Anche a San Valentino, tra una scatola di cioccolatini e un mazzo di fiori, bisogna ricordare la vera e propria persecuzione costantemente in atto a danno delle donne (almeno a dar credito a certi media). Ci pensano ad esempio due indagini, fatte uscire nei giorni scorsi, sulla “violenza” nelle relazioni di coppia tra adolescenti, dalle quali emergono molti dati dubbi e un dato certo: l’empathy gap tra ragazzi e ragazze esibito dai media e dall’opinione pubblica più generale. La prima indagine è un sondaggio del portale Skuola.net, condotto su «2500 ragazze tra gli 11 e i 25 anni». Mi direte: ma che valenza empirica e statistica possono avere i risultati di un sondaggio online condotto, non si sa bene con quali protocolli, metodi e garanzie, da un portale per studenti? Rintuzzo subito l’obiezione: la notizia è stata richiamata da testate quali ANSA e TgCom, quindi è una cosa seria, maschilisti misogini negazionisti che non siete altro. Il titolo scelto dal portale e richiamato dalle altre testate è allarmante (anche se non quanto altri che siamo abituati a vedere): “Una ragazza su sette è vittima di aggressività e violenza”. L’articolo, partendo dal sottolineare come «il caso di Giulia Cecchettin è solo la punta di un iceberg», descrive l’«aberrante catalogo delle manifestazioni devianti» che le povere ragazze sono costrette a subire dal proprio partner, citiamo ad esempio: «una ragazza su quattro deve assistere a frequenti sfuriate da parte del proprio lui» (e siamo assolutamente certi che la fanciulla non ha mai e poi mai alzato la voce a sua volta); il 13% «ha dovuto fare i conti, una o più volte, con offese pesanti» (addirittura una ragazza su dieci è stata offesa dal partner almeno una volta? Agghiacciante); «a un non trascurabile 7%, come condizione per uscire di casa, è stato persino imposto un determinato tipo di abbigliamento» (ovviamente di lasciare l’aguzzino se non ti sta bene non se ne parla: non si vorrà innescare lo scivolo pericoloso verso il “femminicidio”…).
«E poi» – scrive Skuola.net rimbalzato da ANSA etc. – «ci sono i casi di violenza vera e propria» (ah, quindi finora di cosa stavamo parlando?): «il 5% delle intervistate – quindi una su venti – ha raccontato di essere stata il bersaglio di uno schiaffo, un pugno o un calcio, dati dal partner con l’intento di fare male». Anche sospendendo del tutto il giudizio sull’attendibilità e la rappresentatività effettiva dei dati – perché appunto non è possibile reperire una nota tecnica in cui si chiarisca come il sondaggio sia stato condotto, come selezionato il campione, e via dicendo – la domanda sorgerebbe spontanea: perché, se la «violenza vera e propria» è stata riportata da una intervistata su venti, il titolo dice «una ragazza su sette»? Ma non la poniamo, perché sarebbe da maschilisti, misogini e negazionisti; così come sottolineare che, se «appena il 22%» delle partecipanti al sondaggio ha interpretato simili comportamenti «come un campanello d’allarme», magari non vuol dire necessariamente che sono sadomasochiste, o hanno il patriarcato interiorizzato, e devono essere subito rieducate a interpretare qualsiasi minima contrarietà o conflitto col partner come “violenza di genere”: magari vuol dire che almeno nel restante 78% dei casi si è trattato di conflitti passeggeri e senza importanza, come avvengono normalmente, quotidianamente, in qualsiasi relazione umana, e anche tra persone dello stesso sesso.
I ragazzi… ma anche le ragazze.
Ça va sans dire, l’articolo si conclude con la dichiarazione del direttore di Skuola.net per cui «Una delle ragioni di questi comportamenti è che non si fa una sufficiente opera di educazione ai sentimenti. E l’unico luogo che permetterebbe di farlo agevolmente è la scuola». Nel commentare questa notizia evitiamo soprattutto la domanda misogina e negazionista per eccellenza: perché un campione di sole “ragazze”? È ovvio che solo le ragazze possono essere vittime di violenza nella coppia (e solo in coppie etero, naturalmente): sarebbe inutile perdere tempo e risorse per ascoltare anche un campione di ragazzi sulle loro esperienze di disagio nella coppia. Lo ha fatto, ciononostante, in un impeto di zelo, Save The Children (tramite IPSOS) in un’indagine «sulla diffusione della violenza onlife tra adolescenti in Italia» (onlife, non online: neologismo «coniato dal filosofo Luciano Floridi e dal suo gruppo di ricerca, per descrivere la dimensione relazionale, sociale e comunicativa, vista come frutto di una continua interazione tra la realtà materiale e analogica e la realtà virtuale e interattiva»), consistente in «un sondaggio su un campione rappresentativo di 800 ragazzi e ragazze tra i 14 e i 18 anni, con quote rappresentative dell’universo di riferimento per genere, età e area geografica». Il report snocciola una gran quantità di dati interessanti su quanto emerso dall’interrogazione del campione in merito alla percezione dei cosiddetti “stereotipi di genere” e del significato di determinati comportamenti all’interno della coppia.
Ad esempio, «con poche differenze di genere», risulta che il 30% dei ragazzi e delle ragazze sono d’accordo «con l’opinione che in una relazione intima la gelosia sia un segno di amore»; il 26% «che in una relazione intima possa capitare di chiedere di rinunciare a certe amicizie o contesti che possono infastidire la persona con cui si ha la relazione»; il 17% sostiene «che in una relazione intima può succedere che scappi uno schiaffo ogni tanto». A beneficio di chi starà pensando che le ragazze subiscono solo questi comportamenti, e si dichiarano d’accordo solo nella misura in cui hanno il patriarcato interiorizzato e quindi si rassegnano a subirli, citiamo testualmente: «In generale, dai risultati dell’indagine emerge come i comportamenti di controllo nelle relazioni di coppia siano considerati accettabili e praticati da una rilevante percentuale di adolescenti, senza grandi distinzioni tra ragazzi e ragazze» (corsivo nostro, qui e nel seguito). I dati sfatano qualche altro mito persistente, come quello secondo cui il problema di non riuscire a sottrarsi al rapporto sessuale nella coppia sia un problema esclusivamente delle ragazze in quanto sesso più debole o oppresso: problema infatti riportato dal 61% del campione maschile, contro il 42% del campione femminile.
I ragazzi? Mazziati e zitti.
Arriviamo alle esperienze di violenza vere e proprie: «Colpisce il dato d’insieme sulla frequenza della violenza di genere agita e subita: il 41% delle e degli adolescenti ha subìto un comportamento violento (il 52% tra chi ha o ha avuto una relazione) e il 30% (il 47% tra chi ha o ha avuto una relazione) lo ha attivato». Il report non riporta quasi mai il dato scorporato per i due sessi, e le poche volte in cui lo fa è quasi sempre per sottolineare un primato negativo del sesso maschile. Ad esempio si legga questo passaggio: «Sebbene non emergano differenze rilevanti tra ragazze e ragazzi, questi ultimi agiscono in misura maggiore delle ragazze alcuni di questi comportamenti caratterizzati da violenza emotiva e fisica (fare leva sulle emozioni, 25% vs 21%; spaventare il/la partner con comportamenti violenti (17% vs 13%)». Ma se non emergono differenze rilevanti, perché sottolineare queste? E soprattutto: visto che il dato complessivo risulta omogeneo tra i due sessi, logica e matematica vogliono che se “alcuni” di questi comportamenti caratterizzati da violenza sono agiti in misura maggiore dai ragazzi, allora ce ne devono essere altri, non menzionati, agiti in misura maggiore dalle ragazze (ossia ciò che da sempre sosteniamo, che la violenza non ha sesso, e che viene agita in egual misura da uomini e donne, ragazzi e ragazze, sebbene in forme e modalità in parte diverse, a rispecchiare le differenze psicologiche e fisiche tra i due sessi). Si potrebbe sospettare che dal report vengano volontariamente omessi i casi in cui il dato scorporato fa emergere un primato negativo femminile, ma sarebbe da maschilisti, misogini e negazionisti.
Naturalmente, tra le raccomandazioni conclusive di Save The Children per arginare questa terribile piaga c’è «Introdurre nelle scuole, all’interno dei piani formativi e coerentemente con l’età dei beneficiari, percorsi di educazione all’affettività, alla parità tra i sessi e al rispetto delle differenze, tenuti da personale specializzato e con esperienza maturata in servizi che si occupano di violenza di genere». Ciliegina sulla torta, nonostante il report stesso non evidenzi differenze significative nell’esperienza della violenza nella coppia tra ragazzi e ragazze, tra le raccomandazioni conclusive si trova anche quella di «coinvolgere i giovani nella definizione del nuovo piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne». Vale a dire: ascoltati i ragazzi, appurato che anche loro subiscono comportamenti controllanti, aggressivi e violenti da parte delle partners, la conclusione è che li dobbiamo coinvolgere nel definire tutti assieme allegramente il piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne. E loro devono starci e zitti, altrimenti sono maschilisti, misogini, negazionisti e devono fare mea culpa. Ho lasciato volutamente alla fine il titolo del report: Le ragazze stanno bene? Indagine sulla violenza di genere onlife in adolescenza. Perché si sa, in Italia c’è il patriarcato: e quindi di come stiano i ragazzi non frega niente a nessuno.