La Fionda

La 27esima Ora: quante bugie sull’affido condiviso

Luisa Betti Dakli dice la sua sull’affido condiviso e dintorni, con il megafono de “La 27esima Ora” del Corriere della Sera. Ovvero: quando hai la pretesa di fare l’esperta, ma non sai di cosa stai parlando. Quanto odio deve covare questa signora, quanto livore trasuda dalle sue parole, quanta ignoranza spacciata per competenza… Il termine “ignorante”, lungi dall’essere un insulto, va inteso qui nell’accezione più pura e strettamente etimologica del termine: colui/colei che ignora. E infatti l’esperta diritti umani ignora davvero tanto della genesi della Legge 54/06. La norma già c’era – dice lei – a cosa serviva riformarla? Beata innocenza… C’era l’affido congiunto, il condiviso è un’altra cosa, ma non serve spiegare le differenze a chi di Diritto mastica proprio pochino pochino pochino. La sig.ra Betti fa le domande e si dà le risposte, stile Marzullo, ed ecco a cosa è convinta che serva la riforma: «per salvare i poveri padri separati ridotti sul lastrico». Sbagliato, serve a riconoscere che per la crescita dei figli è importante anche la figura paterna. Sembra un principio ovvio e invece era talmente disatteso che è stato necessario inserirlo in una legge, più di 30 anni dopo la riforma del Diritto di Famiglia del 1975. Già questo fatto la dice lunga sulla prevalenza pseudo-dittatoriale della “maternal preference” che aveva inquinato separazioni e divorzi negli anni precedenti.

La 54/06 ha attraversato 12 anni di travagliata gestazione nel corso di 4 legislature. La necessità di garantire ai figli entrambe le figure genitoriali si è sempre scontrata col terrore materno di perdere una posizione dominante e i vantaggi economici che ne derivano, consolidati nei decenni. Negli anni dal 1994 al 2005 si sono tenute centinaia di audizioni del Gotha di diverse discipline, dalla psicologia dell’età evolutiva alla neuropsichiatria infantile, dalla pedagogia alla pediatria e ovviamente una marea di avvocati e intere associazioni forensi. Tutti terribili padri separati? La realtà è che alle contestazioni ideologiche, anche se disinformate (o forse proprio perché disinformate), serve coalizzare le masse inventando un nemico da abbattere: la lobby dei padri separati. Inesistente nei fatti, ma fa tanto “nemico comune” di cui potersi lamentare. Le visionarie che straparlano della potentissima lobby dei padri separati sono state invitate, negli anni, a dimostrare la bufala: sanno citare quali sarebbero i partiti che la fiancheggiano, i parlamentari che scendono in piazza e fanno proclami, i giornali che dalla lobby sono controllati, le agenzie di stampa compiacenti, i fondi pubblici che li finanziano, le campagne istituzionali che li favoriscono? Nessuna ha mai saputo rispondere però, ops… scrivendo mi rendo conto che tutto ciò esiste, eccome se esiste! Ma a ruoli invertiti. Faticosamente la riforma è passata, anche se con pesanti tagli rispetto al progetto originale, ma era il prezzo da pagare per avere i numeri necessari all’approvazione. Sostanzialmente però tutto è rimasto invariato. Gattopardescamente invariato. Prova ne sia che, a partire dall’anno immediatamente successivo (2007) si sono succedute in Parlamento proposte di condiviso bis, per rendere più stringenti principi rimasti solo sulla carta e mai realmente applicati come dimostriamo da 15 anni, e come nel 2016 ha riconosciuto persino l’ISTAT. Proposte tuttavia rimaste a languire nei cassetti e mai approdate in Aula: le priorità della politica sono sempre state altre.

padre uomo affido

“Quelli della PAS”.

Marino Maglietta ha già fatto alcune puntualizzazioni sul falso storico propagandato dalla sig.ra Betti (riportiamo il suo commento in calce all’articolo), ma sono incomplete. Aggiungiamo qualcosina. L’accanimento della sig.ra Betti insiste sugli aspetti economici, «uomini che si erano stufati di pagare il mantenimento e di lasciare la casa alla madre dei loro figli». Altro mantra di oppositori e oppositrici: la bigenitorialità è stata voluta per risparmiare sull’assegno. È falso, secondo la 54/06 il mantenimento alla prole è un diritto inviolabile che viene rispettato ugualmente, solo che vi provvedono entrambi i genitori con rispettive (e sacrosante) assunzioni di responsabilità invece di delegare tutto alla madre che gestisce i due assegni, il proprio e quello dei figli, senza alcuna rendicontazione. Il mantenimento diretto nasce per far si che i figli siano i reali destinatari delle somme versate, cosa che non accadeva, generando malcontento più che giustificato negli obbligati al versamento. La scelta di provvedere direttamente alla prole prende vita con l’obiettivo di far sì che paghino tutti, e lo facciano volentieri. Poi non è cambiato nulla e il mantenimento diretto è rimasto una splendida chimera, nella stragrande maggioranza delle sentenze resta l’assegno gestito da mammà. Visto la famigerata lobby dei padri separati come soccombe rispetto alla lobby vera, quella rosa?

Poi lady Betti affronta da par suo il tema amatissimo della PAS, grimaldello ideologico per attaccare tutto. Attenzione al percorso mentale: parte dalla PAS per poi lamentarsi delle tutele delle quali godrebbero in tribunale i padri inadempienti, inadeguati, maltrattanti, violenti e abusanti, per poi scivolare sul «potere di vita e di morte sui figli» (l’ha scritto davvero!) e concludere con l’immancabile femminicidio. L’esperta di diritti umani non sa, o finge di non sapere, che nei lavori preparatori di quella che poi sarebbe diventata la Legge 54/06 la PAS non compare affatto, né tantomeno il femminicidio che negli anni ’90 sul piano concettuale non esisteva proprio. Veramente non esiste neanche oggi nei quattro codici né come fattispecie autonoma di reato, né come aggravante. Esiste appunto solo come concetto, o meglio come termine esclusivamente mediatico che non ha nulla di giuridico nemmeno nel 2022, ma l’esperta lo vorrebbe elevare a molla ispiratrice della legge sulla bigenitorialità, voluta dai padri separati che lei chiama affettuosamente “quelli della PAS”.

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Legge 54/06: una norma voluta anche da donne di sinistra.

Quanto alla patente maschilista della 54/06 vaneggiata dalla sig.ra Betti, Maglietta ha già risposto citando una serie di parlamentari donne che la hanno sostenuta, elenco al quale aggiungerei Marcella Lucidi prima del 2006 ed Alessandra Gallone dopo. Non sono cose che ho sentito raccontare, io c’ero e ho preso parte attivamente per 12 anni alle audizioni e ad ogni fase propedeutica al varo della riforma sulla bigenitorialità. Non ero il solo, è vero che la proposta iniziale nasce da Marino Maglietta nel 1993, ma già dall’anno successivo sono arrivati all’esame del Legislatore emendamenti e ulteriori proposte firmate da diversi parlamentari ma preparate dal privato sociale: Maurizio Quilici (ISP, Istituto di studi sulla Paternità), Ernesto Emanuele (Famiglie Separate Cristiane), Laura Minniti (ATIA – Ass. Tutela Infanzia e Adolescenza), Giusy Randazzo (ADS – Associazione Donne Separate), Aurelia Passaseo (prima come vicepresidente di Crescere Insieme, poi presidente del CIATDM, Coordinamento Internazionale a Tutela dei Minori) e infine da me, che all’epoca presiedevo la GESEF (Genitori Separati dai Figli), associazione con quattro donne nel direttivo su nove membri: Rizzi, Fratepietro, De Marco, Caronna. Ma per la sig.ra Betti, che di tutto questo non sa nulla, è più semplice estremizzare il concetto hater: è tutta colpa della lobby di padri separati, quelli della PAS.

Il commento di Marino Maglietta all’articolo di Luisa Betti Dakli: «La signora Betti esprime il suo personalissimo parere sulla PAS e sulla violenza e fin qui ci va bene, nulla quaestio. Però pretende anche di raccontare ai lettori come è nato l’affidamento condiviso e su questo infila una serie di gravi infedeltà storiche, oggettivamente dimostrabili, che snaturano completamente l’istituto e il suo senso. E questo è inaccettabile; anche giornalisticamente. Non siamo più nel campo delle opinioni, ma in quello dei falsi storici. L’affidamento condiviso nella prima versione – concettualmente identica alle successive e a quella finale – è stato scritto da me ed è stato depositato alla Camera nel gennaio del 1993, quando non si discuteva né di PAS né di femminicidi. Io sono solo un tecnico, senza agganci di partito, fondatore e attuale presidente di Crescere insieme, una associazione che non ha nulla a che vedere con i padri separati. Non mi riguarda, ma lo aggiungo: la potentissima “lobby dei padri separati” non esiste. Esistono una miriade di piccoli gruppi spesso in polemica tra loro, assolutamente scoordinati. Concludo con le falsità più gravi: affibbiare al condiviso una etichetta maschilista e di destra. Le Parlamentari che l’hanno sostenuto apertamente – mettendoci la faccia – sono innumerevoli. Rammento al volo Giovanna Melandri, Rosa Russo Jervolino, Francesca Chiavacci, Laura Balbo, Livia Turco, Erminia Mazzoni, Carla Mazzuca. Al Senato ne fu relatrice Emanuela Baio Dossi. Tutte reazionarie? Perché la signora Betti non si documenta prima di afferrare la penna? Le farebbe bene leggere la storia della riforma su “L’affidamento condiviso, come è come sarà”, F. Angeli editore, 2010. Un testo che ho scritto io, una firma senza pretese; ma non ha avuto smentite».



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