di Fabio Nestola. Centinaia di telefonate alla vittima, minacce via mail ed sms alla moglie e al figlio della vittima, ma per i giudici non sono atti persecutori. Il motivo: gli stati d’ansia non sono stati dimostrati, quindi non è stalking ma solo amore. È lecito chiedersi come sia dimostrabile uno stato di preoccupazione, ansia, timore, ma soprattutto in quanti e quali casi sia stato chiesto alla vittima di “dimostrarlo”. Può un referto medico certificare la paura? Bisogna depositare agli atti un elettrocardiogramma che dimostri una frequenza anomala? La fattura di una psicoterapia? Una ricetta medica con la prescrizione di farmaci calmanti? Non ricordo precedenti analoghi a ruoli invertiti, casi cioè nei quali sia stato chiesto ad una donna di dimostrare il disagio provato nel ricevere centinaia di telefonate e messaggi minacciosi. Dice di provare ansia e timore per la propria incolumità e tanto basta.
Se invece la vittima è un uomo, 600 telefonate, 7 mesi di persecuzione e minacce ai familiari non sono stalking. Probabilmente il furbacchione “ci ha provato”, ma non ha dimostrato l’ansia, quindi è solo amore. Eppure la casistica dimostra, sentenze alla mano, che basta molto meno per configurare il reato di atti persecutori. Quello sanzionato dall’articolo 612 bis del Codice Penale è un reato di percezione, si configura cioè ogni volta che la vittima percepisca come persecutorio il comportamento del reo, indipendentemente dalle intenzioni del reo stesso. Non è necessario quindi che il persecutore sia minaccioso o violento, anche la mera insistenza nel cercare un contatto non voluto dalla vittima configura lo stalking. Almeno quando la vittima è una donna. Se lo stalker è un uomo può essere condannato anche per bigliettini che esprimono timidezza, poesie d’amore, mazzi di fiori.
Torna utile il solito archivio. Nel 2016 si esprime la Cassazione: “Anche l’invio di fiori può diventare un atto di stalking. Lo ha spiegato la Corte di Cassazione nella sentenza n. 18559/2016 con la quale ha rigettato il ricorso di un uomo accusato di atti persecutori nei confronti di una donna. Secondo i giudici, infatti, “spesso la condotta molestatrice si risolve in una serie di contegni che, di per sé, non hanno alcuna valenza criminosa e che la assumono proprio per il fatto della loro maniacale ripetitività, assunta nei confronti di una persona che non gradisce, rendendola insopportabile”. Nella sentenza si legge che “anche l’invio di fiori può essere molesto se chiaramente non gradito dalla destinataria”. Sono quindi sanzionabili anche comportamenti che di per sé non hanno alcuna valenza criminosa, ma la assumono proprio per la loro maniacale ripetitività”. Evidentemente centinaia di telefonate per il Tribunale di La Spezia non sono “maniacale ripetitività”, è solo amore.
Ancora più curioso è un pronunciamento dell’anno precedente, il 2015, proprio dello stesso tribunale di La Spezia che ritiene solo amore 600 telefonate e stalking una rosa sul parabrezza dell’auto o un mazzo di fiori con annesso bigliettino che ammette la timidezza. Citiamo da un articolo del Secolo XIX: “le condotte attribuite a I. P., 54 anni, residente alla Spezia, non sembrano tratteggiare il profilo di un delinquente. Viene accusato di stalking, ma non gli vengono contestate minacce, continue telefonate, percosse. Niente di tutto ciò. I., da quanto viene riportato negli atti giudiziari, è solo un uomo che ha provato fino all’ultimo a conquistare una donna. Non ci è riuscito e lei lo ha denunciato perché, a suo modo di vedere, si è trattato di una persecuzione. Il sostituto procuratore Claudia Merlino, nella sua richiesta di rinvio a giudizio, parla di un “corteggiamento ossessivo e sgradito” alla vittima. Rispetto ai gravi casi di stalking raccontati nelle cronache, però fa sorridere notare tre le contestazioni “mazzi di fiori, cd musicali, accendini, bigliettini”. È vero, l’uomo sarebbe arrivato perfino a seguire la parte offesa, ma poi non l’ha presa a schiaffi o ingiuriata. No. Le ha poggiato una rosa sul parabrezza dell’auto e se n’è andato. Pochi giorni dopo, poi, un bigliettino: “Signora bionda, triste, con la coda…”. Lo stesso mese le ha fatto recapitare sul luogo di lavoro un accendino, con l’effige delle carte da gioco. Nella busta anche un biglietto: “Sei la mia regina di cuori”. Non si è arreso I., così ha riprovato con un mazzo di fiori: “Sono timido e non posso farmi avanti, chiamami…”.
Sinceramente non so come facciano certi giudici a cadere in contraddizioni tanto vistose, ma lo fanno, e lo fanno con preoccupante ricorsività. L’asimmetria valutativa è ormai una costante nei nostri tribunali, che emettono sanzioni macroscopicamente diverse non solo in merito allo stalking ma anche per gli infanticidi, le coltellate al partner, gli attacchi con l’acido. Diritto Discriminatorio Nazionale: sentenze condizionate da chi faccia cosa. Una giustizia veramente imparziale si potrà avere solo quando i provvedimenti nel nostro Paese verranno presi analizzando esclusivamente i comportamenti delittuosi, senza conoscere il genere di autore e vittima.