Le meraviglie del 403: allontanamento dei minori per iniziativa dei Servizi Sociali e adesione acritica del Tribunale per i Minorenni, in questo caso di Milano, ma è un copione già visto mille volte in tutta Italia. Il motivo – o il pretesto? – è quello di proteggere la minore dagli abusi sessuali del padre. Non è vero niente: dopo tre anni di calvario arriva l’assoluzione con formula piena per l’uomo ingiustamente accusato, il fatto non sussiste. I fatti: nel 2018 le assistenti sociali prelevano una ragazza 17enne dalla casa nella quale vive con i genitori, che da quel giorno non l’hanno più potuta incontrare. La ragazza viene collocata in una struttura residenziale per “proteggerla” dal padre pedofilo, che in più occasioni avrebbe commesso abusi su di lei. Nel 2021 arriva l’assoluzione perché il fatto non sussiste. Quindi gli episodi di abusi non ci sono mai stati, ma tutti i soggetti coinvolti hanno subito e subiscono ancora ripercussioni devastanti. Leggiamo la notizia riportata da diverse testate, il Corriere della Sera e La Repubblica, e decidiamo di approfondire la vicenda, contattando l’avvocato Miraglia che ha assistito il padre. «In effetti ho patrocinato il padre ma preferisco dire di aver assistito la famiglia, in quanto il padre non è l’unica vittima di questo assurdo giuridico», così esordisce al telefono l’avvocato, noto per avere nel curriculum professionale la soluzione di molti casi di allontanamento dei minori dalla famiglia d’origine. Gli chiediamo altri particolari del caso specifico, e Miraglia chiarisce: «è una famiglia unita; non si tratta, come capita spesso, di denunce strumentali maturate nel contesto di una separazione conflittuale. In questo caso la segnalazione viene dall’esterno, una psicologa dice di aver raccolto a scuola le confidenze della ragazza su presunti abusi accaduti alcuni anni prima, ed attiva i servizi sociali».
Che a loro volta segnalano alla Procura per gli accertamenti del caso?
No, nessun accertamento da parte degli inquirenti: c’è uno strumento che consente di aggirare la fase istruttoria, è lo strumento che molte, troppe famiglie hanno imparato a conoscere loro malgrado. È l’art. 403 del codice civile, che consente l’intervento della pubblica autorità in assenza di dispositivo giuridico; presuppone il carattere di urgenza per mettere in sicurezza il minore a rischio.
Quindi i Servizi Sociali possono prendere una decisione tanto grave in totale autonomia sia valutativa che operativa, senza l’autorizzazione di un giudice?
Esatto, l’autorizzazione arriva in seguito, quando l’allontanamento viene legittimato dal tribunale per ratificare una situazione di fatto già esistente.
Su questo aspetto vogliamo farle in conclusione un’altra domanda di carattere generale, ma ora continuiamo con l’assoluzione di Milano.
È uno dei casi in cui l’assoluzione non può far tirare un sospiro di sollievo, le conseguenze degli anni di allontanamento sono terribili. Prima la ragazza stava benissimo, ottimo andamento scolastico, nessun particolare attrito con i genitori, nessun problema psicologico e/o psichiatrico… poi ha subito un trattamento devastante: è stata sballottata tra comunità diverse, quattro quelle di cui siamo a conoscenza, le sono stati imposti quattro TSO, le sono stati somministrati psicofarmaci. Per anni le è stato impedito ogni contatto con la famiglia d’origine, persino con la madre e i nonni che non sono mai stati interessati dal procedimento giudiziario. Oggi, nonostante l’assoluzione dell’orco che orco non era affatto, è lei che sosterrebbe di non voler incontrare nessuno della sua famiglia. Non saprei dove si possa collocare il confine tra un rifiuto genuino ed un condizionamento indotto da tutto ciò che ha subito. Non certo in famiglia.
Nessuna istruttoria, solo un copia-e-incolla.
I tre anni di processo?
Un processo costruito sul nulla, era evidente che l’ipotesi accusatoria di abusi fosse inverosimile. Entrambi i genitori lavoravano nell’azienda di trasporti pubblici milanesi, avevano concordato turni diversi per non essere mai entrambi al lavoro: il padre prendeva servizio dalle 6 alle 12, la madre dalle 12 alle 18. In ragione di ciò il padre si alzava alle 4,45 e dormiva sul divano del salone per non svegliare il resto della famiglia. La figlia dormiva nel letto matrimoniale con la madre e il fratello più grande in un’altra stanza. La ragazza avrebbe raccontato che il padre la prelevava di notte dal letto della madre e la portava sul divano del salone per abusare di lei, per poi riaccompagnarla nella stanza matrimoniale. Mai nessuno si sarebbe accorto di nulla, né la madre né il fratello e nemmeno la presunta vittima che, fatto ancora più curioso, dice che gli abusi accadevano mentre lei stessa dormiva. Conoscendo le dimensioni e la disposizione della casa – che abbiamo dettagliatamente relazionato agli atti e in dibattimento – sarebbe stato oggettivamente impossibile anche un solo episodio di quelli descritti come ripetuti dalla ragazza. La madre stessa ha definito letteralmente “impossibile” quanto fantasticato dalla figlia. Un racconto inverosimile, che non stava in piedi, una fantasia della ragazzina che ancora non sappiamo da dove venisse, forse dai tanti rimproveri perché usava troppo il cellulare.
Eppure sembra che tutti abbiano accettato acriticamente una narrazione tanto scollata dalla realtà: la psicologa della scuola, le assistenti sociali, il PM.
Sorvoliamo, per ora, sulla superficialità delle valutazioni preliminari e sull’allontanamento immotivato, voglio considerare solo l’aspetto giuridico. Un processo del genere non doveva neanche nascere, si sarebbe dovuto concludere col proscioglimento. Ora chi paga per una famiglia distrutta? Quando usciranno le motivazioni capiremo a chi chiedere conto di questa tragedia.
Sorprende la facilità con la quale un minore possa essere allontanato dai propri familiari. Esistono delle statistiche, avvocato?
Purtroppo, sorprende solo chi, per fortuna, non mai incocciato i servizi sociali e l’Autorità Giudiziaria minorile. Senza alcuna paura di essere smentito posso affermare che la maggior parte delle volte, le relazioni dei servizi sociali diventano in primis ricorso del Pubblico Ministero e successivamente provvedimento del Tribunale senza un minimo di istruttoria ma semplicemente con un copia incolla.
Giudici onorari pieni di conflitti d’interessi.
Che so, su un campione di 1.000 casi nei quali i Servizi allontanano un bambino, quante volte il tribunale annulla l’allontanamento e decide per il rientro in famiglia?
Sinceramente, in tanti anni non ho mai visto un provvedimento che non accoglieva la richiesta del Servizio Sociale o rigettava il ricorso del Pubblico Ministero. Questo, però, non significa, in assoluto che non possa succedere il contrario.
Al contrario, su un campione di 1.000 casi nei quali i Servizi relazionano una situazione familiare priva di criticità, quante volte il Tribunale decide diversamente e dispone l’allontanamento?
Penso poche volte, visto che spesso c’è un vero e proprio allineamento tra le richieste del servizio sociale e il provvedimento giudiziario.
Lo chiediamo per cercare di capire quale autonomia valutativa abbiano i tribunali rispetto alle relazioni dei servizi sociali.
Dovrebbe essere assoluta e fuori discussione. Dovrebbe.
Farei una chiosa sulla necessità di riformare il sistema del collocamento di minori fuori famiglia, problema che sembrava essere nell’agenda politica dopo lo scandalo di Bibbiano e l’inchiesta Angeli & Demoni, poi è stato velocemente dimenticato
Io penso che la criticità non sia nelle norme ma stia nelle persone che devono applicarle e farle rispettare. Il vero problema è che – come spesso accade nel nostro Paese – chi sbaglia non paga mai anzi rischia addirittura di essere promosso. Pertanto, fino a quando gli operatori sociali opereranno in completa autonomina, fino a quando avremo giudici onorari pieni di conflitti d’interessi, fino a quando non verranno garantite le norme costituzionali riferite al diritto di difesa e al contradditorio, i problemi non si risolveranno anzi si aggraveranno sempre di più.