Accerchiamento, assedio, logoramento incessante, appropriazione strisciante di ogni spazio, ogni luogo, ogni data. Tutto viene inquinato dalla narrazione ideologica gender oriented e piegato al vittimismo e al femministicamente corretto. Un solo argomento deve dilagare nel dibattito pubblico, il condizionamento delle coscienze passa anche attraverso l’imposizione della narrazione mainstream. Violenza sulle donne, femminicidio, oppressione patriarcale, mascolinità tossica, discriminazione strutturale e di sistema, stalking, non sei sola, denuncia-denuncia-denuncia, 1522 a tappeto sugli scontrini delle farmacie, sui sacchetti dei supermercati, alle fermate metro, negli uffici pubblici, negli ospedali, sulle schermate degli sportelli bancomat, nelle stazioni, nei programmi televisivi di ogni rete pubblica e privata… La macroscopica contraddizione è che tale martellamento incessante prosegue imperterrito al grido di “usciamo dal silenzio”: se ne parla ogni giorno lamentando che non se ne parli mai.
Il 25 novembre era la giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Giornata, appunto. Ormai tutto il mese di novembre è saturo di convegni, flash mob, cortei, dibattiti, inaugurazioni di panchine rosse, proclami istituzionali, appelli a stanziare più fondi per i centri antiviolenza. L’8 marzo era la giornata internazionale della donna. Giornata, appunto. Ormai, con lo slogan “lotto marzo”, tutto il mese è diventato terreno di lotta per l’attacco al maskio violento e via con flash mob, cortei, dibattiti, convegni, inaugurazioni di panchine rosse, proclami istituzionali e gli immancabili appelli ai finanziamenti per i centri antiviolenza. San Valentino da festa degli innamorati si è trasformata in giornata di lotta contro la violenza (solo quella subita dalle donne, non è ammesso che esistano altre violenze) al grido di “quando non è amore”, “uccisa da chi diceva di amarla” e slogan simili che cancellano l’amore puro a favore dell’amore malato, rimandano immancabilmente a violenza sulle donne, femminicidio, oppressione patriarcale, mascolinità tossica e quindi convegni, flash mob, cortei, dibattiti, inaugurazioni di panchine rosse, proclami istituzionali, appelli per finanziare i centri antiviolenza.
Un’overdose di vittimismo.
Oltre a due interi mesi monopolizzati dalla lotta alla violenza (solo quella subita dalle donne, non è ammesso che esistano altre violenze … l’abbiamo già detto?) anche ricorrenze più o meno dolorose vengono utilizzate per parlare una buona volta di argomenti dei quali non si parla mai: la data della morte di Giulia ed il processo a Filippo, i report della polizia sugli omicidi volontari – con immancabile mistificazione mediatica -, pure la donna suicida nel carcere che non è adatto alle donne e la morte di Luana d’Orazio che col femminicidio non c’entra nulla ma comunque la si celebra ogni anno. Per non parlare di Gino “prezzemolo” Cecchettin che imperversa nelle trasmissioni televisive, sui giornali, nei festival letterari e nelle aule parlamentari, è diventato l’interlocutore privilegiato di Piantedosi e Valditara, si propone per dispensare consigli giuridici e pedagogici attraverso la fondazione creata ad hoc e intitolata alla figlia. Nulla può salvarsi dalla narrazione sulla violenza maschile, neanche la Festa del Papà.
Ma dai, è impossibile tanta sfacciataggine… No no, l’hanno fatto davvero. Ecco infatti che salta fuori la meravigliosa iniziativa della fondazione Artemisia con la partecipazione nientepopodimenoché di Maria Grazia Cucinotta. Un convegno di donne con le donne per le donne vuole celebrare la festa del Papà; di cosa mai discuteranno? I compiti di accudimento paterno, il ruolo-guida, le regole, i congedi parentali, il coinvolgimento nel percorso di crescita dei figli, la collaborazione padre-madre o argomenti simili? Niente di tutto questo, si parla di donne vittime di violenza. Infatti la Cucinotta non partecipa in veste di attrice ma in veste di presidente dell’associazione Vite senza Paura Onlus. “Con le donne, per le donne vittime di violenza. Saremo nelle scuole, nelle piazze, nelle case”. Perfetto, argomento ideale per la Festa del Papà.

Il vittimismo che divora tutto.
La conferenza si propone di «affrontare il tema del patriarcato, dello stalking, di ogni forma di violenza fisica e psicologica, inclusi le diffamazioni e il ‘body shaming’, per la tutela delle donne». Prosegue l’articolo: «Maria Grazia Cucinotta e Mariastella Giorlandino, impegnate da anni nella battaglia a tutela delle donne aspettano giornalisti ed esponenti del mondo della cultura e delle istituzioni per affrontare con chiarezza e trasparenza i temi del patriarcato, dello stalking e della lotta ad ogni forma di violenza fisica e psicologica (…) occorre un’azione sinergica affinché, attraverso la collaborazione di tutti, possano emergere i soprusi che ancora tante donne subiscono e che procurano dolori, sofferenza emotiva e cicatrici indelebili». Anche il giorno della Festa del Papà bisogna trovare un pretesto per parlare male degli uomini rispolverando il patriarcato. E lo fanno le donne. A ruoli invertiti si griderebbe allo scandaloso mansplaining; evidentemente il womensplaining è invece più che lecito, direi doveroso. Ogni occasione è buona per sciorinare vittimismo, è lecito attendersi che la violenza sulle donne diventi il tema centrale anche alla Sagra della tellina Appenninica e al Festival della Porchetta Vegana.