La Fionda

La caduta dell’uomo (2)

Are men necessary? (“Gli uomini sono necessari?”) è il titolo di un libro scritto nel 2006 dalla giornalista Maureen Dowd. Nel 2012 la femminista Hanna Rosin proclamava The End of Men (“La fine dell’uomo”) e nello stesso anno The New York Times si chiedeva Men, Who Needs Them? (“Uomini, chi ha bisogno di loro?”) in un articolo intitolato nello stesso modo. Lo scrittore e genetista Bryan Sykes ha risposto a queste domande in un altro libro, Adam’s Curse: A Future Without Men (“La maledizione di Adamo: un futuro senza uomini”), con queste parole: «gli uomini sono ancora necessari per la riproduzione, anche se non servono a nient’altro». Anche il femminismo ha espresso il proprio parere con un motto divenuto celebre: A woman needs a man like a fish needs a bicycle (“una donna ha bisogno di un uomo tanto quanto un pesce ha bisogno di una bicicletta”). L’attrice Kate Beckinsale non ha dubbi in questo senso: «Gli uomini sono come il dessert. Ne hai bisogno? No. Ma sono uno sfizio che puoi toglierti, ogni tanto». In Italia i giornali si chiedono «il maschio oggi è diventato inutile?», «il maschio diventerà obsoleto?». Insomma, «sempre più superflui gli uomini», «sono meno intelligenti , meno colti e guadagnano meno» delle donne, motivo che spiega perché «le donne fanno sempre più fatica a stare con un maschio alla loro altezza». È naturale dunque che le istituzioni pubbliche, come il comune di Venezia, promuovano nella società spettacoli intitolati “Il maschio inutile”.

Dove sono gli uomini? È ormai un fatto assodato che oggi le donne corrono e gli uomini arrancano. Libri, articoli settoriali, studi e trasmissioni tv si susseguono e moltiplicano a conferma di questo fenomeno, iniziato negli anni ’80 e che oggi dilaga. La caduta dell’uomo sembra un destino inesorabile. Molti sono gli indizi. Per quanto riguarda il mondo lavorativo negli Stati Uniti, nella conferenza sulla fine del maschio (The End of Men) a dicembre 2010 a Washington, la femminista Hanna Rosin ci informa: «le donne prendono il maggior numero di posti manageriali […], le giovani donne guadagnano di più dei giovani uomini. […]  Le donne, per la prima volta quest’anno, sono diventate la maggioranza della forza lavoro statunitense. E stanno cominciando a dominare molte professioni – medici, avvocati, banchieri, commercialisti. Oltre il 50 per cento dei manager oggi sono donne. E nelle 15 professioni con la più alta proiezione di crescita nel prossimo decennio, tutte tranne due sono dominate da donne». Un processo molto simile sta avvenendo in tutto il mondo occidentale. Attualmente il governo del mio paese natio, la Spagna, è costituito da 22 ministeri, 14 occupati da donne (63,6 %) e 8 da uomini. Di recente c’è chi ha fatto di meglio: «Per l’Albania un governo delle donne: Rama sceglie 12 ministre e 4 ministri». Nel frattempo gli uomini continuano a spiccare, come al solito, in ogni classifica di indigenza e problematica sociale: suicidio, senzatetto, alcolismo, droghe, disagio sociale e tanto altro.

uomo inutile

La cancellazione del padre.

A livello scolastico la situazione è ancora più catastrofica. Le ragazze ottengono migliori risultati dei loro coetanei maschi, a tutti i livelli scolastici e in tutti rami di studio, tranne che in uno: nel ramo scientifico. Il tasso d’abbandono scolastico maschile raggiunge ogni anno nuove e preoccupanti vette. Negli Stati Uniti il numero degli studenti maschi iscritti alle università è crollato a livelli da record rispetto al numero delle iscritte. Le studentesse costituiscono il 59,5% del totale, gli studenti il 40,5%. Il divario aumenta quando si raggiunge il titolo di laurea: dopo sei anni di università, lo raggiunge solo il 59% dei ragazzi rispetto al 65% delle ragazze. Se questo trend continua, in pochi anni per ogni uomo che prende la laurea, due donne faranno lo stesso. Un processo progressivo di nefaste conseguenze iniziato negli anni ’80 e con una forte accelerazione negli ultimi due decenni, che però non condiziona in assoluto l’attuale agenda politica a favore delle donne, né ha meritato fino ad oggi alcun ripensamento e revisione della politica attuata negli ultimi 40 anni nel mondo occidentale. Se c’è una figura che simbolizza, meglio di qualsiasi altra, l’attuale disvalore e inutilità dell’uomo, questa è quella della figura paterna: la caduta del padre. Si tratta di una figura oggi completamente assente nelle normative, nelle corti di giustizia e nei pensieri di moltissime madri. Ecco alcuni esempi, tratti da La grande menzogna del femminismo (pp. 94, 848-849): in Spagna il Decreto Reale per l’ampliamento del permesso di paternità […] non menziona il termine “padre” in nessuna delle 26 pagine del testo, questa figura è definita come «genitore differente della madre biologica»;  il servizio sanitario scozzese ha bandito la parola “papà” dalle guida di consigli per le coppie in attesa; le norme italiane per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza del 1978 riconoscono il «valore sociale della maternità», nessuna menzione alla paternità; d’altra parte, molte costituzioni europee (spagnola, italiana, tedesca, irlandese,…) includono tra i diritti fondamentali la tutela della madre e dei figli, nessuna menzione al padre (Costituzione italiana artt. 31, 37).

Negli Stati Uniti il progetto politico del Presidente Obama (2012) presentava una storia di fantasia di un cittadino tipo, dalla nascita fino alla morte, denominata The Life of Julia (La vita di Giulia) che ai 30 anni circa decideva di fare e crescere un figlio senza un uomo; di fronte alla nuova Biblioteca di Birmingham, in Inghilterra, è stata eretta una scultura dedicata alla famiglia, formata da due madri single (una incinta), nessun padre in vista; l’aveva già detto la ex ministro delle Pari Opportunità del Regno Unito, Harriet Harman, «non si può assumere che gli uomini siano tenuti a essere una risorsa e un bene nella vita familiare, o la presenza dei padri nelle famiglie sia un mezzo di sociale armonia e coesione»; in Italia, la femminista Luisa Muraro, «non trovo nessuna ragione per difendere la necessità di padre»; la richiesta di liberarsi dalla figura paterna è di vecchia data, esplicita nello storico libro femminista L’eunuco femmina (1970) di Germaine Greer; di conseguenza, si cancella la celebrazione della festa del papà nei centri scolastici, in Italia e in Spagna, e l’agenda politica promuove la fecondazione assistita per le donne single, sovvenzionata e gratuita. A Milano una donna su 5 che partorisce non dà il nome del padre. Una generazione di madri single, tanto da costituire delle associazioni e farsene un vanto, come in Spagna, “Asociación de Madres Solteras por Elección” (Associazione di Madri Single per Scelta).

Cosa comporta tutto ciò per gli uomini e per le donne?

Non c’è miglior esempio di quanto la Tecnica abbia rivoluzionato la scala delle priorità dell’umanità che la preferenza del sesso della prole. Da quando il mondo è mondo il desiderio di un maschietto è stata una scelta obbligatoria: “auguri e figli maschi”. Il figlio maschio sano rappresentava un valore aggiunto per la sopravvivenza del gruppo; la femmina un peso, una bocca in più da sfamare (per ulteriore informazione vedasi La grande menzogna del femminismo a pp. 228-229). Oggi, nella società del benessere, garantita la sopravvivenza, l’utile non ha più lo stesso valore, ed è stato sostituito dal bello. Le agenzie di adozione nazionali e internazionali segnalano che il 75-80% dei genitori adottivi scelgono di adottare bambine e negli Stati Uniti le bambine sono l’obiettivo dell’80% delle persone in cura di fertilità che intendono scegliere il sesso. Uno studio pubblicato nel 2009 dalla rivista online Reproductive Biomedicine ha rilevato che gli americani caucasici che ricorrono alla fecondazione in vitro selezionano le femmine il 70% delle volte. Una ricerca su Google mostra che la frase “come avere una bambina” viene cercata tre volte più spesso negli Stati Uniti rispetto a “come avere un bambino”. Sempre negli Stati Uniti i genitori sono disposti a pagare una media di 16 mila dollari in più per una femmina, ciò che spiega perché esistono nel mondo occidentale liste di attesa per poter adottare bambine, mentre per i bambini bisogna creare campagne ad hoc per incoraggiare l’adozione. Infatti, anche nel mio paese d’origine, la Spagna, nell’ECAI (Entidad Colaboradora de Adopción Internacional), nelle domande sulla preferenza del sesso l’80% delle famiglie chiede bambine e il restante 20% esprime di essere indifferenti. Le richieste espresse di bambini invece sono pressoché inesistenti. «La famiglia perfetta è con due figlie», le bambine sono «meno rumorose, meno litigiose, meno esigenti». I bambini, si sa, sono più vivaci e problematici, e ora, anche, inutili. Le bambine invece sono belle, come un chihuahua.

Non solo siamo di fronte a una rivoluzione copernicana dell’umanità all’ora di assegnare dei valori ai sessi, per secoli si sono preferiti i bambini per motivi meramente utilitari, oggi si preferiscono le bambine per motivi puramente estetici, siamo anche di fronte a quello che possiamo definire, senza paura di sbagliare, il maggiore paradosso mai esistito tra ideologia e realtà. Sposata la dottrina femminista, per decenni le istituzioni, i governi e i media ci bombardano quotidianamente per denunciare la società maschilista e patriarcale nella quale viviamo, che divide i suoi membri in uomini privilegiati, da una parte, e donne discriminate, dall’altra. Senza alcuna coerenza e logica, questa stessa società, maschilista e patriarcale, concede il privilegio di vivere e di godere gli affetti di una vita al sesso discriminato (che secondo i postulati dovrà penare in vita) e disprezza notoriamente il sesso privilegiato. Si tratta della scelta più intima dell’individuo, i genitori scelgono il meglio e il miglior futuro per i propri figli. In questa scelta il cittadino occidentale, misogino, maschilista e patriarcale, sceglie il sesso femminile; lo fa, malgrado la narrativa dominante, perché ama le donne e perché sa ed è consapevole di vivere in un mondo che favorisce le donne. Questa preferenza del sesso nei figli che si protrae da decenni, come minimo fin dagli anni ’60 del secolo scorso, smentisce platealmente la narrazione femminista. A pag. 818 de La grande menzogna del femminismo si può leggere: “«Prima le bambine con la pelle chiara, loro venivano adottate subito; poi i bambini con la pelle chiara e dopo le bambine con la pelle scura, e finalmente gli ultimi, ma non i peggiori, i bambini con la pelle scura», questo è l’ordine nel quale venivano adottati i bambini nell’orfanotrofio secondo Antwone Fischer, dell’omonimo film autobiografico diretto e interpretato da Denzel Washington, nel quale Fischer racconta un vita di orfano vissuta tra violenze e abusi sessuali commessi dalle sue tutrici e badanti. La piramide sociale femminista capovolta.” Antwone Fischer, nato nel 1959, nell’orfanotrofio durante gli anni ’60: prima le bambine. In conclusione, volendo dare una risposta alla domanda con la quale ho iniziato l’intervento, “gli uomini sono necessari?”, e tenuto conto del quadro fornito e dell’attuale situazione in occidente, dell’aumento esponenziale delle donne single (con cani e/o gatti) e delle sempre più numerose campagne, anche istituzionali, a favore del lesbismo, dobbiamo onestamente ammettere, con nostro grande dispiacere, che per moltissime donne e (forse) per tutte le femministe oggi gli uomini siamo esseri superflui, inutili, una biciletta per un pesce, un dessert del quale si può fare a meno. E proprio così? E cosa comporta tutto ciò per gli uomini e per le donne? (segue domenica prossima)



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