Nel suo recente articolo, Fabio Nestola commenta la sentenza CEDU esemplificando il principio cui si ispira, ossia che nella coppia i reciproci diritti/doveri riguardano tutte le sfere della relazione, salvo una. Quello del dovere sessuale è uno dei tanti su cui la Legge suona simmetrica (“…reciproca assistenza materiale e morale”) ma la sua applicazione è a senso unico. In giurisprudenza, da un lato varie sentenze hanno stabilito che nessuno è obbligato a concedersi, sancendo quindi l’inesistenza di un “dovere coniugale” in questo campo. Dall’altro ci sono stati casi in cui il rifiuto di lui è stato considerato una violazione dei “diritti intimi” di lei. De facto, la giurisprudenza è pressoché univoca nella negazione di ogni dovere femminile in quanto si configurerebbe come violazione della volontà e perciò violenza sessuale ossia stupro. Fine.
Ora la CEDU ha adottato la stessa interpretazione stabilendo che una donna ha sempre il diritto di negarsi, anche per tutta la vita, senza che il partner possa far valere alcuna pretesa. Le funamboliche motivazioni addotte evitano di affrontare la questione nella sua sostanza: cosa comporta per gli uomini il rifiuto illimitato? Le donne possono praticare il diritto al “no” glissando sul fatto ciò comporta la continenza (se non la castità) per il partner, aspetto che viene sistematicamente omesso dal dibattito pubblico in quanto bensì grave ma evidentemente imbarazzante. Se io, sotto pesanti minacce o ricatti, impongo a Mario la castità a vita o anche solo per un tratto di essa, commetto un reato, perché di questo si tratta. D’altra parte l’attività sessuale nella coppia è un presupposto assoluto, una condicio sine qua non di ogni relazione, un vero a priori per gli uomini. Ciò è così ovvio che, quando la coppia si forma, non è mai oggetto di esplicitazioni né di negoziazioni. Nessuna si è mai presentata dicendo: “Sia chiaro, quanto al sesso decido io e tu subisci tutto, anche il rifiuto permanente, a mia discrezione!”. Sotto tale minaccia non è mai nata alcuna relazione, perciò nessuna l’ha mai proferita, se ne guarda bene. Omertà che vale un trattato.
Il doppio standard anche nel “no”.
Quella “conquista”, il no permanente, non solo è grave, quasi impossibile da tollerare per gli uomini (foriera di disagi psicofisici e probabilmente anche di qualche tragedia famigliare) ma è anche fondata su un inganno beffardo, su una promessa di cui con orgoglio si rivendica il tradimento, fatto che non sarebbe male rendere palese almeno alle nuove generazioni. Il suo presupposto è che il valore dei sentimenti e dei bisogni maschili sia nullo, inferiore allo zero. Come in effetti è. C’è poi quel paradosso: il femminismo si è battuto per il diritto alla sessualità dei detenuti, riconoscendo loro il bisogno di intimità anche dietro le sbarre, ma al tempo stesso ritiene giusto che un marito possa essere costretto alla castità. Se un uomo è libero, non ha alcun diritto al sesso ma se finisce in prigione allora sì. Bellissimo.
Nella realtà, l’andamento fattuale delle relazioni è prevedibile e ovvio. La sessualità coniugale molto spesso sopravvive per una forma di condiscendenza femminile, necessaria per tenere in piedi la coppia. È evidente infatti che, dopo qualche anno di convivenza, il partner non suscita più alcun interesse, subentra la noia e questo porta la maggioranza delle donne a una progressiva disaffezione (sommata alla già anemica pulsione ormonale) che esita in due modi. Lui si dà per vinto e getta la spugna, perché ben pochi possono andare avanti a lungo con penose (e umilianti) insistenze (in ogni ambito della vita, a dire il vero e a maggior ragione in questo). L’altro modo è appunto il rifiuto sine die che in realtà, in ultima istanza, c’è sempre stato, ben prima del femminismo, della “liberazione sessuale”, delle sentenze nostrane, della CEDU, e così via, altrimenti non si spiegherebbe perché la prostituzione sia un fatto universale.
Stasera te la scordi.
La storia degli uomini lasciati a secco non è mai stata scritta e appartiene a quelle violenze che essi non denunciano mai e che non figurano nelle statistiche. È giunta l’ora di dire che se imporre il sesso è violazione della volontà e quindi violenza, allora lo è anche l’imposizione della continenza a vita. Ed ecco un aneddoto illuminante: lui emigra in Australia, ci resta per anni e laggiù trova una convivente. Quando ritorna, la moglie si vendica negandosi apertamente sine die. Intervengono allora le donne di casa nel tentativo di ammorbidirla. Niente da fare. Stoccolma 2020? No, Rossano Calabro 1950. Che il sesso nella coppia sia soprattutto una concessione femminile è verità di una banalità stucchevole, confessata dagli ubriachi in tutte le osterie della Luna Piena, dipinta cinicamente e dettagliatamente a suo tempo da Esther Vilar ne L’uomo manipolato, narrata simpaticamente oggi dai due di “Casa Abis”, con il persistente, caustico refrain: «…stasera te la scordi!». Scordatela.