Pubblicato alle 9.30. Modificato alle 15.30.
Tra ieri e l’altro ieri è successo un vero parapiglia in quella parte di dibattito pubblico che si occupa di relazioni di genere. A scatenarlo è un articolo dell’altro ieri del Sole 24 Ore (ancora integralmente leggibile qui), giornale noto a tutti per la sua adesione acritica alla versione femminista della realtà: gli uomini tutti carnefici, le donne tutte vittime, con corredo costante di dati o farlocchi (con fonte la rete dei centri antiviolenza) o interpretati in modo distorto (ISTAT, Polizia di Stato e altri). Molti dunque hanno fatto tanto d’occhi vedendo le pagine rosa pubblicare un articolo intitolato: «Uomini che uccidono le donne, ma anche viceversa. Il “maschicidio” in Italia e i suoi numeri». Di cosa dicesse l’articolo ne parleremo tra poco, per ora diciamo solo che prendeva spunto dalle riflessioni ed elaborazioni di Barbara Benedettelli. Alla sua pubblicazione è seguita una tempesta di proteste terrificanti da parte di tutto il mondo femminista, inferocito e preoccupato che un giornale tanto importante gli andasse a rompere il giochino che garantisce loro così tanto potere e un così grande giro di soldi.
Preso dal panico, il Sole 24 Ore pubblica una nota dove si rassicurano lettori e lettrici di aver “aggiornato” l’articolo in questione, aggiungendovi ulteriori dati a correzione di quelli forniti dalla Benedettelli, «che proponevano una lettura del fenomeno non corretta». Una toppa peggio del buco: facendo marcia indietro, quelli del Sole danno a se stessi dei fessi, avendo utilizzato dati a loro dire “non corretti”, nel contempo arrotano la persona usata come fonte, Barbara Benedettelli, dandole pubblicamente e implicitamente della cretina, e in sovrappiù vanno a correggere, come un foglio di regime qualunque, un articolo già scritto, invece di pubblicarne uno contenente eventuali controdeduzioni. Che poi comunque arriva, il giorno dopo. Il tempo di schierare un paio di stagiaire di redazione che mettano insieme un po’ di comunicati stampa delle associazioni appartenenti all’Antiviolenza Srl, per confezionare un articolo “riparatore” pieno di strumentalizzazioni, inesattezze e mistificazioni. Propaganda da quattro soldi, tutta da noi demistificata da tempo (non mettiamo link, sarebbe troppo lungo, cercate voi tra gli articoli con tag “statistiche”), ma che viene ribollita e ripresentata regolarmente, specie in momenti critici come quelli che l’articolo iniziale aveva creato.
L’ennesima shitstorm fascio-sovietica in salsa rosa-mafiosa.
Il Sole 24 Ore è stato quindi subissato di pressioni potentissime. Perché si rimangiasse clamorosamente quanto pubblicato, Ro$a No$tra si è mossa ai massimi livelli, con una potenza di fuoco paragonabile soltanto a quella dei regimi totalitari. Troppo c’è in gioco per lasciare che un media mainstream lasci trapelare un altro versante della verità, magari assai vicino alla verità. Ecco allora che si muove il panzer del coordinamento nazionale dei centri antiviolenza, ossia D.I.Re., che per voce della sua presidentissima piazza subito il Sole 24 Ore sul banco degli imputati, con condanna ovviamente già emessa. Nani e ballerine di contorno aiutano il coro indignato prima, soddisfatto poi, come gerarchi qualunque di una qualunque dittatura, quando il quotidiano sbatte i tacchi e fa la sua marcia indietro. Si tratta però di gente a cui non basta soltanto vincere giocando sporco: l’avversario lo devono schiacciare, spappolare, polverizza, umiliare, vilipendere. Così, ridotto all’obbedienza il giornale, l’attacco diventa una shitstorm gigantesca contro Barbara Benedettelli, aggredita sui social comme il faut, secondo le procedure solite: troll e flame, flame e troll, senza soluzione di continuità, con tanto di liste di proscrizione. Incitati dalle varie maestre di non-pensiero, profili con 5 o 6 follower si accaniscono in sequenza sulla Benedettelli, che prova a calmare le acque proponendo un confronto con una delle sottuficialesse dell’esercito aggressore, Nadia Somma, che risponde democraticamente bloccando l’interlocutrice. Il tutto si conclude con la Benedettelli che ventila querele per diffamazione e invia una diffida legale al Sole 24 Ore.
E fa bene, perché l’articolo iniziale del Sole 24 Ore, nel presentare le sue tesi, alla fine è un articolo sensato, salvo i dati statistici pasticciati. Oltre ai quali ci sono due grossi errori, derivati proprio dalle teorie della Benedettelli. Che abbiamo sempre ammirato per il suo lavoro, pur contestandole apertamente due punti per noi chiave: il primo riguarda il fatto che secondo noi è profondamente sbagliato usare il termine “maschicidio”, per un numero importante di ragioni. Anzitutto perché sembra voler “rendere pan per focaccia” rispetto al “femminicidio”, con ciò indebolendo la realtà sacrosanta che vorrebbe illustrare. Poi perché, semplicemente, non esiste, esattamente come non esiste il “femminicidio”. Nessuna donna viene uccisa in quanto donna e allo stesso modo nessun uomo viene ucciso in quanto uomo. Esistono gli omicidi con i loro moventi, quelli sì purtroppo. Tutto il resto è fuffa a cui un’analista seria non dovrebbe allinearsi. Secondo errore del pensiero della Benedettelli, ripreso dall’articolo, riguarda la chiave di lettura che dà della “Convenzione di Istanbul”, asserendo che essa tuteli anche gli uomini. Il che è molto vagamente vero, e solo sulla carta. In realtà, la prospettiva storico-internazionale in cui la corbelleria d’Istanbul si colloca è apertamente orientata alla criminalizzazione dell’uomo e alla vittimizzazione della donna, espediente ideologico che ha aperto le porte al regime che oggi costringe un grande quotidiano a “rimangiarsi” un buon articolo e sottopone una eccellente ricercatrice all’ennesima shitstorm fascio-sovietica in salsa rosa-mafiosa.
Noi ci siamo. Voi?
La domanda ora è: che c’è di strano in quanto accaduto? Spiacenti di dover dire: niente. Niente che non sapessimo già, nulla che non avessimo già previsto e illustrato da anni, e in pare pure vissuto sulla nostra pelle, sia per le modalità con cui è avvenuto, sia per il carico di falsificazione che ha comportato. A costo di sminuire la vicenda, ci pare siano soltanto due gli aspetti sorprendenti. Il primo è il ruolo di Giulio Peroni, l’autore della prima versione dell’articolo. Contro di lui non sono mancati i richiami da parte di qualche “generalessa” ai meravigliosi corsi di falsificazione e indottrinamneto femministi destinati ai giornalisti e a cui Peroni, apparentemente un novello Winston Smith, avrebbe disobbedito. Il secondo aspetto sorprendente è collegato al ruolo di Peroni: come ha fatto l’analisi di Barbara Benedettelli a finire in un articolo del mainstream? Lo chiarisce oggi la stessa Benedettelli: è stato proprio Peroni ad averla chiamata, intervistata al telefono e ad aver ricevuto il PDF del suo ultimo libro, salvo poi riportare i dati in modo errato. Qui dunque si innesta un mistero: Peroni sarebbe sfuggito al controllo della femministissima redazione del Sole, riuscendo a pubblicare correttamente le analisi della Benedettelli ma con statistiche sbagliate. Un improvviso desiderio di oggettività rovinato però da distrazione o pochezza professionale? Seguendo il motto andreottiano, pensiamo male, quasi certi di azzeccarci: è stata un’imboscata. Le tematiche del violenzificio languivano, i “femminicidi” scarseggiano, i dati ufficiali smentiscono il matrix: cosa meglio che sollevare un caso mediatico, usando un redattore complice e macellando una ricercatrice con già un accesso al mainstream e molto nota per le sue posizioni non conformi, per ridare ribalta a un tema su cui sempre persone nutrono sempre più perplessità? L’amica Barbara, ne siamo certi, è stata semplicemente attirata in trappola e poi sacrificata sull’altare dell’industria dell’antiviolenza e del suo bisogno ossessivo a che la menzogna su cui fonda le sue attività sia sempre in auge. Per il momento si sa che la Benedettelli ha diffidato il Sole 24 Ore e sta valutando di presentare alcune querele, mentre non si sa se Peroni verrà licenziato o abbia ricevuto richiami o altro.
Come sempre in questi casi, chi come noi combatte ogni giorno la mostruosità che oggi violenta la libertà di stampa e copre di letame una sincera e seria ricercatrice, può soltanto chiedersi e chiedere a tutti voi: il regime lo vedete? La vedete la violenza feroce con cui si impone una sola e specifica chiave di lettura della realtà? E, se la vedete, vi torna, vi va bene? E soprattutto, ultima ma cruciale domanda: se per caso non vi va bene, come speriamo, cosa siete disposti a fare? Perché qui in ballo, se non vi è chiaro, c’è molto, tanto, forse tutto. E non è soltanto una questione di milioni di denaro pubblico sperperato per un fenomeno fortunatamente minimale e in ogni caso trasversale tra i generi. Non è nemmeno la questione delle gigantesche clientele politiche, dei voti che muovono a favore di soggetti meno che improbabili, che poi fanno leggi illiberali e oppressive. Qui in ballo c’è qualcosa di più: la verità. E scusate se è poco. La quota di coloro che nutrono molti dubbi sulla versione ufficiale delle tante questioni imposte dal femminismo e dai queer è amplissima, ha i suoi portavoce, ricercatori e analisti, capaci di argomentare e di proporre una lettura alternativa e veritiera dei dati. Hanno la loro strada per la verità e sarebbe doveroso concedere loro le giuste tribune per confrontarsi pubblicamente con le controparti. È con quel tipo di confronto che ci si avvicina moltissimo alla verità e che quindi molti dovrebbero chiedere a gran voce. Ed è evidente che quel processo di avvicinamento sia un grave pericolo per alcuni, che infatti operano con violenza illimitata per impedirlo. Sono proprio costoro che, con un dibattito aperto, verrebbero estromessi dal tavolo del confronto costruttivo tra generi. La vicenda del Sole 24 Ore e di Barbara Benedettelli ce ne ha dato un’ulteriore prova. E dunque torniamo al punto: che si fa? Noi ci siamo, ormai da anni, con le nostre facce e i nostri nomi. Voi?