È molto raro che si provi un profondo piacere nello scrivere un articolo. Questo è decisamente uno di quei casi, perché si tratta di raccontare una storia ad un tempo oltremodo comica e anche fortemente simbolica. Specie per me che la racconto. Scenario: il Museo Aleksandr Puškin di Mosca, presso quello che viene chiamato “cortile italiano” per la presenza di molte opere e reperti provenienti appunto dall’Italia. Tra questi vi si trova una delle cinque copie del David di Michelangelo, considerata forse la migliore di tutte. La gigantesca meraviglia michelangiolesca è alta cinque metri, cui si aggiunge un piedistallo, ragion per cui la manutenzione alla statua viene fatta usando delle impalcature, con gli uomini (nessuna donna è ammessa a fare questo lavoro, considerato troppo pericoloso…) imbragati per sicurezza. Com’è noto, il David di Michelangelo è stato rappresentato integralmente nudo.
Quel pene e quei testicoli in vista in passato hanno suscitato un po’ di pruderie da parte di qualche visitatore autoctono, ma alla fine tutto si è risolto in toni goliardici, con una svolta decisiva sabato scorso, il 9 gennaio. Al Museo Puškin entrano tre giovani ragazze, che si dirigono decise verso il “cortile italiano”, senza visitare altre parti. Giunte ai piedi della statua, recuperano non si sa dove una scala, la appoggiano alla scultura e una di loro prende a salire. Giunta all’altezza dei genitali dell’eroe biblico, inizia a concionare la folla presente, aiutata dalle due compari che, sotto, distribuiscono volantini. Il concetto espresso è chiaro e netto: «Questa statua», strilla la giovane, «è una manifestazione senza vergogna della supremazia maschile, espressa attraverso la celebrazione del pene maschile sotto gli occhi dei visitatori. È un manifesto della società patriarcale che intendiamo eliminare, un messaggio che intendiamo interrompere!». I visitatori presenti assistono un po’ attoniti e un po’ divertiti, probabilmente pensano a una “performance” o a qualcosa di goliardico.
Una soddisfazione tutta intima.
Se non che la fanciulla sulla scala, mentre al di sotto la security le chiede insistentemente di scendere, a un certo punto sfodera un’ascia e la appoggia ai genitali del David. Cosa intenda fare è chiaro: evirare il gigante, deturpare l’opera d’arte privandola di un simbolo troppo esposto del patriarcato che offende e opprime da secoli il mondo femminile. La cosa si fa seria, la security chiama la polizia, mentre la giovane alza il braccio per caricarlo di forza e lo cala con furia sul pene del David. Probabilmente pensava che la statua fosse di gesso o di qualche altro materiale cedevole. Invece è di marmo: il colpo, probabilmente sferrato con un’angolazione sbagliata, lascia sulla statua un’impercettibile scalfittura, ma soprattutto rimbalza con la stessa potenza inizialmente impressa. Manca poco che il retro dell’ascia colpisca la femminista sulla fronte, in ogni caso il rinculo le fa perdere l’equilibrio. La scala si rovescia, come nelle comiche, e travolge le due compari di sotto, facendo capitombolare la pasionaria. Esito: commozione cerebrale e fratture diffuse, per lei e le sue due socie. Uscite dall’ospedale, verranno arrestate e processate. Si tratta della Russia, lì le femministe le mangiano (hanno cambiato gusti dai tempi del comunismo…), dunque, a differenza che qui, è certo che, se condannate, finiranno in galera per un po’.
Si può ridere di tutto questo? Assolutamente sì, anzi si deve ridere, visto che nessuno ci ha lasciato la pelle. È inevitabile ridere se si pensa a tutta la scena e alla profonda idiozia insita nell’azione progettata da quelle tre femministe che come al solito, e come si è detto stamane, non intendevano farsi remore della distruzione di un’opera d’arte pur di affermare la propria ideologia marcescente. C’è poi un aspetto simbolico in quanto accaduto che rende il tutto immensamente esilarante e formidabilmente soddisfacente: volevano troncare un pene, il simbolo (a detta loro) del “patriarcato” e quello stesso pene le ha mandate in ospedale e le manderà probabilmente in galera. Un pene, per altro, beffa oltre la beffa, scolpito da un genio maschile. Peggio di così non poteva andargli, insomma, e non resta che augurarci che la vendetta della copia russa del David di Michelangelo sia di buon auspicio per la lotta di quest’anno alla follia talebana femminista. Io, per parte mia, mi tengo infine una soddisfazione tutta intima e non poco sogghignante al pensiero che a compiere l’impresa sia stato il pene di una statua di cui mi onoro di portare il nome.