Colgo un impagabile post dal meraviglioso profilo Facebook chiamato “Facebook favorisce il cyberbullismo contro le donne”, che per altro tiene in copertina un messaggio di solidarietà per una latitante accusabile (ma non ancora formalmente accusata, che strano…) di sottrazione di minore e sequestro di persona. Dice il post: «A quanto pare molti, tanti, troppi uomini non sanno che le donne hanno paura degli uomini sconosciuti e a volte anche di quelli conosciuti. So che è triste sentirselo dire quando si è un ragazzo gentile e innocuo, ma questa è la conseguenza inevitabile delle numerose azioni violente di certi uomini, sono loro i responsabili ed è a loro che dovete chiedere il conto di questo danno. Noi lo sappiamo bene che non tutti gli uomini sono pericolosi, ma sappiamo anche che ne basta uno per rovinarti la vita per sempre, sappiamo che troppe donne hanno avuto la vita rovinata e segnata da un uomo molesto o violento». Il fatto è che, come sempre, non è un’esclusiva femminile. Può capitare, come in effetti capita, anche agli uomini. La cronaca è piena di fidanzati ed ex fidanzati, mariti ed ex mariti, conviventi, colleghi, vicini, padri, figli e fratelli vittime della violenza femminile, e bisogna considerare che il sommerso è enormemente superiore rispetto alla casistica inversa a causa della ritrosia degli uomini a denunciare le violenze subite in generale e quelle subite da una donna in particolare. Ogni rivendicazione femminista, anche se contiene un fondo di verità, finisce per sconfinare nella contrapposizione di genere. L’intero genere femminile è vittima, l’intero genere maschile è sotto accusa. La donna è oppressa di default, quindi l’uomo è oppressore. Tutti gli uomini.
Continua poi il post: «Una su tre, ci dicono i dati. Se una su tre ha subito una forma di violenza potete facilmente farvi un’idea di quanti uomini siano violenti e molesti, e capirete perché per noi il “non tutti” lascia un po’ il tempo che trova». Beh, se “i dati” sono quelli dell’ISTAT targato Linda Laura Sabbadini… Curiosa l’abitudine della narrazione femminista, autocertifica le proprie affermazioni legittimandole con “i dati”, senza citarne la fonte che di solito è chiaramente imparziale, tipo GREVIO, o riferita a 180 nazioni diverse dall’Italia, tipo CEDAW. Inoltre i dati vanno letti con il beneficio d’inventario: un uomo, ad esempio, può essere violento con la moglie ma esserlo stato con quattro o cinque fidanzate prima di sposarsi e prima ancora con una dozzina di compagne di scuola, poi con le colleghe, le vicine di casa, le cassiere del supermercato, eccetera. Ecco che trenta donne hanno subito maltrattamenti dallo stesso uomo (i bastardi esistono), ma questo rafforza invece di indebolire la teoria “non tutti”. Ma il post ha altre perle da distribuire: «Non ci fa sentire più sicure, lo sappiamo, ma non basta per smettere di avere paura. Ne sentiamo troppe, tutti i giorni, e ne viviamo troppe tutti i giorni per poterci far bastare il “not all men”. Basti pensare a quante di noi sono state molestate sui mezzi pubblici anche quando erano ragazzine delle medie. Sono queste esperienze che ci fanno perdere fiducia e ci fanno vivere in allerta. Questa paura può svanire solo se diminuiscono queste esperienze negative. È come chiederci di non avere paura degli squali perché non tutti aggrediscono gli umani, pare facile». Paragone farlocco, care amiche femministe: la paura degli squali non è irrazionale visto che non tutti aggrediscono gli umani, ma lo è per la scarsissima possibilità di incontrarne uno. Chi si immerge in Polinesia e chi fa il bagno a Riccione hanno possibilità oggettivamente diverse di incrociare quello che a tutti gli effetti è un predatore per eccellenza.
Il monopolio del timore femminile.
«Sappiamo», continua poi il post delle pasionarie, «che empatizzare con un esperienza radicalmente diversa dalla nostra sia difficile, e che capire le paure di una donna quando si è un uomo, non sia facile, per questo occorre ascoltare le esperienze altrui. “Anche gli uomini hanno paura!”. Si, è vero, infatti entrambi abbiamo paura degli uomini violenti». Vabbé, questa è comica. Non viene nemmeno contemplata l’opzione che una donna possa essere violenta: anche gli uomini hanno paura, ma sempre di altri uomini. La spina dorsale della narrazione femminista: tutto il Male del mondo è associato al maschile, il Bene invece è sinonimo del femminile. Come se non fosse mai esistita nella storia dell’umanità una donna che abbia usato violenza contro un uomo, e non mi riferisco alla violenza psicologica, l’unica che viene ammessa come terreno prevalentemente femminile; la cronaca, al contrario, registra violenze fisiche dilaganti dai maltrattamenti allo stalking, dalle percosse ai ferimenti a pioggia e persino uomini uccisi dalle donne a calci, bastonate, martellate, fucilate, coltellate, bruciati vivi, strangolati, avvelenati… Abbiamo oltre 6.000 casi in archivio, dunque sarebbe legittimo per qualsiasi uomo essere terrorizzato da qualsiasi donna, poiché le femmine, si sa, sono violente. È inutile dire “non tutte lo sono”, per colpa di alcune criminali diventa legittimo temere l’intero genere femminile e considerare qualsiasi donna una potenziale assassina. Non è così, il postulato “tutti gli uomini sono violenti” vale solo per il genere maschile. Attenzione però, perché ora viene il meglio.
«Con una differenza però, una differenza che capirete dalla lista qui sotto (chiediamo a tutte di mandarci le loro paure). Le paure delle donne riguardano anche situazioni teoricamente non pericolose, una miriade di situazioni quotidiane, dal prendere l’ascensore al fare jogging al prendere il bus dove può esserci il maniaco che ti ha già toccato. Dunque la paura non si limita alle strade buie, o a una rissa, situazione in cui gli uomini tendono ad avere paura». Splendido, è il femminismo che decide quando agli uomini sia concesso avere paura. Ragazze, gli uomini hanno il diritto di temere ogni violenza femminile, non solo fisica. Temono umiliazioni, denigrazioni, discriminazioni legittimate, il doppio standard imperante, il male bashing continuo ed accerchiante sdoganato anche sui media, temono il fatto che lo schiaffo a una donna fa indignare e lo schiaffo ad un uomo fa ridere, temono il fatto che in RAI dire che i padri sono tutti pezzi di merda è simpaticissimo ma dire che le donne capiscono poco di calcio è gravemente offensivo e provoca la sospensione dell’avventato ospite, temono la criminalizzazione maschile per cui i titoli sono “brutale aggressione” quando lui accoltella lei e “lite in famiglia” quando lei accoltella lui. Temono l’acido perché la casistica delle vittime maschile è molto più grave di quella femminile, temono le asimmetrie valutative in caso di reati analoghi, temono le discriminazioni nei divorzi, temono di essere estromessi dalla vita dei figli, temono di non sapere a chi rivolgersi in caso di violenza, temono di essere costretti a difendersi da false accuse costruite apposta per rovinarli, temono le contromisure istituzionali esclusivamente women friendly (e stamattina abbiamo parlato di un esempio gravissimo…). E queste dicono che gli uomini temono i vicoli bui, tutto il resto non esiste e se esiste è monopolio del timore femminile… Ma andiamo al dunque e torniamo al post.
Sessismo antimaschile nel post della pagina “no al sessismo”…
«Per questo abbiamo deciso di creare questa lista (che cresce mano mano) per darvi un’idea della miriade di paure che riempiono la vita quotidiana delle donne succhiandogli tante energie, e imponendogli di pensare a continue strategie per ridurre il rischio e i traumi. La cosa ancor più dolorosa è che la società dia per scontato che le donne debbano fare questo continuo lavoro per sopravvivere, infatti quando una donna subisce uno stupro la si accusa di non aver fatto abbastanza attenzione. Ma dove sta scritto che dobbiamo vivere così, come prede? Le donne hanno paura quando: 1) Tornano a casa da sole, 2) Parcheggiano in garage di notte, 3) Quando gli uomini fanno apprezzamenti per strada». È falso che tutte le donne abbiano paura per il catcalling. C’è chi lo ignora, chi ne è solo infastidita, chi si offende di brutto, chi ne ride con le amiche e chi si sente persino gratificata, ma la paura è un’altra cosa. Soprattutto è falso che un apprezzamento, in sé, sia tanto pericoloso da generare paura in chi lo riceve. Anche la donna che ha paura può averla in circostanze particolari: magari ha paura per l’apprezzamento volgare fatto da brutti ceffi in un luogo isolato o poco illuminato, ma non ne ha per il complimento galante – inoffensivo, anche se non gradito – fatto in pieno giorno a via della Spiga o a Piazza di Spagna. La paura, eventualmente, nasce da cosa potrebbe accadere dopo l’apprezzamento: una cosa è se chi lo ha fatto comincia a seguirla, cosa diversa è se la lascia in pace e fa lo scemo con gli amici. Per quanto possa essere volgare ed offensivo – e non tutti gli apprezzamenti lo sono – l’apprezzamento fine a sé stesso può incidere sulla dignità della donna, non sulla sua incolumità personale. Come può incutere paura il fischio di apprezzamento proveniente da un’auto transito? Oltretutto c’è una certa differenza nel livello di indignazione se il fischio arriva da un Fiorino furgonato della TIM o da una Porsche cabrio, ma questo è un altro discorso. Andiamo avanti nell’elenco del post.
«4) Devono dire di no ad un uomo per le reazioni violente che possono avere». Ecco un altro esempio della narrazione faziosa del femminismo: il rifiuto è rivolto ad un uomo ma per le reazioni violente si passa al plurale: possono avere. Tutti gli uomini, si sa, sono violenti. Qualsiasi rifiuto può scatenare violenze inaudite, rifiutare un rapporto sessuale col marito come rifiutare un caffè con un collega. Le percosse sono sicure, qualsiasi donna ha paura di rifiutare un invito a cena; quanto poi al rifiuto di rapporti intimi, la scusa del mal di testa è entrata anche nelle barzellette. Gli uomini ormai ne ridono. «5) Devono fare RX Torace, Ecografia al seno o elettrocardiogramma con un medico uomo». Paura? Disagio forse, imbarazzo, pudore, vergogna… Il post vuole forse insinuare che i ragazzi iscritti a medicina siano tutti maniaci sessuali che aspettano di visitare pazienti donne per poterne abusare? C’è una certa perversione in chi pensa questo. «6) Quando devono fare un’anestesia (diverse donne sono state molestate in sala operatoria), 7) Entrano in ascensore con uno sconosciuto, 8) Aprono la porta allo sconosciuto delle consegne, 9) Vanno a scuola (a causa di professori/bidelli maniaci)». No vabbé, non c’è limite al delirio vittimista. Ricordiamo che ad avere paura sono “le donne” al plurale, come genere oppresso dal patriarcato. Secondo il post, professori e bidelli maniaci sarebbero dietro ogni angolo, tutti pronti a stuprare ragazze e (meglio ancora) bambine. Agli uomini, ovviamente, non accade mai di essere preda delle figure che hanno autorità su di loro. Come, tanto per citare un esempio, quel 13enne di Prato violentato dalla prof che gli dava ripetizioni d’inglese, o quel 14enne di Milano violentato dall’assistente sociale che lo aveva preso in carico. «10) Vanno in palestra»: siamo al paradosso. Di solito sono le donne a usare maestri di tennis, istruttori di ballo, di pilates e di aerobica per mettere le corna ai mariti. Eventualmente dovrebbero essere i mariti a preoccuparsi, se non proprio impaurirsi, per l’improvviso amore delle ladies per le palestre. Non vale la pena commentare una ad una le molle della paura femminile elencate dal post, basti pensare che per fare numero ci sono doppioni come andare ad una festa e andare ad una festa in maschera. Aggiungerei andare ad una festa in villa, andare ad una festa su uno yacht, andare ad una festa di mercoledì Da ricordare: tutto questo scatenato sessismo antimaschile è sulla pagina che ha come indirizzo web “no al sessismo”. E niente, fa ridere già così.