«Siamo tornate», sembra dire Elena Bonetti, renziana e Ministro per le Pari opportunità e la Famiglia dell’attuale Esecutivo. Non sono poi così lontani i tempi in cui Laura Boldrini pretendeva di essere chiamata “la” presidente, se non fosse che il 31 gennaio 2020 il Consiglio dei Ministri (Governo Conte I) ha dichiarato uno stato di emergenza sanitaria per l’epidemia da nuovo coronavirus che il Governo Draghi pare voler prorogare fino al 31 dicembre. Nel frattempo la crisi sanitaria è diventata anche profonda crisi economica.
In questo scenario, il Ministro Bonetti rispolvera la battaglia per la declinazione femminile dei termini, arrivando ad invocare una legge sull’utilizzo del femminile nel linguaggio istituzionale. «Sul sito del Governo c’è scritto “ministro”? Faremo una legge anche per questo, perché il titolo ufficiale è ministro, io però penso sia giusto chiamarmi ministra», dichiara, convinta com’è che l’uguaglianza di genere si ottenga declinando i termini al femminile. Aggiunge poi: «All’Università sono professore associato, formalmente, anche se mi faccio chiamare professoressa. Io credo che sarebbe importante promuovere la declinazione al femminile del linguaggio. Se vogliamo testimoniare che le donne possono accedere a qualsiasi ruolo della Pubblica Amministrazione, vivendolo nell’esperienza del femminile, penso che anche l linguaggio debba avere la declinazione al femminile».
Gli italiani saranno riconoscenti.
Glielo lasceremo anche credere, e ci chiediamo se la Bonetti conosca le ultime statistiche dell’Istat sulla povertà. Esse riportano che nel 2020 sono in condizione di povertà assoluta poco più di due milioni di famiglie e oltre 5,6 milioni di persone. I divari territoriali inerenti all’offerta di servizi socio-assistenziali si sono amplificati diventando inaccettabili: dai 22 euro pro-capite della Calabria si passa ai 540 della Provincia Autonoma di Bolzano, con una spesa sociale molto più bassa nel sud Italia. Ci sono dati, numeri e percentuali che descrivono la vita quotidiana di quasi 20 milioni di italiani che risiedono al Sud e che non usufruiscono dei diritti garantiti a ogni altro cittadino. Dopo poco più di un anno di covid, stiamo assistendo a fallimenti a catena di aziende che non hanno più risorse.
Forse il Ministro Elena Bonetti farebbe bene a occuparsi di questi, invece di giocare con le parole. Le battaglie di genere sono importanti, ma sono altre. Piuttosto che sulla declinazione delle parole al femminile, l’azione legislativa deve concentrarsi sul mondo del lavoro, riconoscendo maggiori tutele alle famiglie, supportando paritariamente la genitorialità materna e paterna, così da mitigare in modo equilibrato le problematiche più comuni a lavoratrici e lavoratori impegnati nel difficile compito di crescere la prole. Insomma la politica torni ad occuparsi delle reali esigenze che da tempo attendono risposte. Gli italiani saranno riconoscenti.