Gli incendi che stanno devastando Los Angeles risultano essere tra i più distruttivi e feroci mai affrontati nella storia della “città degli angeli”. Gli scenari apocalittici di questi giorni, trasmessi in tutto il mondo grazie ai media, difficilmente si potranno dimenticare. I danni sono ingenti: si parla di cinque zone interessate con oltre 140 km2 di territorio bruciato, migliaia di strutture distrutte, 11 morti (accertati al momento in cui questo articolo viene scritto), 180.000 evacuati e danni incalcolabili. Quando si assiste a un inferno del genere viene spontaneo cercare rapidamente un “capro espiatorio” cui addossare tutta la responsabilità e questo caso non fa eccezione: nelle testate giornalistiche e sui social molti (ad es. qui e qui) stanno puntando il dito contro il nucleo direttivo dei vigili del fuoco della città (Los Angeles Fire Department, LAFD) che sembra essere composto più guardando ai criteri della “Diversity, Equity and Inclusion” (Diversità, equità e inclusione, DEI) che alla effettiva competenza e adeguatezza fisica, con dirigenti donne appartenenti a diverse “minoranze” etniche e/o arcobaleno. Tuttavia quasi sempre, nonostante se ne senta l’esigenza, è difficile circoscrivere un’unica responsabilità per eventi complessi. Sia chiaro, poche cose ci soddisfano più che poter sottolineare le assurdità, la perniciosità e i cortocircuiti della cultura woke, laddove questi si manifestano. Ma in questo caso ci tocca fare i fact-checkers.
Anzitutto, come sottolineano report governativi e esperti tramite i media statunitensi, la zona in questione per il suo clima è storicamente soggetta al rischio di incendi dilaganti di questo tipo (sebbene in questo caso ci sia il sospetto di un’origine almeno in parte dolosa), e la capacità umana di controllarne l’estensione e la portata è intrinsecamente limitata. La diffusione iniziale degli incendi è stata coadiuvata da tempeste di vento oltre i 100 km/h, che hanno anche impedito il dispiego di velivoli per lo spargimento di acqua e ritardanti di fiamma, operazione cruciale per smorzare un incendio nelle prime fasi. A complicare la situazione hanno contribuito un contesto meteorologico particolarmente arido e il divampare di più incendi in contemporanea. Questo quadro avrebbe reso difficile per il LAFD, secondo alcuni esperti, evitare il disastro anche con il top di risorse disponibili. Però, si sarebbero potuti limitare alcuni danni. Se (e sottolineiamo se) delle responsabilità si possono circoscrivere già da adesso, più che la competenza delle dirigenti “quota DEI”, bisogna considerare altri due fattori: 1) il governo Dem del sindaco donna di colore Karen Bass, responsabile di tagli al budget dei vigili del fuoco di LA per 17 milioni di dollari (fondi già decimati nei decenni scorsi) e pronto a tagliarne altri 48 solo pochi giorni prima dello scoppio degli incendi. Bisogna anzi dare atto a Kristin Crowley, attuale capa del LAFD, di aver espresso preoccupazione in merito allo stato delle risorse del suo dipartimento, e relativa efficacia di servizio, a causa dei tagli dell’attuale amministrazione, anche con un report inviato alla sindaca lo scorso 4 dicembre; 2) la gestione “ambientalista” (quindi comunque entro le istanze della cultura woke) del governatore della California Gavin Newsom, per la quale pare non si sia operata la corretta manutenzione delle aree forestali dello Stato: la polemica infuriò nel 2019 e di nuovo nel 2020, durante altre importanti ondate di incendi. Newsom rispose di non considerare Trump un interlocutore valido in quanto «negazionista del cambiamento climatico». Trump ha anche affermato che Newsom non avrebbe provveduto a rifornire le riserve dell’area di LA di sufficiente acqua dolce proveniente dal Nord dello Stato, a causa della sua priorità di salvaguardare l’ecosistema del delta dei fiumi Sacramento-San Joaquin e in particolare una specie ittica a rischio estinzione (affermazione che i fact-checkers antitrumpiani si sono affrettati a sommergere di “precisazioni”, che lasciamo al lettore scandagliare).
L’impegno per la “diversità” nei Vigili del Fuoco.
Ciononostante, la dirigenza “quota DEI” del LAFD resta un carnevale interessante da visitare. La già citata Kristin Crowley, pur avendo indubbie competenze, è più che altro nota per essere la “prima donna LGBTQ” a capo dei vigili del fuoco di LA, e nella sua comunicazione pubblica ha senz’altro maggiormente sottolineato il suo impegno per “un corpo dei vigili del fuoco più ‘diverso’ e inclusivo” che altri obiettivi o focus del proprio mandato: l’ufficio DEI del dipartimento è stato lanciato a fine 2022 poco dopo il suo insediamento. Il suo vice-capo Kristine Larson, casualmente altra “donna LGBTQ” e di colore, è diventata suo malgrado nota in questi giorni per questa affermazione, fatta per un video promozionale: «Una donna è abbastanza forte da poter fare questo lavoro? Mi dicono, ‘se mio marito resta bloccato in un incendio, ce la fai tu a portarlo via di peso?’ Io rispondo, ‘se lo devo portare via di peso fuori da un incendio, vuol dire che tuo marito si trovava nel posto sbagliato’». Non è tipo victim blaming?… Kristine Larson è anche capo della sezione DEI del dipartimento dei pompieri di Los Angeles, incarico che le frutta compensi da centinaia di migliaia di dollari: meritati, visto che lo svolge molto bene, se è vero che il direttivo del LAFD è circa al 50% composto da “persone che si identificano come LGBTQ”, a fronte di una corrispondente percentuale del 4,6% nella popolazione di Los Angeles.
Ma il gossip (si fa per dire) più “succoso” riguarda l’altro assistente capo Kristina Kepner, anche lei per puro caso “donna LGBTQ”: nel marzo 2023 assurse alla cronaca per un episodio dell’ottobre 2021 in cui avrebbe aggredito fisicamente la sua compagna e l’avrebbe minacciata di compiere un “femminicidio”-suicidio, a punirla per l’innegabile colpa di aver (forse) flirtato con la poliziotta del dipartimento di polizia di Los Angeles (LAPD) Scarlett Martinez. Ci sarebbero dei video, acquisiti dai rispettivi dipartimenti, in cui si vedono le ferite sul corpo della vittima, e la Kepner che scrive una lettera di suicidio (acquisita anche quella), minaccia la compagna e le dice che è inutile che chiami il numero per le emergenze, il 911, perché tanto non le avrebbero mai creduto (un po’ come diceva Amber Heard a Johnny Depp, per dire), e lei avrebbe fatto in modo che la polizia non avrebbe svolto indagini ulteriori. Il direttivo del LAFD, interpellato dal giornalista d’inchiesta Daniel Guss, in un primo momento negò tutto, a seguente insistenza ammise le accuse ma dichiarando di aver condotto una “approfondita indagine interna” che avrebbe concluso per la insostanzialità delle stesse: “sorella non ti credo”, insomma (non è tipo vittimizzazione secondaria)?
L’inquinamento dell’ipocrisia “woke”.
Nonostante le evidenze a supporto della versione della vittima, un’inchiesta in corso nel LAPD, l’evidente conflitto di interessi, e la situazione quantomeno “femministicamente scorretta”, Kristin Crowley nel gennaio 2022 confermò alla Kepner l’incarico di “Assistant Chief Special Duty PSD”, ossia il dirigente che si occupa della salute mentale e delle questioni di condotta all’interno del LAFD. Pare proprio la persona più adatta per tale incarico in effetti, non c’è che dire. (I dettagli e le fonti di questa storia, insabbiata ma riportata alla luce da Guss, si trovano qui e qui.) Al netto quindi di una valutazione onesta di eventuali responsabilità dirette negli incendi di Los Angeles, è lecito domandarsi quanto ancora dovremo sopportare questa ipocrisia tipicamente woke per cui quei soggetti che si spendono per fare la morale a tutti sono i primi a ignorare gli scheletri se capitano negli armadi dei propri “compari”. Ma soprattutto, è lecito domandarsi se, per svolgere al meglio il compito di dirigere quel corpo che deve proteggere la collettività dal fuoco e dalle emergenze naturali, non c’era proprio nessun altro disponibile, con un po’ più di prestanza fisica e un’emotività meno dirompente magari, da poter selezionare. Tipo, degli uomini.