Nella nota leggenda cinese di Meng Jiang Nü, della quale ho parlato la settimana scorsa, le lacrime di lei fecero crollare la Grande Muraglia cinese. “Potere acqueo” lo definì Adler, arma capace di “ridurre gli altri in condizione di schiavitù”. Il pianto merita un intervento. Uno studio pubblicato dalla Società tedesca di Oftalmologia ci informa che le donne versano lacrime 4 volte di più degli uomini e piangono 11 volte di più. Il 6% degli uomini piange rispetto al 65% delle donne. E lo fanno per più tempo, di media 6 minuti, rispetto a meno di 4 degli uomini. Lo studio ci informa inoltre che “gli effetti delle lacrime femminili sono più drammatici e commoventi”. “Quando le donne piangono possono suscitare autentico dolore cerebrale negli uomini”, ha affermato la neuropsichiatra Louann Brizendine (El celebro masculino, cap. La virilidad: la vida emocional del hombre, p. 116). Nulla di nuovo, cose che già sapevamo o sospettavamo. Particolarmente interessanti invece sono i motivi. Trascrivo: “le donne piangono quando pensano di avere troppi difetti, si trovano davanti a conflitti di difficile soluzione o rammentano tempi passati. Gli uomini invece piangono più per compassione, ad esempio al cinema, o quando la propria relazione sentimentale finisce in un fallimento”.
In altre parole e in maniera sommaria: 1) gli uomini piangono per compassione; 2) il pianto delle donne risulta agli uomini specialmente doloroso; 3) le donne versano lacrime e scoppiano in singhiozzi molto più frequentemente degli uomini. Questi fatti combinati tra di loro riescono forse a spiegare alcuni comportamenti asimmetrici che spesso uomini e donne mettono in atto. Primo, perché gli uomini sono più disposti a salvare le donne o a sacrificarsi per loro, anche a rischio della propria vita, di quanto siano disposte le donne a salvare o a sacrificarsi per gli uomini (tranne nelle relazioni madre-figlio)? Secondo, perché le donne tendono a vittimizzarsi e a lamentarsi di più, non di rado scoppiando in lacrime? Terzo, perché il fenomeno delle false denunce è prevalentemente associato all’universo femminile? Quali condizioni fanno diventare una falsa denuncia credibile (su questo punto è da notare come molte delle denunce di aggressione sessuale, che si dimostrano successivamente false, presentano un pattern molto simile: denuncia con pianto, in lacrime, sia per strada, a casa o in questura)? Perché le donne raramente lamentano false denunce a carico degli uomini? Perché le femministe, tra le numerosissime accuse sollevate al mondo maschile, non sollevano quella delle false denunce?
Le origini delle teatralità o dell’empatia del pianto.
Quarto, perché gli uomini si suicidano di più? Tra i molteplici motivi, ad esempio, la difficoltà maschile a esprimere la propria sofferenza o l’indifferenza che provoca comunque questa sofferenza, quando viene esternata, nel prossimo, indifferentemente siano uomini o donne. Su questo punto sarebbe interessante valutare l’influenza che può avere l’ambito medico in questa asimmetrica considerazione della sofferenza. La maggior propensione al pianto delle donne e la compassione che questo pianto femminile suscita, possono motivare nel corpo medico diagnosi più rapide e accurate, ad esempio di depressione grave, rispetto agli uomini. Vale a dire, è molto probabile che, dovuto ai fatti sopra esposti certe problematiche e malattie mentali maschili siano sotto-diagnosticate, al contrario di quelle che patirebbero le donne che sarebbero sovra-diagnosticate. Questo forse potrebbe spiegare il paradosso del numero nettamente più elevato di suicidi maschili malgrado siano principalmente le donne quelle diagnosticate di depressione e ansietà. Per concludere, la soggezione affettiva che hanno gli uomini nei confronti delle donne si manifesta chiaramente di fronte ai fallimenti amorosi. L’uomo piange e si suicida più frequentemente per questo motivo. Secondo l’antropologa Helen Fisher, nella sua opera Perché amiamo: Natura e Chimica dell’amore romantico, “la probabilità per gli uomini di commettere suicidio quando una relazione sentimentale si disintegra è tre o quattro volte superiore a quella delle donne”.
Dai dati dello studio possiamo concludere che risulta azzardato continuare a insistere sul luogo comune che le donne siano più empatiche, meno egoiste e si sacrifichino più degli uomini per gli altri. Una credenza che a mio avviso sarebbe ingeneroso addebitare al femminismo, anche se le femministe la coltivano volentieri. Esiste nell’anima umana il vizio (innato?) di associare la bellezza e la debolezza al concetto di bontà, e il pianto a quello di maggior empatia e sofferenza. La bellezza e l’impressione di innocuità fanno leva sui nostri sentimenti e spesso sono alla base dell’accettazione o della giustificazione di idee o di atti riprovevoli – e qui possiamo includere l’accettazione in maniera acritica dell’ideologia femminista. Se la bellezza non basta da sola, si aggiunge il pianto. La teatralità di un pianto sconsolato è, appunto, teatralità, che nulla dice sulla vera origine di quelle lacrime, provocate forse dal dolore per se stessi, per la propria affranta infelicità, dunque un pianto egoistico, o forse dal dolore per l’altro, per la sofferenza altrui, dunque un pianto compassionevole ed empatico.