Chi ci segue avrà notato che abbiamo dedicato l’ultima settimana al fenomeno del “femminicidio” con un approfondimento mai realizzato in precedenza. Si è partiti venerdì scorso con un articolo dedicato a Michela Murgia contenente un dibattito simulato tra la stessa scrittrice sarda e il nostro Davide Stasi. Ci siamo intromessi nel video della Murgia per demistificare i concetti distorti con cui presentava l’Osservatorio sul femminicidio inaugurato dal quotidiano “La Repubblica”, uno dei più autorevoli del paese, e che pure non ha esitato, nell’elencare i “femminicidi” del 2020, a gonfiare le cifre infilando casi che con il “femminicidio” non c’entrano nulla. Lì è intervenuto il nostro Fabio Nestola che, con un lavoro certosino, si è spulciato gli elenchi, individuando ben 37 delitti inseriti in sovrappiù. La sua analisi di dettaglio può essere letta nella quadrilogia di articoli pubblicati questa settimana (1, 2, 3, 4). La nostra monografia sulle falsificazioni riguardanti il “femminicidio” tocca l’apice oggi, con la più volte annunciata analisi di dettaglio del “Report sugli omicidi in Italia”, pubblicato dall’ISTAT il 5 febbraio scorso.
Riteniamo opportuno commentarlo perché forse la manipolazione dei dati da parte dell’Istituto non è mai stata sfacciata come in questo caso, tanto da poter ascrivere il report all’interno di una strategia globale, di cui anche l’Osservatorio di Repubblica fa parte integrante. Quale sia l’obiettivo di questa strategia l’abbiamo in buona parte già spiegato in precedenza, ma ora, scorrendo le pagine della relazione dell’ISTAT, appare ancora più chiaro: portare alle estreme conseguenze il processo di vittimizzazione preconcetta delle donne e criminalizzazione altrettanto preconcetta degli uomini. Ciò, oltre a consentire a Linda Laura Sabbadini (dirigente ISTAT) di presentarsi al “Women 20“, che è stata chiamata a presiedere, con i dati di un paese orrendamente misogino, crea il contesto socio-culturale adeguato ad accogliere con favore ogni altra politica che favorisca il genere che si asserisce essere “perseguitato” e reprima il genere additato quale “persecutore”. Nel concreto questo significa nuove leggi e leggine cosparse di corsie preferenziali e quote rosa per le une, nuovi reati e inasprimento delle pene per gli altri, ma soprattutto significa arrogarsi la titolarità di una fetta consistente di quel Recovery Fund da cui pare dipendere la sopravvivenza del Paese, e da cui in realtà dipende la prosperità di un gran numero di lobby. Tra queste, quella femminista nazionale con le sue associazioni, centri, comitati, e politici al seguito, in quella grande pappatoia che da tempo noi chiamiamo “Femministopoli” e che chissà se verrà mai scoperchiata.
Stiamo per svelarvi quanto sfacciatamente vi stanno prendendo per il naso.
Operazioni come quelle dell’Osservatorio di Repubblica, frutto del patto d’acciaio tra la corporate rosa e i mass media mainstream, rappresentano un’opzione sicura su quella montagna di denaro e privilegi. Ma niente più della “benedizione” dell’ISTAT legittima, da sempre, decisioni preferenziali per un genere e penalizzanti per l’altro. E anche in questo caso sussiste un altro patto d’acciaio: il report sugli omicidi in Italia si muove infatti sulla falsariga ideologica dettata da Michela Murgia, orientata a definire qualunque fatto o atto di disturbo anche minimo per le donne come un “femminicidio”. L’ISTAT obbedisce: nel suo report pasticcia volutamente quando deve parlare di “femminicidio”, adotta una definizione e il suo contrario, per poi proporre e proporsi di utilizzare una formula onnicomprensiva che consenta di presentare dati ingigantiti. La mano della Murgia che ha ghermito il Gruppo GEDI tramite Giuseppe Giulietti, ha insomma a nostro avviso raggiunto anche l’ISTAT tramite la reinstallata iperfemminista Linda Laura Sabbadini. Quale sia l’esito, in termini mediatici, di queste alleanze infernali, lo riscontrate ogni giorno sui media e, se fate mente locale, lo ricorderete risalendo a quei titoli di una ventina di giorni fa che commentavano il report ISTAT sugli omicidi secondo una formula univoca: «omicidi in calo, Italia paese più sicuro d’Europa. Tranne che per le donne».
Su quella formula tutto l’apparato comunicativo e informativo nazionale si è adeguato, schiacciando una palla magistralmente alzata dall’ISTAT che, insieme a un lungo e noioso report (di quelli che i giornalisti non ci pensano minimamente a leggere), ha fornito un’infografica sintetica. Quella è diventata la fonte unica di tutte le testate giornalistiche, le cui notizie in merito infatti sono tutte uguali. E così a fare il lavoro serio del giornalista dobbiamo pensare noi, sciroppandoci tutte e 19 le pagine della relazione ISTAT, con la loro ampia farcitura di mistificazioni e trappolette che anche uno studente di statistica al primo anno riuscirebbe a svelare al primo colpo. Illustrarvi cosa abbiamo trovato nel report dell’ISTAT in un articolo non è pensabile, dunque abbiamo ritenuto utile realizzare un video dove i nostri Fabio Nestola e Davide Stasi scorrono il report stesso e lo commentano nei suoi punti salienti (potete seguirlo insieme a loro usando la versione con le evidenziature scaricabile qui). Non è un video breve: 19 pagine di dati ideologicamente orientati sono tante da commentare. Ci spiace, ma l’informazione seria richiede tempo e concentrazione. Si pensi che la versione originale del video durava quasi due ore: quella qui postata è frutto di una sintesi. Se volete qualcosa di più leggero, accendete la TV o guardatevi il video di qualche youtuber che “fa” l’antifemminista. Se invece volete cercare la verità insieme a noi, armatevi di pazienza e interesse. Quanto meno perché stiamo per svelarvi quanto sfacciatamente vi stanno prendendo per il naso.
Donne ammazzate due volte: dal carnefice e da chi ne strumentalizza la morte.
Un’ultima notazione, prima di introdurre il video e lasciare la parola ai nostri analisti. Siamo stati criticati, talora anche aspramente, per aver proseguito nella nostra settimana monografica sulle falsificazioni legate al “femminicidio”, nonostante siano avvenuti nei giorni scorsi alcuni orribili fatti delittuosi che hanno visto donne vittime di autori uomini. Per alcuni sarebbe stato opportuno che interrompessimo la sequenza di articoli. Per noi no. Le bugie restano bugie, e non sono certo alcuni terribili ma rari fatti di cronaca, amplificati oltre modo dalla grancassa mediatica, a trasformarle in verità. Se ci assumiamo il compito di demistificare le menzogne e di andare alla ricerca della verità, ebbene lo assolviamo fino alla fine, anche per rispetto verso quelle vittime sui cui cadaveri voraci gruppi di potere, che prosperano sulla falsificazione e il conflitto, impiantano e fanno crescere grandi interessi. Abbiamo proseguito e proseguiremo anche per quelle donne ammazzate due volte, prima dal loro carnefice, poi da chi ne strumentalizza la morte per scopi di bottega. Detto questo, potete lasciarvi ora accompagnare da Fabio Nestola e Davide Stasi all’interno della cupa foresta piena di insidie del report ISTAT sugli omicidi in Italia.