«Siamo purtroppo eredi di una storia di enormi condizionamenti che, in tutti i tempi e in ogni latitudine, hanno reso difficile il cammino della donna, misconosciuta nella sua dignità, travisata nelle sue prerogative, non di rado emarginata e persino ridotta in servitù. Ciò le ha impedito di essere fino in fondo se stessa, e ha impoverito l’intera umanità di autentiche ricchezze spirituali». Parole di qualche femminista? Niente affatto, sono le parole di Papa Giovanni Paolo II nella lettera alle donne del 1995. Continua la lettera: «Non sarebbe certamente facile additare precise responsabilità, considerando la forza delle sedimentazioni culturali che, lungo i secoli, hanno plasmato mentalità e istituzioni. Ma se in questo non sono mancate, specie in determinati contesti storici, responsabilità oggettive anche in non pochi figli della Chiesa, me ne dispiaccio sinceramente». Wojtyla «chiede scusa alle donne» perché storicamente «pesava sulle donne il retaggio di una mentalità che le discriminava profondamente». Esiste dunque una «responsabilità oggettiva» che ricade sulla Chiesa. Non è dato sapere quale sia stata la «responsabilità» della molto numerosa comunità ecclesiale femminile, di tutte quelle figlie, sorelle e religiose, che formavano il corpo della Chiesa. E a quanto pare non esiste alcuna responsabilità per l’«enorme condizionamento» subito dagli uomini, la proliferazione degli ordini flagellanti, che mortificavano il corpo, degli ordini mendicanti, vissuti nella più estrema povertà, degli ordini monastici di chiusura, allontanati dal mondo, per i soldati di Cristo, partiti in guerre sante per conquistare il Paradiso da morti, per la repressione sessuale che hanno subito tanto le donne come gli uomini, ecc. Chissà se gli eretici, i blasfemi, gli atei, i miscredenti, gli stregoni, gli omosessuali (per le donne omosessuali spesso si chiudeva un occhio) spesso incarcerati, torturati, talvolta arrostiti per lavare le loro colpe, chissà se tutti questi uomini meritano anche loro qualche scusa da parte della Chiesa.
Il Papa, capo spirituale della Chiesa, non ha fatto altro che conformarsi alla ideologia dominante. L’uomo Wojtyla ha accettato le colpe storiche degli uomini, denunciate dalla narrazione femminista, e si è accollato su di sé le colpe di tutto l’universo maschile che lui, in quanto uomo, rappresenta. È il maschipentitismo. Il maschipentitismo consiste nell’atto di contrizione che fanno gli uomini, che si vergognano della propria condizione maschile, della propria eredità, e chiedono espressamente perdono alle donne dopo aver accettato acriticamente la narrazione femminista e le proprie colpe. «Purtroppo eredi», queste due parole definiscono la visione della Storia dell’uomo Wojtyla, che corrisponde al giudizio storico del femminismo: la storiografia del rimprovero. Una visione, se mi è permesso di dire, profondamente maschilista, perché implicitamente attribuisce e responsabilizza unicamente agli uomini della costruzione del mondo. Infatti, in questa visione le donne sono necessariamente irresponsabili dei misfatti del mondo, se le donne fossero ritenute corresponsabili sarebbe un nonsenso «chiedere scusa alle donne». Il «per fortuna eredi », che presentava un bilancio della Storia tutto sommato positivo, dopo aver valutato il bene e il male agito, riconoscendo gli errori commessi lungo la Storia, che nessuno nega, ma di gran lunga inferiori alle azioni lodevoli, è diventato nella narrazione femminista nel «purtroppo eredi », che rappresenta una condanna senza appello per tutto l’universo maschile. In questo modo, il potere spirituale d’Occidente si è inginocchiato di fronte a un potere intangibile e invisibile, ancora più potente: l’ideologia femminista.
Uomini doppiamente stupidi.
Se nella sfera spirituale dell’Occidente regna il maschipentitismo, nulla di diverso ahimè avviene nella sfera politica. MenEngage (Uomini impegnati) è un’associazione promossa dalle Nazione Unite per coinvolgere uomini e ragazzi nella lotta per la parità di genere. Assieme a UN Women e UNFPA (UN Population Fund) nel 2015 hanno pubblicato un documento intitolato “Hombres, masculinidades y cambios en el poder” (Uomini, mascolinità e cambiamenti nel potere). «Siamo ancora molto lontani dal raggiungere la parità tra uomini e donne» (p. 6). «Poiché gli uomini nel loro complesso beneficiano di un dividendo patriarcale, ne consegue che l’uguaglianza di genere significherà necessariamente che gli uomini perderanno alcuni dei loro ingiusti privilegi» (p. 26). Il concetto di «dividendo patriarcale» non è nuovo, si tratta dell’ennesimo concetto femminista di manipolazione creato ad hoc per colpevolizzare l’universo maschile. Gli uomini hanno ereditato un «dividendo» da usufruire oggi frutto dell’oppressione storica della donna. Lo studio dell’UE, “The Involvement of Men in Gender Equality Initiatives in the European Union” (European Institute for Gender Equality) del 2012, dichiara a pagina 40: «Gli uomini come gruppo hanno un vantaggio sulle donne a causa del loro sesso (il “dividendo patriarcale“) e questo dominio è solitamente integrato nelle relazioni sociali e nelle strutture per farlo apparire normale e naturale». Infatti il documento di MenEngage stabilisce che «è necessario sfidare le strutture sociali, le credenze, le pratiche e le istituzioni che sostengono i privilegi accumulati dagli uomini» (p. 6). L’uomo ha «accumulato» dei privilegi lungo i secoli di oppressione della donna: il dividendo patriarcale.
Il documento continua: «è importante che gli attivisti e le organizzazioni che lavorano con gli uomini si oppongano decisamente ai gruppi e ai movimenti antifemministi» (pp. 8, 52), «particolarmente attivi nel contesto dei “diritti dei padri”» (p. 51). «L’esistenza di gruppi per i diritti degli uomini alimenta un clima contrario alla promozione della giustizia sociale e di genere» (p. 52). Più chiaro non si può esprimere. Il cuore dell’ideologia è riassunto in questa frase: «la parità di genere richiede sia l’emancipazione delle donne sia la partecipazione degli uomini» (p. 22). Per raggiungere la parità, gli uomini non devono emanciparsi ma collaborare per aiutare a emancipare le donne. Le donne invece non devono affatto collaborare per aiutare gli uomini, detentori di ingiusti privilegi che non hanno bisogno di alcun aiuto, le donne devono unicamente pensare a se stesse. Naturalmente lo studio promuove tutti i miti femministi, «in tutto il mondo le donne sono pagate meno degli uomini per lo stesso lavoro» (p. 12), «quote femminili nei posti di lavoro» (p. 26), promozione di campagne di sensibilizzazione per gli uomini, e per i bambini nelle scuole (p. 10),… Ad un certo punto il documento ammette che «sebbene gli uomini come gruppo traggano privilegi e vantaggio dall’associazione di mascolinità e abbiano più potere delle donne, non tutti gli uomini sono potenti» (pp. 18-19), «gli uomini che non sentono di beneficiare del dividendo patriarcale possono risentirsi dei programmi che li escludono e che sembrano assegnare benefici e diritti solo alle donne e alle bambine» (p. 28). Le parole chiave sono «sentono» e «sembrano». Questi uomini non vivono una condizione reale di indigenza, è una condizione percepita, sentita, che non corrisponde con la realtà perché, come chiarisce il testo, tutti gli uomini godono di un dividendo patriarcale che frutta loro privilegi e vantaggi. Il documento non può ammettere l’ovvietà, l’esistenza di uomini in condizioni peggiori di tante altre donne, ciò rappresenterebbe la smentita di tutto il documento e dell’esistenza di un dividendo patriarcale. Questi uomini, che non sono in grado di accorgersi dei loro privilegi, sono quindi stupidi. In più, i programmi di benefici e tutele esclusivi a favore delle donne, non sono unidirezionali, lo «sembrano» (?!). Anche qui, una percezione di questi uomini sbagliata. Tutte le norme, sovvenzioni e tutele che escludono gli uomini, non discriminano per sesso ma sembra che lo facciano. Questi uomini sono doppiamente stupidi.
Il mea culpa eterno.
Lo scopo di questi documenti e di queste campagne istituzionali è quello di produrre un esercito di maschipentiti, zerbini da affiancare alle file femministe, di cui la società occidentale è ormai piena. I benefici ottenuti dalla tradizionale cavalleria maschile, che considerava la donna il sesso debole bisognoso d’aiuto, esigeva dalle donne lo sgradevole riconoscimento morale della gratitudine verso l’universo maschile. Il trionfo dell’ideologia femminista è riuscito ad ottenere gli stessi o addirittura maggiori benefici stabilendo che le donne costituiscono un gruppo vulnerabile non per volontà loro, ma per colpa degli uomini. Le donne sono quindi creditrici di un risarcimento, gli uomini debitori morali. Nessuna gratitudine è meritata, si tratta di un dovuto atto di giustizia. Arrivati a questo punto gli uomini dovrebbero ripensare ai loro antenati e decidere se devono essere a loro grati oppure se ci devono sputare sopra (con il rischio che a loro volta vengano sputati loro stessi in futuro). Io, da parte mia, ho già deciso. Sono grato a mio padre, ai miei nonni e a tutti gli uomini che li hanno preceduti, per i loro sforzi e i loro sacrifici, che mi hanno permesso di godere la vita che godo oggi. Gli altri si inginocchino pure, e recitino il mea culpa per colpe che probabilmente non hanno mai commesso in questa vita. Ma ricordatevi, Dio è misericordioso, le femministe non lo sono. Sarà un mea culpa eterno e inappagabile.