«Il femminismo ha a che fare con la giustizia. Non c’è ancora uguaglianza nel mondo, quindi dobbiamo impegnarci perché ci sia. Grazie al femminismo le donne possono votare, comprare una macchina o una casa, senza che un uomo firmi il documento o la liberatoria che dà loro il permesso», ha chiarito la scrittrice Chimamanda Ngozi Adichie, autrice del celebre libro Dovremmo essere tutti femministi. È una convinzione pressoché universale, soprattutto tra le donne, che molti dei diritti e delle prerogative che godono oggi le donne sono dovute alle conquiste del movimento femminista. Questa convinzione non è esclusiva di chi si ritiene femminista. Una convinzione che sorge quasi spontaneamente in ogni dibattito: se oggi le donne possono votare, lavorare, studiare, scegliere chi sposare, passeggiare liberamente per la strada, esercitare qualsiasi mestiere, fare dello sport, indossare qualsiasi abito, decidere se avere dei figli, ecc., è merito delle lotte del movimento femminista. Ogni donna che ha successo in questa società è senza dubbio in debito con il femminismo. In fondo, «Meloni sta dov’è grazie al femminismo». L’Instituto Universitario de Investigacion de Estudios de Género (Istituto Universitario di Ricerca sugli Studi di Genere) ha stilato una lista di 26 di queste conquiste femministe. Eccone alcune, le più significative: «Se sei una donna, grazie a una femminista… 1. puoi votare; 2. ricevi lo stesso stipendio di un uomo per fare lo stesso lavoro; 3. sei andata all’università…; 4. puoi candidarti per qualsiasi lavoro…; 6. sei un medico, avvocato, pastore, giudice o legislatore; 7. pratichi uno sport professionistico; 8. puoi indossare i pantaloni…; 11. puoi avviare un’impresa e puoi ottenere un prestito…; 12. sei sotto processo e ti è permesso testimoniare in tua difesa; 13. possiedi una proprietà che è unicamente tua; 15. ottieni la custodia delle tue figlie e dei tuoi figli dopo un divorzio o una separazione; 17. tuo marito ti picchia ed è illegale…; 18. ti viene rilasciata una laurea dopo aver frequentato l’università…; 21. hai il diritto di rifiutarti di fare sesso con tuo marito; 23. hai il diritto di leggere i libri che vuoi; 25. puoi aspettarti di vivere fino a 80 anni invece di morire tra i 20 e i 30 anni a causa di gravidanze illimitate».
La narrazione storica femminista non è soltanto un atto d’accusa che colpevolizza l’universo maschile, costretto a vivere sotto il peso di un macigno denominato colpa. Il femminismo chiede anche un pedaggio all’universo femminile, esige dalle donne devota gratitudine, la riconoscenza per tutto quello che le donne oggi godono. Questa lettura della Storia, divulgata spesso a livello mediatico, istituzionale e scolastico, è corretta? La libertà e molti dei diritti di cui godono attualmente le donne sono da attribuire alle lotte femministe? Prima di rispondere varrebbe la pena di fare una breve riflessione sul modo nel quale viene concepito oggi il decorso storico. Per la storiografia moderna, da Montesquieu in poi, la storia consiste nel dominio degli avvenimenti del passato inquadrati in una connessione coerente di cause e effetti. Studiare la storia significa studiarne le cause. Uno storico si pone continuamente la domanda “perché?”. L’assioma che tutto ha una causa è una delle condizioni che ci consente di comprendere ciò che avviene attorno a noi, e questo non riguarda solo la Storia ma qualsiasi azione umana. Di fronte a un avvenimento, lo storico cerca di individuare le molteplici cause che lo hanno determinato. Poi stabilisce una gerarchia tra queste cause e decreta eventualmente, in maniera semplicistica, quale causa, o quale tipo di causa debba essere considerata quella decisiva, la causa delle cause. Ma questa necessità della ricerca storica di individuare le cause e gli effetti degli avvenimenti è problematica, genera spesso un dibattito tra gli storici sul determinismo storico, sulla collocazione del libero arbitrio o sulla funzione del caso nella storia, dibattito che esula da questo intervento. Per quanto a noi interessa, la storiografia femminista ha determinato, in maniera tassativa, universale e senza fornire alcun contesto storico, che la causa delle cause della serie di diritti e prerogative femminili sopraelencati è stato il movimento femminista.
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Il femminismo si appropria di vittorie non sue.
La prima obiezione che mi viene da sollevare, e non è di poco conto, è che tutti i diritti e le prerogative femminili sopraelencati erano già goduti dalle donne, in certi contesti temporali e geografici, prima ancora della nascita del movimento femminista stesso – convenzionalmente collocata da noi, e dalla più nota storiografia femminista, nel 1848 durante la Convenzione di Seneca Falls. Ad esempio, per quanto riguarda il diritto di voto, storicamente è un dato di fatto che alcune donne avevano già goduto e/o godevano di questo diritto prima del 1848, anche se nel contempo molte altre donne nel mondo non ne avevano mai potuto godere. D’altra parte la stessa identica situazione capita oggi. Attualmente quasi ovunque si celebra che le donne possono votare grazie al femminismo e, nel contempo, milioni di donne (e di uomini) in molti paesi del mondo non hanno mai potuto esercitare questo diritto, malgrado le attuali ricorrenti cerimonie trionfali dei paesi occidentali e dell’ONU sul diritto di voto conquistato per le donne e il predominio mondiale del femminismo a livello istituzionale e mediatico. Per quale misterioso motivo non possono votare oggi queste donne? Per colpa del patriarcato? Comunque, ammesso e non concesso che oggi nel mondo tutte le donne possano votare grazie alle rivendicazioni e alle lotte delle suffragette (causa delle cause), come è ricorrente proclamare dalle istituzioni, per quale causa erano riuscite ad esercitare questo diritto molte donne prima dell’esistenza stessa delle lotte delle suffragette, cioè prima dell’esistenza del femminismo stesso?
Chi devono ringraziare per il voto le donne francesi e di altri paesi del Medioevo, che votavano per assemblee di città e paesi? Chi devono ringraziare per il voto le donne della Svezia (1718-1771), del New England durante il periodo coloniale (1756-1768), del New Jersey (1776-1807), della Repubblica Corsa (1755), delle Isole Pitcairn (nel 1838), del Granducato di Toscana (1849), del territorio del Wyoming (1869) o dell’Isola di Man (1881), per nominarne alcune? Tutte queste donne godevano del diritto di voto in un’epoca nella quale la maggior parte delle donne e degli uomini nel mondo non potevano votare. Senza andare troppo distante e sempre nell’ambito nazionale, il suffragio femminile fu adottato in Nuova Zelanda in 1893, dieci anni prima della nascita del movimento delle suffragette nel Regno Unito. Il primo stato europeo a riconoscere il suffragio universale fu il Granducato di Finlandia (1906), con le prime donne elette in parlamento nel 1907, prima ancora che le suffragette britanniche iniziassero la loro campagna di attentati nel Regno Unito. Senza proteste eclatanti né violenza, le donne neozelandesi e finlandesi avevano ottenuto ciò che le suffragette britanniche e americane esigevano di ottenere. Evidentemente la causa per la quale le donne neozelandesi e finlandesi hanno ottenuto il suffragio non può essere attribuita al femminismo e alle sue azioni, è da inquadrare piuttosto all’interno di un processo storico più complesso che stava ampliando in maniera ormai inarrestabile questo diritto tanto alle donne quanto agli uomini.
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I danni del movimento suffragista femminista.
Anzi, si potrebbe ipotizzare, senza pericolo di sbagliare, che la concessione pacifica del suffragio femminile da parte degli uomini neozelandesi o finlandesi alle donne abbia avuto un’influenza più determinante per la concessione del suffragio femminile nel Regno Unito, negli Stati Uniti e nel resto dei paesi del mondo, che le campagne di protesta e di violenza delle suffragette. Valga come esempio l’analogia tra la decolonizzazione dei paesi dell’Africa e il suffragio femminile. In pochi anni la maggior parte dei paesi africani ha raggiunto l’indipendenza, molti di loro in maniera completamente pacifica, alcuni dopo anni di lotte violente. In Kenya, accanto al movimento diretto da Kenyatta, operò un altro movimento più estremista, i Mau-Mau, che ricorse a metodi terroristici. In Nigeria non operò alcun movimento simile. Ottenne il Kenya l’indipendenza grazie alle azioni dei Mau-Mau? Avrebbe ottenuto il Kenya l’indipendenza anche se i Mau-Mau non fossero esistiti? Le azioni terroristiche dei Mau-Mau hanno anticipato o ritardato la dichiarazione di indipendenza del Kenya? Devono Nigeria e il resto dei paesi africani l’indipendenza all’influenza e alle azioni terroristiche di Mau-Mau? La causa delle cause della decolonizzazione africana, di tutto il continente, sono stati i Mau-Mau? Oggigiorno nessun storico attribuisce il merito (causa delle cause) della decolonizzazione di tutto il continente africano ai Mau-Mau. Stessi dubbi dovrebbero essere sollevati sul ruolo svolto dalle femministe nella conquista del suffragio femminile, nel Regno Unito, negli Stati Uniti e nel resto del mondo.
Lungo la Storia, in certi contesti temporali e geografici, prima ancora dell’esistenza del femminismo, le donne hanno potuto studiare, lavorare, legiferare, commerciare, possedere delle proprietà, esercitare come medici, lasciare in eredità, testimoniare, divorziare, ecc., risulta quindi quanto meno discutibile che tutte queste prerogative femminili vengano oggi attribuite a conquiste femministe, senza la ben più minima obiezione o chiarimento. Tra queste, il diritto di voto femminile resta per tutti la questione principale. Non è un caso se Chimamanda Ngozi Adichie lo nomina per primo, né se il primo punto della lista dell’Instituto Universitario de Investigacion de Estudios de Género è questo stesso diritto. Come non è un caso che, dei quindici punti di sistematica violazione dei diritti delle donne da parte degli uomini elencati nella Declaration of Sentiments della Convenzione di Seneca Falls (1848), il primo punto elencato fosse il diritto di voto. Il suffragio femminile è la punta di diamante della denuncia storica femminista, il fiore all’occhiello delle conquiste delle donne, il pezzo forte delle accuse femministe, senza il quale molto di quel biasimo contro il “Patriarcato” perde il proprio senso. Senza voler trascurare le altre lagnanze, o “conquiste”, femministe – che verranno trattate in interventi successivi –, il suffragio femminile merita un’attenzione speciale. La mia tesi, che cercherò di sostenere nei prossimi interventi, nega il riconoscimento del movimento suffragista (femminista) come causa delle cause del raggiungimento del suffragio femminile. Al contrario, a mio avviso il movimento suffragista ha rappresentato storicamente un ostacolo, senza il quale le donne avrebbero potuto, probabilmente, ottenere il diritto di voto diversi anni prima, come vedremo nei prossimi interventi. Cioè, l’opposto di quanto oggi viene divulgato dalle istituzioni e dal movimento femminista.