Il patriarcato esiste e la sua abolizione è di urgenza impellente. Molti fanfalucano che non esisterebbe e che sarebbe invenzione di un “certo” femminismo, delle femministe “arrabbiate” (ebbene sì, alcune sono arrabbiate), dei media femministizzati e via dicendo. Ma ci sono anche i fatti e questi parlano chiaro, fanno male come pugni nello stomaco. Eccoli qua, i fatti. Tutte le statistiche dei mali sociali vedono in testa i maschi padroni in percentuali inarrivabili. Dall’abbandono scolastico ai senzatetto, dai mutilati ai morti sul lavoro, dai suicidi ai carcerati maggiorenni (e minorenni, non fa differenza) colpevoli o innocenti (ogni anno mille detenuti ingiustamente, solo maschi). Le quote variano dal 68% (abbandono scolastico) al 97% dei morti sul lavoro fino al 100% dei separati suicidi (a causa del patriarcato non ci sono madri separate suicide). Nel mezzo di quelle percentuali stanno le altre categorie di disgraziati che capeggiano classifiche dai cui apici non vogliono andarsene. Pervicaci nella loro offensiva ostinazione: sempre in testa, sempre lassù, sempre primi in tutto. Priapismo patriarcale.
Dopo decenni di lotte femministe per imporre l’assegnazione dei figli agli ex, egoisti e refrattari, ancor oggi nel 90% dei casi la prole rimane incollata alla madre ad opera di una magistratura al servizio del menefreghismo prostatico. Con la stessa colla le resta appiccicata la casa, il mantenimento e fette sanguinose del reddito del Patriarca. Le femmine producono il 38,5% del PIL ma spendono il 79% del reddito, costrettevi dalla moda e dal consumismo turbocapitalistico. Poverette. Tutto il proprio e quasi tutto quello portato comunque a casa dal breadwinner in modo lecito e regolare, irregolare o illecito. Con onore e gloria pubblica o con crimini disonorevoli. Embeh!? Pecunia non olet e semmai in galera ci va lui. Nel frattempo la naja è stata abolita e le femmine sono entrate nell’esercito (più a comandare che a obbedire). Il padronato maschile ha però riservato a sé l’eventuale ripristino dell’obbligo di leva, perché dove c’è da spassarsela là ci sono i testicolati. È un diritto per lei quel che è da sempre un dovere per lui.
Le meraviglie del patriarcato.
Quote rosa (ma solo in alto), assegno di conforto, reddito di libertà, opzione donna, impresa donna, pensione anticipata con morte differita, esenzioni STEM, bonus mamma, gratuito patrocinio, pensione di reversibilità, pensione indiretta, assegno divorzile, rendita vedovile. Denaro a torrenti, a fiumi, somme graziosamente elargite dal paternalismo patriarchista. A parità di crimine, punizioni inferiori o nulle (giacché misericordioso è il patriarcato), ma nondimeno umiliante divario che le dipinge incapaci di intendere e di volere, al pari dei bimbi. Un oltraggio. Intanto lo psico-zerbinaggio patriarcale ha abolito ogni oggettività dei reati relazionali e perciò ha invertito l’onere della prova: «Mi sono sentita…», «Credevo di volere…», così il porco maschio sciovinista corre ansimando a tentar di provare che lei non ha provato ciò che dice di aver sentito, di aver voluto quel che ella medesima non sapeva di volere. Auguri.
È finita? No, c’è dell’altro ma la chiudo qua, dopo aver ricordato il misfatto numero uno, la prima brutale violenza del patriarcato. Le femmine hanno diritto all’aborto e al parto anonimo, possono rimediare, possono cambiare idea imponendo ad arbitrio agli uomini quel che rifiutano per se stesse. Un diritto capitale fondato sulla brutale sottomissione dell’altro. Autocrazia assoluta sulla vita del partner che deve persino tacere, perché c’è chi, avendo osato parlare, è finito in tribunale. Prevaricazione criminale e criminogena inventata, approvata e conservata dalle assemblee dei figli sani del patriarcato. In testa a tutte le classifiche dei mali, derubati, umiliati, ricattati, coartati, mentre cori di maschipentiti giurano che il patriarcato danneggia anche gli uomini. No, sciagurati, no! Non danneggia “anche” gli uomini, deruba e castiga unicamente loro. Punisce e ferisce soltanto noi.