Il Prof. Camerini nota un aspetto gravemente criticabile nel parere della Commissione Parlamentare sul DDL di riforma del processo di famiglia. Non è l’unica bestialità, nel nostro piccolo ne notiamo altre. Il primo rapporto GREVIO (“Group of Experts on Action against Violence”, una lobby interna al Consiglio d’Europa per l’applicazione della Convenzione di Istanbul nei paesi che vi hanno aderito) stigmatizza l’assenza di una legislazione specifica per le situazioni di violenza di genere in presenza di affido condiviso:
Curioso il rapporto GREVIO: lamenta che non ci sia ciò che in effetti non deve esserci. Non c’è una legislazione specifica per situazioni di violenza di genere, in presenza di un affido condiviso. Sorvolando sull’italiano, che pure in un atto istituzionale non sarebbe male curare un po’ meglio, qualcuno dovrebbe spiegare al GREVIO e a chi ne cita i report che l’inquinamento ideologico deve restare fuori dall’impianto normativo, i casi di violenza (ogni genere di violenza, non solo con vittime femminili) sono già sanzionati dal nostro ordinamento. Sarebbe fuorviante, oltre che incostituzionale, legiferare stabilendo che una categoria di cittadini è più meritevole di tutela rispetto a qualsiasi altra. Infatti è questo l’obiettivo di tutto ciò che fa riferimento al GREVIO e alla Convenzione di Istanbul: abbandonare l’imparzialità – caratteristica peculiare di un impianto normativo degno di questo nome – e legiferare in maniera palesemente gender oriented.
Già oggi tra i criteri di deroga dall’affido condiviso vi è la violenza nel suo costrutto più ampio e complesso, che prescinde dal genere di autori e vittime; già oggi la violenza assistita viene riconosciuta come una forma di maltrattamento dei minori, quindi compresa nell’art. 572 cp; già oggi sono previste nel Codice Penale tutte le circostanze aggravanti, dai futili motivi ai rapporti di parentela tra autore e vittima di violenza. Un genitore oggettivamente violento costituisce un chiaro pregiudizio per la crescita dei figli, quindi già oggi esiste l’affido esclusivo nei casi in cui si renda necessario, già oggi esistono sia la sospensione che la revoca della responsabilità genitoriale, già oggi esistono gli incontri con la prole in modalità protetta. Ma non basta, serve di più, molto di più.
Una incompetenza imbarazzante.
Trattandosi di GREVIO è indispensabile gettare la maschera dell’imparzialità: le madri devono ottenere l’affido esclusivo quando dichiarano di essere vittime dell’ex violento. Quindi ad una donna, per ottenere dei vantaggi, deve essere consentito “dire” – senza doverlo dimostrare – che l’ex è violento. Ciò che si legge tra le righe è che il padre per venire escluso dall’affido condiviso non deve essere “oggettivamente” violento, non servono prove, condanne, rinvii a giudizio, misure cautelari, basta che venga descritto come violento dalla ex che lo accusa. Una semplice denuncia, a prescindere dall’esito che possa avere, deve bastare a dare l’affido esclusivo alla madre. Con buona pace della riforma del 2006. È il tentativo di tradurre in maniera un tantino ripulita dalla pochezza che le contraddistingue le farneticazioni sconclusionate di chi urla sui social “maledetta bigenitorialità, maledetta legge 54/06”.
D’altra parte abbiamo esempi concreti di madri che si autoproclamano vittime di violenza istituzionale perché hanno denunciato più volte l’ex, anche se ogni volta le denunce si dimostrano infondate. Deve diventare la regola, ti denuncio quindi ho ragione per il solo fatto di averti denunciato, chissenefrega di ciò che potranno dire i tribunali, devi toglierti di mezzo, serve una legge che ti imponga di sparire dalla vita dei figli che sono “roba mia”. Non vale la pena di sottolineare quanto tale norma, se esistesse, aprirebbe autostrade sempre più ampie alle false accuse strumentali. Non saprei dire se il GREVIO e chi ne cita i rapporti non ci abbiano mai pensato o, peggio, se ci abbiano pensato e sia proprio questo l’obiettivo. Altro passaggio che grida vendetta è quello che recita «rivedere la materia dell’affido condiviso in maniera tale da garantire che la bigenitorialità non possa mai prevalere sul preminente interesse del minore». Manifesta un’incompetenza imbarazzante: la bigenitorialità è un diritto indisponibile del minore, che pertanto coincide col best interest of the child e lo assorbe.
La tanto odiata legge 54/06 tutela invece i diritti dei figli.
La differenza tra diritto ed interesse sembra sfuggire agli improvvisati estensori del documento: un diritto è esigibile, un interesse no. L’esempio frequentemente citato dal prof. Giuseppe Magno, docente di Diritto Penale, ex Autorità Centrale di Giustizia Minorile ed ex Consigliere di Cassazione: chiunque ha il diritto di essere libero e può citare in giudizio chi provi illecitamente a limitare la propria libertà; al contrario, qualunque persona ha interesse ad essere felice, bella e benestante ma nessuno può citare in giudizio chi non gli garantisce la felicità, la bellezza, l’agiatezza. Proprio perché non sono diritti. Il diritto del minore, proprio in quanto diritto, gode quindi di maggior tutela rispetto a qualsiasi interesse, le parole hanno un senso. L’errore di fondo, non saprei dire se per ignoranza o malafede, è l’interpretazione distorta del principio di bigenitorialità: alcuni pensano che sia un interesse del padre, che quindi può essere limitato qualora entri in conflitto con l’interesse dei figli. Soprattutto quando è la madre a decidere che l’interesse dei figli sia quello di non frequentare il padre, ma questo è un altro discorso. Non è così, basta leggere l’art. 337 ter Codice Civile: «Il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi (…)»
Una coincidenza curiosa: l’analfabetismo giuridico alla base di tale passaggio è lo stesso che affligge sia le barricadere di “maledetta legge 54” che quelle di “la PAS protegge i padri violenti e pedofili”. La bigenitorialità dovrebbe essere abolita poiché viene percepita come un insopportabile privilegio paterno che sovrasta l’interesse dei figli (e le conquiste delle madri, qualcuna ha scritto anche questo). Si tratta di un concetto ridicolmente a-giuridico, figlio solo del pregiudizio ideologico. Per dirla con il Prof. Camerini, chi l’ha scritto non sa di che parla. Ultimo passaggio è quello relativo allo “studio” (si fa per DiRe) dal quale emerge che ci sarebbe poca ideologia femminista nei tribunali e poca genuflessione alla Convenzione di Istanbul, urge indottrinamento. Mi correggo, scrivono formazione. In conclusione, non è possibile ignorare che il GREVIO, la Convenzione di Istanbul, le avvocate di DiRe e le scalmanate di “maledetta legge 54” agiscono, con vari livelli di competenza, in un’ottica dichiaratamente femminista quindi di tutela esclusivamente della donna. La tanto odiata legge 54/06 tutela invece i diritti dei figli, piaccia o meno alle polemiche contestatrici.