perché la nota influencer si muove alla grande quando c’è da osteggiare altre influencer concorrenti o altre donne politicamente posizionate al suo opposto. Quale che sia il movente, la Lucarelli fa quello che chiunque con un tesserino da giornalista avrebbe dovuto fare: contatta i vicini di Camilla e chiede conto. Ed ecco che emerge la verità delle cose: omofobia un piffero. Una semplice e aspra lite tra vicini che si protrae da anni, da quando Camilla era ancora eterosessuale e aveva un fidanzato. La rivelazione si somma così alle tante altre notizie degli ultimi mesi costruite ad arte per denunciare attacchi omofobi che alla fine o erano farlocchi, come nel caso di Camilla, o storie di gay che usavano l’accusa di omofobia per non pagare bar, ristoranti o alberghi, o che cercavano attenzione tirandosi pesci surgelati in faccia. Il tutto perché di casi di vera omofobia in Italia praticamente non ce ne sono (il Viminale ne ha contati meno di dieci in un anno, infilandoci dentro un po’ di tutto…). Brava dunque Lucarelli? Nì. È un sei meno meno: l’influencer infatti rovina tutto facendo endorsement al DDL Zan proprio alla fine del suo articolo. Come se tutte le bufale precedenti non fossero esistite e non facessero chiaramente parte di un piano preordinato. Ma Lucarelli vive sui like non può mica inimicarsi le lobby buoniste. E poi si sa dove sta, è della ghenga di Travaglio, Scanzi e via dicendo, dunque l’appoggio alla maggioranza di governo non può mancare.
Una maggioranza che, nel frattempo, approva il DDL Zan alla Camera, dopo averci infilato dentro, come ampiamente previsto, un emendamento che apre la strada alle tematiche gender nelle scuole. Tutte, dalle elementari in su. La porta in questo senso era già stata aperta dalla cosiddetta “Buona Scuola”, il DDL Zan ora apre un portone. Con la sua approvazione avremo esterni alla scuola pubblica che interverranno in classe per insegnare ai nostri bambini che essere maschi eterosessuali (magari pure bianchi) è un male redimibile soltanto votandosi a scelte alternative. Scelte che gli esperti stessi probabilmente illustreranno con ampiezza di prove pratiche, come già accaduto in passato (vedasi qui, qui o qui). In merito, Vittorio Sgarbi ha molto efficacemente commentato: “orientare il sesso sotto i 14 anni è pedofilia di Stato”, ed è difficile non essere d’accordo. Penetrare nelle scuole, specie in quelle primarie, è da sempre il grande obiettivo delle lobby queer: un Disegno di Legge inizialmente pensato contro le discriminazioni diventa così uno strumento manipolatorio delle nuove generazioni, finalizzato a mettere le manacce sui bambini e a distruggere la figura dell’uomo, del padre, e della famiglia. Il tutto, va ricordato, mentre il paese è alle prese con una crisi ben più grave e prioritaria. Ora, con tutto il suo carico di totalitarismo, il DDL Zan passa all’esame del Senato, dove si spera che l’opposizione tiri fuori gli attributi e riesca a piazzare almeno un emendamento, in modo da far ripartire la navetta parlamentare, in attesa che questo Governo e la sua maggioranza implodano.
Anche se, con i vari passaggi parlamentari, c’è il rischio che la legge venga ulteriormente peggiorata. È possibile? Assolutamente sì. Basta vedere quella analoga appena approvata in Spagna (dove certi esperimenti progressisti vengono da decenni spinti all’estremo). La “Ley Trans”, infatti, stabilisce, tra l’altro: 1) l’autodeterminazione di genere, con la possibilità di cambiare sesso sulla carta d’identità, registri e anche a scuola, il tutto senza certificati medici, né cure ormonali, né apparenza esterna fisica coerente; 2) libertà di cambiare sesso anche per i minori senza obbligo di avvertire i genitori (dai 16 anni, sotto i 16 il bambino può avvalersi di un tutore se i genitori si oppongono); 3) possibilità di cambiare sesso (tramite interventi finanziati con soldi pubblici) anche per gli stranieri residenti; 4) Carceri ristrutturate in modo da rispettare l’identità di genere dei reclusi. Sono pazzi questi spagnoli? Sì, lo si sa da tempo, quando si parla di femminismo o gender. Il problema è che, oltre al resto, danno il cattivo esempio e fanno da cattivi maestri ai legislatori e all’opinione pubblica nostrani.
Ed è quest’ultima soprattutto a portare la responsabilità del degrado: compresa nelle questioni legate al covid, non trova il tempo di occuparsi del resto. E, se lo fa, si lascia gabbare dalla propaganda. Anche per questo abbiamo oggi in via di approvazione una legge nata sotto il segno di una lunga serie di bugie diffuse a mezzo stampa, che mina le libertà fondamentali di tutti e regala milioni di euro ad associazioni private cui, per di più, dà licenza di andare a toccare i cervelli (e non solo) dei nostri figli. Una prospettiva orwelliana, che richiama le parole del filosofo francese Michel Onfray nel suo “Teoria della dittatura“: “Se la realtà è solo quello che la coscienza le permette di essere, basta agire sulle coscienze per produrre la realtà che si desidera. In ambito di realtà, ciò che è, è soltanto ciò che si trova dentro la coscienza, quindi dentro la testa del soggetto. Grazie all’educazione delle coscienze, il potere potrà allora produrre la realtà che più gli conviene”. Ed è esattamente ciò a cui il DDL Zan apre la strada. Contenti voi. Noi non lo siamo affatto.