Scrive Simone de Beauvoir ne Il secondo sesso: «spesso nel desiderio c’è un impeto che sembra sfidare il tempo; nell’istante in cui vuole una donna, la vuole con passione, non vuole che lei: e, certamente, l’istante è un assoluto, ma un assoluto di un istante. Ingannata, la donna crede che questo sia eterno. Divinizzata dall’amplesso del maschio, crede di essere stata sempre divina e destinata al dio: lei sola. Ma il desiderio maschile è tanto imperioso quanto passeggero; una volta soddisfatto, muore abbastanza presto, mentre, nella maggior parte dei casi, la donna diventa una prigioniera dopo l’amore. […] E se l’uomo rimane a lungo attaccato alla donna, questo non significa ancora che ella gli sia necessaria. Tuttavia è questo che lei pretende: la sua abdicazione la salva solo a condizione che le restituisca il suo dominio; non si può sfuggire al gioco della reciprocità. […] Molto spesso lei si aggrappa alla menzogna. […] in malafede, scambia il desiderio con l’amore, l’erezione col desiderio, l’amore con la religione. Spinge l’uomo a mentirle: mi ami? Come ieri? Mi amerai sempre? Astutamente, ella rivolge queste domande nel momento in cui manca il tempo per dare alle risposte le sfumature e la sincerità necessarie, o le circostanze non lo permettono; è durante l’amplesso amoroso, alla fine di una convalescenza, tra i singhiozzi o sulla banchina di una stazione che lei interroga imperiosamente; considera un trofeo delle risposte strappate a fatica; e, in mancanza di risposte, fa parlare il silenzio; ogni donna veramente innamorata è più o meno paranoica».
Pur detto in maniera diversa, il filosofo Arthur Schopenhauer aveva già scritto qualcosa di simile: «noi tutti viviamo, per lo meno per un certo tempo, di solito però sempre, nella poligamia. Siccome, dunque, ogni maschio ha bisogno di parecchie femmine, nulla è più giusto che consentirgli, anzi imporgli di mantenere molte donne». Altre citazioni simili di scrittori e pensatori possono essere menzionate. Per tutti loro uomini e donne si approcciano al sesso in maniera diversa, realtà incontrovertibile e nota a tutti, anche a Simone de Beauvoir, almeno finché le femministe radicali della seconda ondata non decisero di contestarla. Nell’ambito sessuale ci sono due universi diversi, uno maschile e uno femminile; a volte combaciano e a volte sono in rotta di collisione. Le femministe radicali negarono l’esistenza naturale di questi due universi. Secondo loro, questi due universi erano il risultato di una costruzione patriarcale secolare, avevano un’origine culturale e potevano, e dovevano, essere modificati. C’era a dir loro un universo sessuale violento, malsano, tenebroso, quello maschile, che doveva essere contenuto, rieducato e omologato all’altro universo, che risultava essere sano, salutare, affabile. Bisognava reindirizzare uomini e donne verso un solo modo di approcciarsi al sesso, quello femminile, quello giusto. «I rapporti sessuali etero sono la pura, formalizzata espressione di disprezzo per il corpo delle donne», sosteneva Andrea Dworkin. «Quando una donna raggiunge l’orgasmo con un uomo, sta solo collaborando con il sistema patriarcale, erotizzando la propria oppressione», afferma invece Sheila Jeffreys.
La pulsione maschile da contenere.
In questa intervista viene chiesto all’esponente femminista Catharine MacKinnon sull’atto eterosessuale: «Quello che hai detto non rende problematico qualsiasi atto eterosessuale? “Rende problematico quelli che si verificano in condizioni di disuguaglianza sessuale, sì.” Ma lo fanno tutti, non è così? Certamente, secondo la filosofia di MacKinnon. “In un certo senso strutturale. Nello stesso modo in cui, diciamo, fanno le amicizie tra neri e bianchi in società razziste”». E come è notorio che tutte le società sono patriarcali, nessuna ha ancora raggiunto l’eguaglianza tra i sessi, qualsiasi atto eterosessuale diventa dunque problematico. Susan Brownmiller ammonisce che «lo stupro non è altro che un mezzo di intimidazione consapevole mediante il quale tutti gli uomini mantengono tutte le donne in uno stato di timore». Il femminismo mise in discussione il mito dell’orgasmo vaginale, mito creato dal patriarcato al servizio degli uomini, e scoprì il piacere clitorideo in testi ormai considerati dei classici della letteratura femminista della seconda ondata come Myth of the Vaginal Orgasm (1968) di Anne Koedt o La donna clitoridea e la donna vaginale (1971) di Carla Lonzi. Penso che questi pochi esempi – molti altri possono essere elencati – possano bastare ad illuminare sulla marcata visione negativa che le femministe hanno dell’universo sessuale maschile, un’ostilità che si sono date da fare per diffondere nel mondo.
La sessualità femminile invece è tutta un’altra cosa, su questo particolare sostiene Elizabeth Blackwell, femminista della prima ondata: «A differenza degli uomini, il piacere sessuale delle donne non è legato “principalmente all’atto del coito”, ma a cose di ordine superiore. Cos’è che spinge la sessualità mentale delle donne ad essere l’avanguardia morale della civiltà? “Il puro sentimento della maternità… l’attitudine speciale conferita alle donne dal potere della maternità… l’accresciuta intelligenza delle madri che saranno accolte come le più brillanti campionesse della rigenerazione sessuale”» (tratto da Making Sex di Thomas Laqueur). E con la rigenerazione sessuale arriva la rigenerazione sociale. La pulsione sessuale maschile – in realtà, la natura maschile tout court – è animalesca, quella femminile è diversa, superiore, verità che proclamano tanto dalle femministe della prima ondata come quelle delle ondate successive. Nel romanzo Nanà lo scrittore Emile Zola descrive efficacemente il mistero dell’attrazione sessuale per l’uomo attraverso un bambino che diventa adolescente: «Tutto d’un tratto, nel bambino di indole buona la donna si rivelava, una donna inquietante, con tutta la follia impulsiva del suo sesso, aprendo le porte del mondo sconosciuto del desiderio. Nanà era ancora sorridente, ma con il sorriso mortale di un mostro…». Secondo le femministe, questa pulsione maschile, descritta da Zola, sarebbe culturale, e quindi da contenere e modificare.
Il “diritto al piacere”.
Negli anni ’60 la pillola, le tecniche contraccettive, l’aborto, hanno rivoluzionato la sessualità femminile. Per secoli le donne cristiane, prima di andare a letto con i loro mariti, pregavano di non ingravidarsi, ad esempio questa giaculatoria spagnola recita: “San José, tú que tuviste sin hacer / haz que yo haga sin tener” (San Giuseppe, tu che hai avuto senza fare, fa che io faccia senza avere). La verginità, in breve tempo, è passata dall’essere considerata una virtù, un valore e una condizione da essere preservata fino a quando la donna non trovava l’uomo che avrebbe condiviso la vita con lei, a diventare qualcosa che dovrebbe essere persa al più presto e con chiunque, quando non addirittura, come sostengono molte femministe, qualcosa che non esiste. Per le donne, la pillola ha cambiato tutto, è cambiato il loro approccio al sesso, la relazione con gli uomini e il modo di porsi nel mondo. «C’è il diritto al piacere», ecco l’attuale manifesto femminista che proclama l’articolo intitolato Sesso hard, sorellanza e corpi senza Photoshop: un’ora da soli con le protagoniste di “Zoccole”. L’articolo presenta la nuova serie TV spagnola intitolata Zoccole, adattamento del primo romanzo della Trilogia delle donne libere della scrittrice Noemí Casquet. (Il primo romanzo è intitolato, per l’appunto, Zoccole; il secondo, Cattive; il terzo e ultimo Libere. Trovo molto significativi i nomi scelti per i romanzi, il vincolo che un certo femminismo stabilisce tra zoccole, cattive e libere. La Trilogia delle “donne libere”, cioè zoccole e cattive, non c’è altro modo per una donna di essere libera per la corrente femminista dominante. Abbiamo già parlato in un intervento precedente sul «diritto alla malvagità», sull’inverno demografico come conseguenza dell’indottrinamento femminista). Secondo l’articolo «Queste donne [zoccole, cattive e libere] sono donne vere, che parlano male. In sostanza sono tre donne che non hanno bisogno di nessuno, nemmeno tra di loro. […] Magari tutti noi a 14 anni avessimo avuto un riferimento come questo». «La cosa davvero rivoluzionaria è guardare negli occhi le ragazze di 15 anni e dire loro: “Tesoro, meriti quello che vuoi». I capricci, il desiderio, la voluttà femminile divinizzata. Dopo ci si chiede come mai la società è quella che è, come mai nel mondo occidentale non si formano più famiglie e non nascono più bambini.
È interessante notare il modo entusiastico nel quale spesso i media affrontano l’argomento del sesso femminile, liberatorio, e come parlano invece molto criticamente quando si tratta di sesso maschile. «C’è il diritto al piacere», ma è un diritto tutto al femminile. È sbagliato quindi rispondere in maniera univoca alla domanda “il sesso è un diritto?”, in quanto si tratta di due universi sessuali diversi, due realtà diverse con i propri bisogni e le proprie specificità. A questa domanda bisogna per forza dare due risposte, perché se per le donne è un attimo proclamare «il diritto al piacere», che possono raggiungere senza grosse difficoltà interagendo con gli uomini, per gli uomini il discorso è molto più complesso. Le femministe hanno già risposto in maniera affermativa per le donne, ora deve essere riformulata agli uomini perché anche loro possano dare una risposta. Noemí Casquet, l’autrice della trilogia, aggiunge inoltre che «il sesso non è svago, il sesso è salute». In effetti, il sesso non è solo svago, riguarda anche la salute, anche quella maschile. Una vita sessuale insoddisfacente fa male alla salute. La moralizzazione sociale e le normative proibizioniste che rendono la vita sessuale maschile insoddisfacente sono un attacco frontale alla salute maschile. Dare una risposta maschile a questa domanda significa tutelare la salute maschile. (Continua domenica prossima).