Kasey Anderson era un ragazzo di soli 24 anni quando la sua compagna, Natalie Bennett, ha preso un coltello e gliel’ha piantato nel cuore. La scorsa settimana la sua famiglia e i suoi amici hanno commemorato la sua tragica e prematura morte. Sua sorella Molly ha tristemente raccontato: «Una volta che ti amava, lo faceva con tutto il cuore», commentando il rifiuto del tribunale UK a ridurre la pena di diciott’anni di carcere per l’assassina. Per anni, il sistema giuridico inglese è stato considerato come un modello di equità e giusto processo. Ma l’equità è stata ribaltata dagli attivisti di genere che cercano di mettere a tacere i loro critici e costringere la scienza a inginocchiarsi all’ideologia femminista. Centinaia di studi condotti nel Regno Unito e altrove confermano che la violenza domestica è un problema di pari opportunità, con le donne che hanno la stessa probabilità degli uomini di essere abusanti, ma l’ideologia femminista sostiene che solo gli uomini possono commettere abusi da parte del partner e che le donne non mentono mai.
La campagna femminista per distruggere il giusto processo e le indagini imparziali in UK può essere fatta risalire al 2014, quando un rapporto dell’Ispettorato di Constabulary ha dichiarato: «La presunzione che la vittima dovrebbe sempre essere creduta dovrebbe essere istituzionalizzata». Con quell’editto, l’ormai secolare principio della presunzione d’innocenza era stato rovesciato. Un po’ quello che si sta tentando di fare anche qui, tra “linee guida” nelle procure e “libri bianchi” nei ministeri. Nello stesso anno, Margaret Wente ha pubblicato un articolo su The Globe and Mail sul problema della misandria, in riferimento al dilagante disprezzo o ai pregiudizi radicati contro gli uomini. «C’è un nucleo duro di misandria e cultura delle vittime nel femminismo moderno che è profondamente inquietante», rifletteva Wente. Ma le femministe, mai innamorate degli ideali della libertà di parola, hanno decretato che le affermazioni riguardanti la “misandria” sono off limits, da censurarsi. Le femministe hanno poi cercato di ingraziarsi tre gruppi chiave: i politici liberali, i mass media e i comitati per le vittime, facendo pressioni l’esistenza di vittime maschili passi sotto silenzio. Quando le persone hanno messo in discussione il loro approccio unilaterale, la risposta femminista è stata quella di raddoppiare e accusare i loro critici di essere “misogini”.

Queste tattiche sono meglio esemplificate da Claire Waxman, che è stata nominata nel 2017 come primo commissario per la vittime per la città di Londra. Una volta in carica, Waxman non ha fatto alcun tentativo di nascondere il suo pregiudizio. In un articolo del 2021 su The Guardian, Waxman non ha esitato, di fronte ad alcune critiche, a fare questa affermazione implausibile: «Ho ricevuto un’enorme quantità di abusi che ha alla radice la misoginia, persone che stanno cercando di creare una guerra di genere». Il tutto ovviamente senza mai citare un caso concreto.
Una volta che le vittime maschili sono state dichiarate persone non grata e i loro sostenitori diffamati come “misogini”, le femministe hanno deciso di far avanzare l’epiteto più infuocato di tutti: “mascolinità tossica”, cioè l’idea odiosa che la mascolinità e gli uomini stessi sono cattivi per natura. La teoria della “mascolinità tossica” si è diffusa al punto che in UK il Family Education Trust ha recentemente riferito che quasi un terzo delle scuole secondarie inglesi sta insegnando l’argomento nelle lezioni obbligatorie di “Relazioni o educazione sanitaria”. Sì, proprio quelle che dalle nostre parti vengono chiamate “lezioni di affettività”, proprio quelle. In un recente discorso al World Economic Forum, il presidente argentino Javier Milei ha rivelato che il femminismo è diventato una «distorsione del concetto di uguaglianza». Eppure, lui stesso ha fatto notare, «se si sollevano questi punti nei media o anche a questo Forum, si è considerati misogini». Falsificazione, denigrazione e diffamazione: queste sono le tattiche che le femministe usano per minare e infine sottomettere la democrazia.