La Fionda

Femminismo: prima e ultima ondata, nessuna differenza

Circa un mese fa una lettrice, tale Irina Zovich, ha voluto molto generosamente dispensare critiche e consigli su un mio intervento su Virginia Woolf che sarebbe stato «imbarazzante, una sequela di luoghi comuni superficiali conditi da una buona dose di abilismo e misoginia». Per poi dire, rivolto a tutti, «non sapete di che parlate, avete fatto una gran confusione, il femminismo nasce come liberazione dell* oppress*, studiate che cos’è il femminismo storico della prima ondata (e tutto il dimenticato anarcofemminismo, perché questo caratterizzava la prima ondata). Ridurlo alle suffraggette è una cazzata». Ci consiglia poi di leggere e nomina esplicitamente l’organizzazione anarcofemminista spagnola Mujeres Libres. Sulla Woolf, che era stata la causa del suo primo commento critico, dopo la nostra richiesta per capire dove avevamo sbagliato, fa parzialmente dietro front: «la wolf la lascio stare perché non ritengo sia così emblematica dell’epoca». Il contributo di Irina mi sembra molto interessante innanzitutto perché ci permette di introdurre l’anarcofemminismo della prima ondata e, in secondo luogo, perché ci offre uno spaccato di una mente che è prigioniera della propria ideologia. Come segnalo da tempo, il femminismo è un’unica ideologia caratterizzata da una serie di dogmi fondanti e condivisi (la sua essenza) che si ripropongono in ogni tipo di femminismo, e questo è valido anche per tutti i tipi diversi di femminismo della prima ondata. In pratica, il nazionalfemminismo, il femminismo borghese, il femminismo liberale, il femminismo marxista, il femminismo coloniale, l’anarcofemminismo, il femminismo fascista, ecc., non sarebbero altro che l’applicazione della dottrina femminista, l’unica esistente, all’interno di visioni del mondo differenti: il femminismo combinato ad altre ideologie e modi di pensare. Per la nostra Irina invece non è così, esiste un femminismo buono (l’anarcofemminismo) e un femminismo tossico (il femminismo borghese).

Non ho potuto esimermi di farla notare quanto i linguaggi di entrambi “femminismi” si assomiglino, e per farlo ho adoperato la fonte che lei stessa cita come modello da seguire. Mujeres Libres (in italiano Donne Libere) è stata un’organizzazione femminista dentro dell’anarcosindacalismo spagnolo, presente dall’aprile 1936 al febbraio del 1939, durante la Guerra civile spagnola. Nel 1938 aveva più di 20.000 affiliate. Ecco l’editoriale del primo numero della rivista Mujeres Libres, apparso a maggio 1936: «Pretendiamo di essere infallibili, siamo sicure di arrivare al momento giusto. Ieri sarebbe stato troppo presto; domani, forse, troppo tardi… per canalizzare l’azione sociale delle donne, in modo da dare una nuova visione, ed (1) evitare che la sensibilità e il cervello femminili vengano contaminati dagli errori maschili. Per errori maschili intendiamo tutti i concetti attuali di relazione e convivenza: errori maschili, perché (2) rifiutiamo con forza ogni responsabilità per il divenire storico, nel quale la donna non è mai stata un’attrice, soltanto una testimone costretta e indifesa… non siamo interessate a rievocare il passato, piuttosto (3) vogliamo forgiare il presente e affrontare il futuro, con la certezza che l’umanità ha nella donna la sua risorsa suprema, un valore inedito capace di modificare, per la legge della propria natura, l’intero panorama del mondo… che migliaia di donne riconosceranno la propria voce qui, e presto avremo con noi (4) un’intera generazione di giovani donne che ora si trova agitata e disorientata nelle fabbriche, nei campi e nelle università, alla ricerca ardente di un modo per incanalare le loro preoccupazioni in formule di azione…» In sintesi, 1) superiorità femminile/inferiorità maschile, le donne vengono a correggere gli errori maschili; 2) colpa storica maschile, innocenza storica femminile; 3) superiorità femminile, missione messianica per salvare il mondo; 4) esclusione maschile, dunque sessismo, infatti Mujeres Libres era una rivista scritta da donne, si vietò la collaborazione degli uomini.

Le "Mujeres Libres" in una foto degli anni '40
Le “Mujeres Libres” in una foto degli anni ’40

Le camere di tortura nelle zone anarcofemministe.

Devo riconoscere che la mia risposta non fu molto apprezzata da Irina: «con questo ulteriore commento è ancora più lampante la tua confusione in materia, ma soprattutto la tua completa malafede. Come evidente è che non solo non hai competenze per parlare di femminismo, ma tanto meno di anarchismo. Estrapolare pezzi di testi fuori contesto e sovvertire i significati di base». Come potete vedere, anche in questo caso una critica specifica su quanto scritto. Io in nessun momento scrivo sull’anarchismo, almeno in questo sito, io mi occupo di femminismo, e quale testo avrei dovuto adoperare per analizzare il pensiero di Mujeres Libres? Ho adoperato l’editoriale del primo numero della rivista! Se dovessi studiare il pensiero che soggiace sotto La Fionda, quale testo migliore della sua linea editoriale (il Manifesto)? Non sarebbe appropriato adoperare un intervento qualsiasi. In linea di massima io sono d’accordo su ciò che viene scritto sul sito, ma non sempre, e spero che anche gli altri collaboratori non siano d’accordo su tutto quello che scrivo, ma c’è di sicuro un punto di convergenza nella linea editoriale. Ma per Irina non va bene, perché per la sua mente ideologica devono esistere un femminismo “buono” e uno “cattivo”, e non importa se si esprimono con lo stesso linguaggio o praticano le stesse politiche, come la lotta alla prostituzione. Borghesi americane e anarchiste spagnole, non fa differenza, chiedono l’abolizione della prostituzione.

Ma i danni che reca il fanatismo ideologico sulle menti degli individui si rivelano su un altro punto che esula dal femminismo. Io sinceramente eviterei di scegliere i miei modelli di vita in luoghi e momenti storici bagnati dalla crudeltà e dal crimine, ad esempio durante la Germania nazista, l’URSS stalinista o la Guerra civile spagnola. Come minimo si genera un ragionevole dubbio, e così glielo faccio notare: «l’associazione nasce e ha il suo sviluppo nel mondo anarchico durante la guerra civile spagnola (1936-1939) a Madrid e a Barcellona, in un’epoca nella quale tutti i gruppi, compresi gli anarchici, soprattutto in queste città, si dedicarono a commettere crimini atroci, camere di torture, esecuzioni senza giudizio, anche di minori, stupri di suore, uccisioni di religiosi, chiese bruciate, ecc. Scegliere i propri modelli guida tra persone e gruppi violenti, conniventi o come minimo sospetti di violenza, che si fotografavano con i fucili in mano, non credo sia una scelta molto saggia». La sua risposta: «è ancor più triste che tu stesso non conosca la storia del tuo paese. È molto simile alla propaganda di destra in Italia che dipinge i partigiani come stupratori e assassini (le migliaia di donne nella resistenza: puff sparite, spariti come i battaglioni anarchici: puff anche loro)». Di nuovo, io non sto facendo un dibattito sulla Guerra civile spagnola, e giustamente sottolineo che erano tutti i contendenti (“tutti i gruppi”) a commettere crimini e crudeltà, come effettivamente successe. Anche gli anarchisti e le anarchiste. Nella zona repubblicana, dove operavano le anarcofemministe, si crearono veri e proprie camere di tortura, che gli spagnoli denominavano checas (Čeka), dove i prigionieri venivano interrogati, torturati, giudicati sommariamente e uccisi. Tutti i sindacati, compresi gli anarchisti (CNT) gestirono le proprie checas.

repubblicani guerra civile spagnola
Repubblicani durante la Guerra Civile spagnola.

Non solo non vedono la sofferenza maschile, se ne infischiano proprio.

Purtroppo non ho la tessera di anarchista, non sono tutelato a parlare, dunque mi affido alla testimonianza di un vero anarchista, il leader anarchista José Peirats, contemporaneo e testimone diretto della guerra civile, che nel suo libro La CNT en la revolución española (Vidal, 2003, p. 296), descrive le prigioni della zona repubblica: «Le checas erano oscure, installate in vecchie case e conventi. Il regime di torture che veniva applicato era la procedura brutale: percosse con aste di gomma, seguite da docce molto fredde, finti plotone di esecuzione e altri orribili e sanguinosi tormenti. I consiglieri russi modernizzarono queste vecchie tecniche. Le nuove celle erano più piccole, dipinte con colori molto vivaci e pavimentate con spigoli nei mattoni molto prominenti. I detenuti dovevano rimanere in piedi continuamente, sotto una potente illuminazione rossa o verde. Altre celle erano tombe strette con pavimenti irregolari, pendenze… i detenuti recalcitranti erano rinchiusi nella “cella frigorifera” o nella “cassa del rumore” o legati alla sedia elettrica. La prima era una cella di forma arrotondata alta due metri; vi si immergeva il prigioniero in acqua gelida, ore e ore, finché non dichiarava ciò che gli veniva richiesto. La “cassa del rumore” era una specie di armadio, all’interno del quale si sentiva un terrificante frastuono di campanelli e campane. La “sedia elettrica” variava da quella usata nelle carceri americane, in quanto non uccideva fisicamente».

La guerra civile spagnola è finita nel 1939. Malgrado sia finita oltre 80 anni fa, c’è ancora molta gente che, nella loro testa, la sta ancora combattendo. Purtroppo le ideologie sortiscono questi effetti. Per Irina e per tutte le persone prigioniere delle proprie ideologie ci sono aprioristicamente due schieramenti irremovibili in un mondo in conflitto: loro, i buoni; gli altri, il nemico, i cattivi. L’assoluta carenza di empatia per la sofferenza del “nemico” è la tragica conseguenza. Nella mente di Irina sostenere l’esistenza di vittime torturate e uccise dai repubblicani anarchici è essere “di destra”. Parimenti il femminismo sortisce gli stessi effetti. Il cuore dell’articolo sulla Woolf, criticato da Irina, era la sofferenza degli uomini coscritti caduti in guerra, uomini che lei non menziona in nessuno dei suoi commenti. Per lei non esistono. Nella mente di Irina sostenere l’esistenza di questa sofferenza causata anche dalle donne è “abilismo e misoginia”. Su questo Virginia Woolf (borghese) e Irina (anarchista) convergono: non solo non la vedono, la sofferenza maschile, se ne infischiano. Prima ondata e ultima ondata. Questo è il femminismo.



Condividi


Read Previous

Quella degli Incel è una denuncia che vede lontano

Read Next

Violenza e molestie: siamo il paese più sicuro. Lo dice l’Unione Europea

Usiamo i cookie per personalizzare i contenuti e per analizzare il nostro traffico. Non condividiamo le tue informazioni né con i social media, né con affiliati pubblicitari. View more
Cookies settings
Accetta
Rifiuta
Politica su Privacy & Cookie
Privacy & Cookies policy
Cookie name Active
Chi siamo

Siamo un gruppo di studiosi attivi nell'analisi delle relazioni di genere e nella lotta contro il femminismo.

L'indirizzo del nostro sito è https://www.lafionda.com.

Quali dati personali raccogliamo e perché

Questo sito è gestito in Wordpress, che  non raccoglie dati personali sui visitatori e raccoglie solo i dati mostrati nella schermata profilo utente dagli utenti registrati, tuttavia in questo sito non è prevista alcuna registrazione degli utenti. Gli unici plugin che raccolgono dati sono quelli relativi al modulo di contatto per permettere agli utenti di scrivere alla redazione, e alla newsletter, che richiedono nome, cognome e indirizzo email.

Commenti

Quando i visitatori lasciano commenti sul sito, raccogliamo i dati mostrati nel modulo dei commenti oltre all'indirizzo IP del visitatore e la stringa dello user agent del browser per facilitare il rilevamento dello spam. Una stringa anonimizzata creata a partire dal tuo indirizzo email (altrimenti detta hash) può essere fornita al servizio Gravatar per vedere se lo stai usando. La privacy policy del servizio Gravatar è disponibile qui: https://automattic.com/privacy/. Dopo l'approvazione del tuo commento, la tua immagine del profilo è visibile al pubblico nel contesto del tuo commento.

Media Se carichi immagini sul sito web, dovresti evitare di caricare immagini che includono i dati di posizione incorporati (EXIF GPS). I visitatori del sito web possono scaricare ed estrarre qualsiasi dato sulla posizione dalle immagini sul sito web. Modulo di contatto Il modulo di contatto previsto dal sito prevede soltanto la raccolta di nome, cognome ed email di chi vuole scrivere alla redazione. Cookie Se lasci un commento sul nostro sito, puoi scegliere di salvare il tuo nome, indirizzo email e sito web nei cookie. Sono usati per la tua comodità in modo che tu non debba inserire nuovamente i tuoi dati quando lasci un altro commento. Questi cookie dureranno per un anno. Se visiti la pagina di login, verrà impostato un cookie temporaneo per determinare se il tuo browser accetta i cookie. Questo cookie non contiene dati personali e viene eliminato quando chiudi il browser. Quando effettui l'accesso, verranno impostati diversi cookie per salvare le tue informazioni di accesso e le tue opzioni di visualizzazione dello schermo. I cookie di accesso durano due giorni mentre i cookie per le opzioni dello schermo durano un anno. Se selezioni "Ricordami", il tuo accesso persisterà per due settimane. Se esci dal tuo account, i cookie di accesso verranno rimossi. Se modifichi o pubblichi un articolo, un cookie aggiuntivo verrà salvato nel tuo browser. Questo cookie non include dati personali, ma indica semplicemente l'ID dell'articolo appena modificato. Scade dopo 1 giorno. Cookie Gli articoli su questo sito possono includere contenuti incorporati (ad esempio video, immagini, articoli, ecc.). I contenuti incorporati da altri siti web si comportano esattamente allo stesso modo come se il visitatore avesse visitato l'altro sito web. Questi siti web possono raccogliere dati su di te, usare cookie, integrare ulteriori tracciamenti di terze parti e monitorare l'interazione con essi, incluso il tracciamento della tua interazione con il contenuto incorporato se hai un account e sei connesso a quei siti web. Analytics Il sito raccoglie statistiche sulle visite tramite il servizio Google Analytics, la qui privacy policy può essere letta qui. Con chi condividiamo i tuoi dati I dati che conferisci tramite questo sito non vengono condivisi con nessuno. Per quanto tempo conserviamo i tuoi dati Se lasci un commento, il commento e i relativi metadati vengono conservati a tempo indeterminato. È così che possiamo riconoscere e approvare automaticamente eventuali commenti successivi invece di tenerli in una coda di moderazione. Quali diritti hai sui tuoi dati Se hai lasciato commenti, puoi richiedere di ricevere un file esportato dal sito con i dati personali che abbiamo su di te, compresi i dati che ci hai fornito. Puoi anche richiedere che cancelliamo tutti i dati personali che ti riguardano. Questo non include i dati che siamo obbligati a conservare per scopi amministrativi, legali o di sicurezza. Dove spediamo i tuoi dati I tuoi dati non vengono spediti al di fuori dell'Unione Europea.I commenti dei visitatori possono essere controllati attraverso un servizio di rilevamento automatico dello spam. Il nostro contatto Per informazioni sulla gestione della privacy puoi scriverci a lafionda.info@gmail.com
Save settings
Cookies settings