La volontà di elettrici ed elettori è stata chiara: vogliono mestamente fuori dal nuovo Parlamento le paladine del femminismo suprematista e vittimista inquantodonna. Laura Boldrini è la prima vittima eccellente del rigurgito popolare “avete stufato col vittimismo h. 24”. Già era reduce dall’insuccesso con LeU, ma viene ripescata dalle braccia amiche e sorelle del PD, andando però di nuovo incontro a una disfatta nell’uninominale. Di nuovo, come nella legislatura precedente, arriva però il plurinominale a salvarla dall’oblio. Monica “baubau” Cirinnà, nonostante avesse sfoderato gli occhi di tigre, resta fuori dai giochi. Il PD l’aveva sacrificata in un collegio difficile e la cosa l’aveva contrariata un bel po’, ma alcuni fini analisti politici sostengono che non ce l’avrebbe fatta nemmeno se si fosse candidata nel proprio condominio. Valeria Valente spazzata via all’uninominale in Campania, anche lei salvata dal plurinominale in Puglia. Ancora non sappiamo quale ruolo avrà in Parlamento ma forse, con altri 5 anni a disposizione, sarà in grado finalmente di inventare una definizione ufficiale del cosiddetto femminicidio. Stessa sorte per Elena Bonetti, la paladina dei centri antiviolenza al Ministero della Famiglia, respinta al mittente nell’uninominale di Roma e poi ripescata in qualche altro collegio proporzionale.
Cinzia Fedeli pur essendo ex ministro (o ministra, Treccani docet) non è stata candidata, lasciando un vuoto incolmabile nel femminismo inquantodonna. Cinzia Leone, ex esponente di spicco della prestigiosa commissione femminicidio: non pervenuta, evaporata insieme a Di Maio sotto all’1%. Non è stato apprezzato lo splendido lavoro di Donatella Conzatti, autrice di proposte legislative femministicamente correttissime che però non sembra abbiano riscosso grande successo tra gli elettori. È fuori anche lei. Per un po’ non vedremo neanche un’altra ex ministra, Teresa Bellanova: le sue lamentele sul gender pay gap ci mancheranno. Veronica Giannone non è stata nemmeno candidata da Forza Italia che pure – dice lei – le aveva garantito un futuro radioso. Ha rosicato online secondo il suo stile, ma pare che nemmeno nel partito la reputino all’altezza di uno scranno parlamentare. Aveva tentato il capriolone da M5S al Gruppo Misto a FI ma niente, in questa Legislatura dovremo fare a meno della sua enciclopedica competenza.
Elettori ed elettrici contro il femministicamente corretto.
Capita la lezione, Cinzia, Monica, Donatella, Veronica etc.? L’imbarbarimento ideologico garantisce spazi mediatici ma non convince elettrici ed elettori… e domenica 25 settembre contavano gli elettori, non l’agenzia DiRe. Gli elettori ma soprattutto le elettrici vi hanno fatto perdere ogni collegio uninominale, dunque fatevi qualche domanda. Poi, è vero, in qualche caso arriva il salvagente del proporzionale, ma è indubbio che l’elettorato è stanco dell’ideologia tossica. Il salvataggio in extremis è frutto di questa legge elettorale che tutti criticano ma nessuno vuole cambiare poiché consente ai partiti, tutti, di far rientrare dalla finestra i personaggi che l’elettorato dimostra di voler cacciare dalla porta. Chissà se una nuova legge elettorale, reale espressione della volontà popolare, vedrà la luce in questa Legislatura, magari con il ripristino di quelle preferenze, in presenza delle quali nessuna delle nostre “amiche” sarebbe uscita vincente.
Il femminismo di destra non sfonda nemmeno con Mara Carfagna, scappata dall’Andrea Doria per cercare ospitalità sul Titanic. In fuga da Berlusca (molti lo davano ormai sul tavolo dell’autopsia e invece ha esordito su tiktok dei ccciovani), si getta tra le braccia di Calenda. Valutazione sbagliata, il nuovo che avanza racimola qualcosa meno del terribile highlander. Salvagente anche per lei. Tra i superstiti dell’uninominale c’è la volubile Stefania Ascari, colei che quando era nel governo gialloverde, subito dopo lo scandalo di Bibbiano proclamava un ferreo impegno per riformare la filiera degli allontanamenti di minori dalle famiglie, poi, col rimpasto di governo divenuto giallorosso, ha velocemente abbandonato i suoi propositi per obbedire ai veti del nuovo partner: Bibbiano è solo un raffreddore, il sistema è sano e non deve essere toccato. Messaggio ricevuto, la riforma del 403 Codice Civile finisce in cantina. Sullo stesso argomento ricordiamo anche la sparizione del povero Vincenzo Spadafora, vittima del misero fallimento targato Giggino. Ricordiamo la carriera politica di Spadafora iniziata come il primo Garante Nazionale per l’Infanzia, o colui che faceva finta di esserlo. Informato con una dettagliata relazione sulle criticità del collocamento dei minori in casa famiglia ben cinque anni prima dell’inchiesta Angeli & Demoni, si preoccupò di minimizzare il problema in Senato dichiarando “non è il caso di allarmarsi: il sistema, tutto sommato, regge”. Peccato che il suo ruolo non fosse quello di Garante del Sistema ma di Garante dell’Infanzia, per cui in un Paese normale tale carica istituzionale avrebbe dovuto prendere atto di ogni singolo/a bambino/a allontanato/a illecitamente dai propri genitori e inserito in una struttura dove subisce danni superiori a quelli dai quali dovrebbe essere protetto.
Il crepuscolo del femminismo politico.
Tornando alle rivendicazioni inquantodonna, può essere interessante valutare l’esito di questa tornata elettorale sul partito che più di ogni altro ne ha fatto una bandiera. Un floppone per il PD, settimo grado della Scala Sfracelli. Enrico Letta viene dato in viaggio di sola andata verso Parigi, sostituito al timone nel prossimo congresso Dem; Bonacini o una donna? Questa storia di volere una donna al vertice purché-sia-donna, senza avere ben chiaro chi, l’abbiamo già vista per il Quirinale. Sorrisoni a 32 denti annunciavano di avere raggiuto un accordo su “una donna Presidente” ed è partito il toto-nome. Tempo perso. Alla fine hanno riciclato Mattarella che già aveva la canna da pesca in mano; sembra che qualcuno, per fingere coerenza, avesse proposto di mandarlo al Colle truccato come Wanda Osiris ma il vecchio Sergio, in un rigurgito di dignità, non si sia prestato. Letta sparirà dai radar non solo – ovviamente – per lo zerbinamento rosa, tanti altri sono gli errori strategici e politici che hanno relegato il PD all’opposizione (e al resto della sinistra nemmeno a quella). Primo fra tutti il progressivo allontanamento dall’elettorato proletario, sintetizzato in una vignetta che gira in rete dal 2019
“Unione Popolare” contro la 54/2006.
Ma noi non siamo tuttologi, non entriamo nel merito di opere pubbliche, ambiente, trasporti, pensioni o altro, ci limitiamo all’analisi sui temi che trattiamo su questo portale. E tale analisi dice che non hanno portato consensi al partito le tematiche targate Valente, Cirinnà & Co.: il gender pay gap, il femminicidio, la cancel culture, la lotta al maschio/bianco/etero come Male del mondo, i finanziamenti ai CAV, la violenza istituzionale, la vittimizzazione secondaria, l’abolizione della bigenitorialità, la maledetta PAS, #siamotuttelaura, le norme liberticide, le desinenze in A, l’asterisco, la schwa, lo schieramento ideologico in generale. Vedremo se, dall’opposizione, il PD saprà proporre qualcosa di diverso dall’ideologia tossica che lo ha affossato, distogliendolo dalla lotta di classe per focalizzarsi sulla lotta di genere. Non solo il PD, va detto. Altri partiti hanno sposato in pieno la propaganda femminista, qualcuno ha annunciato di volerlo fondare e qualcun altro lo ha fatto davvero. Unione Popolare, ed esempio, ha pubblicato due programmi: la versione iniziale era di 12 articoli che non sfioravano il tema del Diritto di Famiglia, poi hanno cominciato a circolare dei post con un certo punto 9 dell’articolo 19 che in teoria non doveva nemmeno esistere.
Ad alcuni era sembrato un fake, vista anche la fonte, invece hanno permesso di svelare un secondo programma elettorale pubblicato sul blog di di De Magistris, la versione estesa nella quale i punti sono raddoppiati, 24 invece di 12. Quindi c’erano eccome i deliranti slogan tanto stupidi e a-giuridici da sembrare fake news a chi si occupa di diritto di famiglia. In merito sono stati interpellati un paio di candidati UP nel Lazio ed in Campania, ed entrambi hanno affermato di non saperne nulla. Ma come? Chiarimenti chiesti non ai militanti che fanno volantinaggio o ai simpatizzanti che applaudono ai comizi, ma agli iscritti che si candidano alle elezioni politiche… e non conoscono il programma del partito? Quali pressioni, sconosciute agli stessi candidati, hanno fatto raddoppiare il programma? Chi, come e quando ha approvato i punti compresi nell’estensione? È una decisione che parte dai vertici, De Magistris compreso, o un’iniziativa estemporanea del webmaster del blog che ha fatto di testa sua senza dire niente a nessuno? Potrebbe realisticamente una singola persona, all’insaputa di tutti, modificare il programma elettorale di un partito – per quanto piccolo possa essere – senza che gli iscritti del partito stesso sappiano nulla? UP non è solo Luigi De Magistris, cosa sanno di questa manovra altri componenti della coalizione, da Potere al Popolo a Rifondazione Comunista? Se veramente nessuno sapeva nulla, perché non è stata fatta alcuna smentita pubblica? Comunque sia resta un fatto: voluti o clandestini, consapevoli o meno, quei punti del programma non hanno portato fortuna (né voti) ad UP che non si avvicina nemmeno alla soglia di sbarramento e non mette piede in Parlamento. Argomenti strampalati che non calamitano consensi, anzi. Nonostante qualche prestigioso endorsement, UP non ce l’ha fatta.