“Con l’espressione ʿMaschi pentitiʾ si fa riferimento a quei maschi che teorizzano e praticano il pentimento di Genere, quelli che hanno fatto dell’espiazione lo scopo della loro vita e della denigrazione delle creazioni, dei comportamenti, dei sentimenti e delle qualitas maschile una professione”, definizione irrefutabile tratta dal libro Questa metà della Terra (a pag. 336) di Rino Della Vecchia, che però può essere ancora condensata meglio in questo modo: “un maschio pentito è un uomo femminista”. Infatti non c’è alcuna differenza nella loro fede ideologica, cioè la credenza dell’esistenza di un sistema storico e attuale denominato Patriarcato che opprime le donne a vantaggio degli uomini, tra una femminista e un femministo, tranne che per gli effetti che ricadono su entrambi, dovuto alla loro innata essenza differente di femmina e di maschio. Una femminista è sempre una vittima, dunque ha diritto a un risarcimento storico e attuale, che si traduce nei tribunali e nella politica, in discriminazione positiva. Un femministo è un maschio pentito, una persona che deve espiare una colpa, che deve dunque autoflagellarsi e sopportare in silenzio – o magari in giubilo – la discriminazione negativa su di sé.
Di maschi pentiti il mondo è pieno. È inutile, oltre che impossibile, farne un elenco accurato. Valga come semplice esempio patrio il comico Maurizio Crozza al festival di Sanremo 2017 (dal min. 1:46). Come avviene tra le femministe, anche tra gli uomini ci sono i “moderati” e i “radicali”. Questi ultimi sono caratterizzati dal fanatismo del convertito, nulla li distingue meglio dell’estremismo con il quale applicano la loro nuova fede. Più papisti del papa, non riposano nel tentativo di cancellare il loro peccato originale, la loro mascolinità, mediante la magniloquente divinizzazione dell’altra e la denuncia servile di se stessi, tossicamente maschi. Anche in questo caso c’è l’imbarazzo della scelta. Ho scelto le parole di Jake Gyllenhaal perché credo che sintetizzano molto bene il pensiero (dogma di fede) di questi radicali: “credo assolutamente nella superiorità delle donne”. Tra i numerosi maschi pentiti che hanno contribuito allo sviluppo dell’ideologia femminista ho scelto John Stuart Mill (1806-1873). Personaggio che non ha bisogno di presentazioni: filosofo ed economista britannico, è uno dei massimi esponenti del liberalismo e dell’utilitarismo, lo si trova citato in qualsiasi libro di filosofia di scuola superiore. Il suo contributo maggiore al femminismo è stata l’opera del 1869 La servitù delle donne o La soggezione delle donne, a seconda della traduzione, in originale The Subjection of Women, nella traduzione spagnola La esclavitud de la mujer, cioè “schiavitù”. Scegliete voi l’aggettivo più adatto, servitù, soggezione o schiavitù. Per quanto assurdo possa sembrare, il nucleo duro dell’impianto teorico femminista è una creazione dell’Ottocento squisitamente maschile, e John Stuart Mill svolge in questa creazione un ruolo importante.
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Donna non si nasce, lo si diventa.
“La Rivoluzione francese fornì la base ideologica con quattro scritti divenuti celebri: Déclaration des droits de la femme et de la citoyenne (1791) di Olympe de Gouges, Vindication of the Rights of Woman (1792) di Mary Wollstonecraft, Sur l’admission des femmes au droit de cité (1790) di Condorcet, Le partisan de l’égalité politique entre les individus (1793) del deputato montagnardo Guyomar. Due di loro, Condorcet e Olympe de Gouges, furono giustiziati, in cella il primo e sul patibolo la seconda. Parità e simmetria tra i due sessi pervasero l’inizio del movimento, tanto negli scritti, due autori, due autrici, quanto nelle condanne a morte. Non durò. Durante la prima metà del XIX secolo sono i socialisti utopisti uomini (Saint-Simon, Charles Fourier, William Thompson, Pierre Leroux…) a stimolare il femminismo come fenomeno di massa. Avremmo voluto sperare che, essendo il femminismo un’ideologia che riguardava innanzitutto le donne, fossero state loro ad aver fornito la struttura teorica e filosofica. Niente da fare. Il discorso teorico femminista nasce dal pensiero maschile durante la seconda metà del XIX secolo. I lavori di John Stuart Mill (La soggezione delle donne, 1869), di Bachofen (Il matriarcato, 1861), di Marx, di Engels (L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato, 1884) e di August Bebel (La donna e il socialismo, 1883) fornirono la solida base teorico-analitica del movimento. I ranghi di donne femministe succedutisi lungo il XIX secolo furono incapaci di sfornarne alcuna” (La grande menzogna del femminismo, p. 875).
L’opera di John Stuart Mill anticipa molti degli argomenti che svilupperanno più tardi le femministe della seconda ondata. Ecco in seguito in maniera succinta alcuni elementi, i più significativi, del pensiero femminista in La servitù delle donne. 1) Istinto possessivo maschile: “questo regime non ha altra origine che dall’essersi la donna trovata in balìa dell’uomo, fin dai primi giorni della umana società, avendo questo, interesse di possederla e non potendo ella resistergli per l’inferiorità della sua forza muscolare.” 2) Le donne come classe sociale indistinta: “nei primi tempi storici la grande maggioranza del sesso maschile era schiava come la totalità del sesso femminile.” 3) La forza muscolare, motivo dell’oppressione: “la disparità di diritti fra l’uomo e la donna non ha altra origine che la legge del più forte.” 4) Gli uomini come classe sociale indistinta: “Qualunque sia la soddisfazione dell’orgoglio nell’esercizio del potere, e qualunque ne sia l’interesse, questa soddisfazione e questo interesse non sono il privilegio di una classe, essi sono del sesso maschile tutto intero.” 5) La donna schiava: “Gli uomini non s’appagano dell’obbedienza delle donne. Essi si arrogano un diritto anche sui loro sentimenti. Tutti, i più brutali eccettuati, vogliono avere nella donna che è loro strettamente unita, non una schiava soltanto, ma una favorita.” 6) Costruzione maschile dell’eterno femminino, donne inconsapevoli innocenti (cioè donne stupide): “Una volta possessori di questo poderoso mezzo d’influenza sullo spirito delle donne, gli uomini se ne sono serviti con un egoismo istintivo, come del mezzo supremo di tenerle soggette. Essi insegnano loro essere la debolezza, l’abnegazione, l’abdicazione di tutte le loro volontà nelle mani dell’uomo.” 7) Donna non si nasce, lo si diventa; ideologia di genere: “ciò che si chiama oggi la natura della donna è un prodotto eminentemente artificiale.”
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Questi sono i piani educativi delle scuole del mondo libero occidentale.
8) Denigrazione/inferiorità maschile: “gli uomini, coll’incapacità di riconoscere l’opera propria che caratterizza gli spiriti inetti all’analisi, si figurano senz’altro, che la pianta cresca spontaneamente in quella maniera colla quale la si fa crescere.” 9) Istituzione del matrimonio: “È necessario che le donne si maritino e facciano figli. Esse non lo farebbero se non vi fossero forzate. Dunque bisogna forzarle.” 10) Esclusione delle donne dalle “alte funzioni”, cioè dai posti del potere (nessun lamento per poter andare a lavorare in miniera o a morire in guerra): “escluse dalla professione medica, dal foro, o dal parlamento”; “le alte funzioni sociali sono chiuse .” 11) Superiorità morale delle donne, influenza femminile nel bene del mondo (in perfetta contraddizione con l’influenza femminile nel male del mondo, che non esisteva perché secondo l’analisi preliminare le donne erano schiave e spossessate da qualsiasi potere di influenza sull’uomo): “l’influenza morale delle donne si è manifestata in due diverse maniere. In prima addolcendo i costumi. Le persone più esposte a divenir vittime della violenza hanno naturalmente fatti tutti gli sforzi per moderarne gli eccessi”; “le donne sono ausiliarii possenti della virtù e spingono sovente i mariti ed i figli ad atti d’abnegazione dei quali essi non sarebbero da soli capaci.” 12) Parzialità nel giudizio e invisibilità della sofferenza maschile, Stuart Mill adopera questo esempio per illustrare la condizione delle donne nel matrimonio: “Un altro esempio che calza egualmente a capello, è l’arrolamento forzato dei marinai che si giudicava assolutamente necessario per la difesa del paese. ʻAccade spesso, si diceva, ch’essi non vogliono arrolarsi volontariamente, dunque è necessario che noi abbiamo il potere di forzarliʼ.” In pratica, dopo aver scritto un libro sull’oppressione delle donne, allo scopo di spiegare in maniera più chiara e comprensibile ai lettori la sofferenza delle donne per “l’ingiustizia” dell’istituzione del matrimonio, Stuart Mill non ha trovato miglior modo che quello di paragonarla ad una ingiustizia e una sofferenza, maschile, reale e tangibile, comprensibili a tutti, e che non ha bisogno di altri paragoni. Meraviglioso.
Un’ultima riflessione. Ho già menzionato che potete trovare John Stuart Mill in tutti i libri di filosofia di scuola superiore, e molto probabilmente troverete citato anche il suo libro La soggezione delle donne, magari accompagnato da una sezione di approfondimento sulla condizione e la sofferenza delle donne e bla bla bla. Nel 1908 il filosofo socialista Ernest Belfort Bax (1854-1926) pubblicò La soggezione legale degli uomini (The Legal Subjection of Men), una risposta al saggio di Stuart Mill. Una visione capovolta, e parimenti plausibile, della condizione e la sofferenza dell’uomo. Al contrario de La soggezione delle donne, quest’opera, assieme ad altre dello stesso autore che trattano sulla questione maschile, non viene citata né sui libri di filosofia di scuola superiore, né sui libri di storiografia di genere, malgrado questi pretendano di indagare le condizioni di donne e uomini. Il libro non viene menzionato, nemmeno per confutare le tesi contenute. Non viene menzionato e basta. Perché? Semplice. Così facendo si omologa il pensiero, si occulta l’esistenza di una narrazione plausibile e diversa. Quello che non si nomina non esiste. Quindi, la sofferenza maschile non esiste. Questi sono i piani educativi delle scuole del mondo libero occidentale.