N.d.R.: da oggi la sezione “Pulchrae Puellae et Bonae” passa sotto la responsabilità di Antonietta Gianola, nuova gradita collaboratrice de “La Fionda”, con alle spalle esperienze in importanti testate nazionali. Benvenuta a bordo ad Antonietta.
Il femminismo sembra avere vinto. Raggiunti gli obiettivi del movimento che rivendicava per le donne diritti civili, politici ed economici, l’azione si è trasformata nel complotto che mette in discussione l’insieme delle teorie che criticano la condizione tradizionale della donna per proporre nuove relazioni tra i generi nella sfera privata e spingere su misure che possano agevolarle in ambito sociale e pubblico. Ad oggi non è possibile dichiarare che “il piano” sia riuscito garantendo loro maggior felicità anzi le ha rese ancor più insoddisfatte. Smontare quindi la narrazione nata intorno al femminismo è roba da guerrieri.
L’impressione è che la maggioranza delle donne del nostro mondo “liberato” abbia completamente assorbito i dogmi femministi. Del resto non ci sarebbe quasi scampo. Da quando la mattina si aprono gli occhi a quando si chiudono per andare a dormire, televisione, cinema, radio, giornali, libri, non fanno altro che bombardare le menti con messaggi anti maschili, e in realtà anche anti femminili, che passano attraverso film, spettacoli, meeting, libri e manuali, Giornate, incontri, sessioni, dossier con intellettuali con studiosi, giornalisti, blogger, politici e fomentatrici in servizio permanente effettivo che trattano ogni tematica in chiave femminista. I temi femministi sono trasversali, piacciono tanto alla destra quanto alla sinistra e sono approvati anche nel mondo cattolico: tutte insieme a celebrare l’8 marzo e il 25 novembre, convinte che esista il gap salariale, a mobilitarsi affinché le ragazze intraprendano studi Stem (Science, Technology, Engineering and Mathematics), pro choice, filo-gender, e ovviamente tutte d’accordo a puntare il dito sulle pecche del maschio bianco.
Altro mito femminista, Kalamity Jane, una pistolera.
Un tema che trova consenso è la convinzione che i libri di Storia abbiano raccontato solo gesta di uomini e imperatori ignorando o sopprimendo la presenza delle donne. Ma siamo sicuri che quelle che sostengono tali tesi conoscano la vita di imperatrici e regine, letterate e sante condottiere e capi di Stato e tutte le donne che hanno segnato gli eventi? L’impressione è che quel vuoto sia rimasto pneumatico e che nemmeno le nipotine delle suffragette siano state in grado di colmarlo (nonostante siano tutte alfabetizzate). E se le ideologhe avessero riscritto la storia in modo discriminante esaltando solo figure femminili che aderivano al modello della tizia che fa il gesto dell’ombrello?
Prendiamo ad esempio il mito costruito intorno all’icona femminista per eccellenza, la Regina Elisabetta, detta anche la sanguinaria. L’ultima Tudor spese la sua vita a custodire ad ogni costo il potere attraverso dispotismo, intolleranza religiosa e decapitazioni. Per fare Golden, la sua Age la Regina Vergine, legalizzò la pirateria trasformata in un affare di Stato (strano concetto di meritocrazia). Oppure vogliamo parlare di Simone De Beauvoir, altro mito femminista? L’autrice di Second Sex era stata una collaborazionista del governo Vichy e impenitente pedofila, reato per il quale le fu impedito di insegnare, poi firmataria del manifesto Fronte di Liberazione dei pedofili. Altro mito femminista, Kalamity Jane, una pistolera.
Voltare le spalle alla menzogna.
Ignorata invece la fermezza della Viceregina d’Italia, Matilde di Canossa (forse troppo papista): la sua storia non suscita ammirazione da parte del movimento di liberazione delle donne. Matilde non solo ebbe l’ardire di abbandonare la corte lorenese dove era andata in sposa (piena di intrighi) per tornarsene in Italia, ma si rifiutò di seguire il marito che era venuto a riprendersela. Inoltre armò e si mise a capo di un esercito per difendere la sua eredità dalle mire della Lega Imperiale arrivata dalla Germania in Italia per spogliarla delle sue terre. E cosa ne sanno le nostre femministe della principessa di stirpe regale Teodolinda? E delle Regine Elena, Teodora o Amalasunta figlia del re Teodorico? E a proposito di STEM vogliamo parlare di Santa Ildegarda Von Bingen? Sanno di Alessandra Macinghi Strozzi? Conoscete la compositrice Barbara Strozzi? E a proposito di Capitane d’Industria perché nessuna esalta la storia del gruppo Burda fondato da Anna Magdalene Lemminger, che cambiò il mondo dell’editoria e della moda a 21 anni? Silenzio totale poi verso tutte le Sante e le benefattrici che vissero la loro vita pienamente lasciando dietro di loro miracoli e opere di bene.
Il femminismo sta trionfando ma produce macerie: la cultura che si adoperava per fare dell’uomo e della donna un’unica carne è stata spazzata via. La menzogna ha sostituito i valori che hanno consentito alla nostra civiltà di emancipare un pianeta, la necessità di aggregarsi intorno alla famiglia per essere migliori è diventato uno spazio vuoto che si è riempito di separazioni, di donne sole, uomini soli, figli soli di figli unici. Il femminismo ha reso le donne infelici e a disagio, obbligate a cercare uomini in una società effeminata, con maschi sempre meno disposti a costruire progetti di vita con quegli elementi (o si dice quelle elemente?). Il femminismo ha fallito e noi lo sappiamo. Sappiamo che stanno tutti mentendo, sanno che noi lo sappiamo, eppure continuano a mentire. Questa citazione è dello scrittore russo Aleksandr Isaevič Solženicyn pronunciata riferendosi al sistema sovietico raccontato dal drammaturgo russo in “Arcipelago Gulag”. Quella frase sintetizza ciò che è oggi diventato il femminismo. Tutti quelli che lo sostengono mentono. Riportare quindi la discussione sulla questione femminile in modo razionale e realistica disturba il narratore il quale esigerebbe che tutti ci adeguassimo per far diventare la bugia ufficiale, ma “quando l’uomo volta le spalle alla menzogna, questa smette immediatamente di esistere” (Aleksandr Solženicyn).