Secondo la narrazione femminista, la religione s’annovera – assieme alla cultura, alla scienza, alla famiglia, allo stato, al linguaggio, ecc. – tra quelle strutture e sovrastrutture che hanno partecipato alla costruzione del “patriarcato” a danno delle donne. Dall’altra parte, «quasi in maniera naturale le religioni si sottopongono a questa consuetudine: la religione del padre muore spesso col padre; la religione della madre si trasmette nei figli e parenti. La maggior parte di noi è stato avvicinato alla preghiera dalle nostre madri, dalle nonne, dalle suore. Sono loro a mostrarci il nostro modello in Cristo o in Buddha. Il ruolo delle donne nella diffusione delle religioni, del cristianesimo in Occidente, è unanimemente riconosciuto dagli storici…». Per quanto riguarda il cristianesimo, «Clotilde, principessa burgunda e sposa di Clodoveo, re dei franchi, nel 496 convinse il marito ad abbandonare il paganesimo. Analogamente Ethelberga di Northumbria si adoperò per la conversione del marito. Due secoli dopo, Teodolinda, regina longobarda, con l’appoggio di papa Gregorio Magno promosse la conversione del suo popolo dalla dottrina ariana a quella cattolica. E sua figlia Gundeberga, dopo che i longobardi furono ritornati all’arianesimo, riprese l’opera di sua madre. Iganda, moglie del principe visigoto Ermenegildo, lo convinse ad abbandonare l’arianesimo per il cattolicesimo nel 580. La principessa Berta accolse i monaci romani mandati da Gregorio Magno a evangelizzare gli anglosassoni. Sotto l’influenza di Elia Pulcheria, il fratello Teodosio II, imperatore romano d’Oriente, e sua moglie Elia Eudocia si convertirono al cristianesimo. Due donne, Irene e Teodora, strenue difensori del culto delle immagini nell’Impero bizantino, ristabilirono il culto. Olga di Kiev, prima sovrana cristiana della Russia, nel X secolo, si affannò per diffondere la religione cristiana tra gli slavi. A questa lista bisogna aggiungere Gisella e il suo contributo alla cristianizzazione dell’Ungheria, e Sant’Edvige di Andechs in Slesia» (tratto dall’opera La grande menzogna del femminismo, a p. 365).
I primi secoli del cristianesimo pullulano di donne protagoniste: le sante martiri, di cui tutti conoscono i nomi, invocate e venerate nella preghiera e alle quali vengono dedicate intere chiese: Tecla, Agata, Agnese, Cecilia, Lucia, Caterina, Margherita, la schiava Blandina…; santa Genoveffa, santa e patrona di Parigi, rassicura e incoraggia la popolazione di Parigi minacciata da Attila; santa Elena, la madre e la consigliera principale dell’imperatore Costantino, convertito al cristianesimo per l’influenza di sua madre. Probabilmente non è esistita una donna più influente nella storia dell’umanità di Elena. E la Chiesa cristiana non deve così tanto a nessun altro. Eppure il femminismo, determinato a disseppellire le donne “dimenticate” dalla storiografia patriarcale, non la rivendica mai (forse Elena e le prime martiri contraddicono la narrazione di una Chiesa misogina, che teme e cancella le donne?). Troviamo anche Santa Monica, l’amatissima mamma di Agostino, alle cui preghiera il santo attribuì la propria salvezza. Nel Tardo Impero Romano numerose aristocratiche romane convertono i loro mariti e i loro figli. Non è un quadro atipico vedere la famiglia dove il padre continua ad essere pagano, mentre la madre si converte al cristianesimo…e nella seguente generazione i figli e i servi sono già cristiani (ciò che prova l’importanza e il ruolo delle donne nella “costruzione” del mondo).
Le donne dimenticate dal femminismo.
Marcia, la concubina dell’imperatore Commodo, riuscì a convincerlo a liberare Callisto, futuro papa, che era destinato ai lavori forzati in Sardegna; Teodolinda, regina longobarda in Italia, converte al cattolicesimo suo figlio Adaloaldo; nel 573 Teodosia sposa Leovigildo, re dei visigoti, e lo converte alla propria fede; Berta di Kent ottiene nel 597 che il re Etelberto si faccia battezzare; la moglie di Edvino, re di Northumbria, lo convince ad abbracciare la fede cattolica; Edvige di Polonia è l’artefice della conversione dei Paesi Baltici; poi le imperatrici Pulcheria, figlia dell’imperatore Arcadio, infaticabile promotrice della costruzione di chiese, di cui ben tre dedicate alla Madonna, di ospedali e ospizi per i pellegrini e Eudoxia (da non confondere con l’imperatrice Eudocia), che fa trasferire le reliquie di santo Stefano a Gerusalemme, fa costruire un palazzo episcopale, e ricoveri per i pellegrini… In Spagna come in Italia, come in Gallia, come in Inghilterra, ci voleva una regina per introdurre il cristianesimo. Fabiola (morta nel 399), nobile matrona romana della stirpe dei Fabii, una volta vedova prima segue san Girolamo, si dedica allo studio delle Scritture, e poi fonda il primo ospedale romano e uno dei primi luoghi di assistenza per pellegrini e stranieri, ad Ostia. Come Fabiola, anche Melania (morta nel 410 circa), patrizia romana, dedica la sua vita di convertita alle opere di bene: fonda monasteri, riscatta prigionieri, emancipa migliaia di schiavi…
Il ruolo e l’importanza delle donne nel cristianesimo sono inoppugnabili e smentiscono la narrazione femminista. Un ruolo e un’importanza delle donne attribuita già nei Vangeli: la madre di Cristo, le amiche Marta e Maria, la samaritana al pozzo, le donne che scoprono il sepolcro vuoto (le prime a sapere della risurrezione di Cristo!). Cristo stesso conferisce un ruolo preminente alla donna, rispetto a tutti gli altri, nel racconto della vedova che offre un’elemosina: «Poi Gesù, guardandosi attorno, vide alcune persone ricche che gettavano le loro offerte nelle cassette del Tempio. Vide anche una povera vedova, che vi metteva due monetine di rame. Allora disse: “Vi assicuro che questa vedova, povera com’è, ha dato un’offerta più grande di quella di tutti gli altri. Quelli infatti hanno offerto, come dono, quello che avevano d’avanzo, mentre questa donna, povera com’è, ha dato tutto ciò che le rimaneva per vivere” (Vangelo Luca 21, 1-4). L’offerta della vedova vale di più della offerta degli uomini della città. Dall’altra parte: «ladri e prostitute vi passano avanti ed entrano nel regno di Dio» (Vangelo Matteo 21, 31). Le donne, se non hanno un’importanza superiore, l’hanno come minimo paritaria agli occhi di Cristo (ciò che di nuovo smentisce la narrazione femminista). Ammessi dunque il ruolo e l’importanza delle donne nella costituzione e nella diffusione della religione cristiana – verità che in realtà potrebbe essere estesa a qualsiasi altra religione –, a questo punto risulta estremamente interessante riflettere, nel prossimo intervento e sotto l’ottica della questione di genere che ci occupa, sulla rappresentazione delle donne (e per converso, degli uomini) che ha realizzato la Chiesa attraverso le sante, figure simboliche da imitare che costruiscono l’immaginario collettivo.