La Fionda

Ecco perché anche con l’Islam non verremmo a capo del femminismo tossico

Quando illustriamo le tante storture imposte al vivere contemporaneo dal pervasivo dilagare del femminismo, capita sempre che qualcuno se ne esca con un commento tipo: “gli servirebbe un po’ di Islam a queste qui…”. Oppure: “quando con l’immigrazione saremo tutti musulmani, il loro regime oppressivo cadrà”. È davvero così? Sul serio l’Islam, non solo come religione ma come complesso di valori che regolamenta intere comunità, è impermeabile alla penetrazione delle storture femministe? In realtà cambierebbe poco o nulla perché, cosa che qui in Occidente non trapela, il suprematismo femminista è riuscito a far breccia anche nel gigantesco muro valoriale costruito nei secoli, a partire dalla predicazione di Maometto. Basta avere la pazienza di cercare un po’ di fonti (cosa non semplice) presso il mondo arabo-musulmano per averne la prova. Si scoprirà allora che l’immagine del califfo attorniato da donne sottomesse, silenti e disponibili è solo la proiezione di una visione esotica incarnatasi nel passato e giunta intatta fino a noi.

In verità tutte le donne arabe più istruite oggi si identificano come femministe. Una minoranza fa riferimento allo spirito del femminismo occidentale della prima ondata, ma la maggior parte è più vicina alla declinazione femminista della terza ondata, quella più sfacciatamente aggressiva, suprematista e votata al privilegio. Non è un caso che ormai le donne in Arabia Saudita abbiano superato gli uomini in moltissime categorie professionali conquistando numerosi seggi nei consigli municipali, eleggendo sindaci e funzionari. Quanto il patriarcato musulmano, quello sì davvero una forma di patriarcato, sia ormai andato in pezzi lo dimostrano anche le leggi sul divorzio, sempre più somiglianti a quelle occidentali. Fino a poco tempo fa il mantenimento veniva interrotto se la ex moglie si risposava, e la quota per i figli era limitata alla copertura delle spese per il cibo, i vestiti e ad altri bisogni di base fino al raggiungimento della maggiore età.  Ora alle madri single, per divorzio o per altre circostanze, viene concessa la proprietà della casa come parte di un programma di sostegno. I centri commerciali che consentono solo alle famiglie e alle donne di fare acquisti sono sorti in tutto il paese negli ultimi decenni, mentre gli uomini single vengono cacciati e banditi, se non accompagnati da una donna. In quei mega-store le donne saudite spendono quasi 1,7 miliardi di dollari all’anno solo in cosmetici.

donne arabe shopping

Il matrimonio, in Paesi come il Kuwait e l’Arabia Saudita, non è un compito facile per gli uomini. I single sono trattati malissimo e il matrimonio in sé è tutt’altro che economico. La solitudine, la frustrazione sessuale e l’ostracismo sociale trasforma quindi il matrimonio, per tanti giovani uomini, in una chiave per l’accettazione nella comunità. Ecco che allora tocca agli uomini pagare alla famiglia della sposa una dote spesso stellare, finanziare la cerimonia, acquistare un set completo di nuovi mobili, oltre a fornire una nuova macchina e un autista (dato che alle donne è ancora proibito guidare). È stato valutato che un tipico matrimonio saudita possa costare attorno 150.000 dollari. Non è un caso che, nel recente passato, l’ISIS riuscisse a reclutare masse di uomini, spesso non istruiti, anche garantendo ai nuovi militanti il “matrimonio libero”, ovvero esentato dai vincoli economici e legali ormai affermatisi nella vita araba ordinaria. Il tutto per poter avere un tipo di donna che oggi, in ambito arabo, tende anche a essere spesso ipergama, a imitazione delle loro controparti femministe occidentali. Non è un caso che il tasso di divorzi nell’area saudita viaggi da anni attorno 40/45%.

Scavando su vari canali YouTube arabi (in lingua inglese) si scopre poi che il vissuto maschile, specie giovanile, non è molto diverso da quello occidentale. Si ascolta e si legge di uomini istruiti che stanno lentamente abbandonando l’idea di sposarsi, limitandosi a preoccuparsi di avere un bell’aspetto, una macchina elegante e disponibilità economica come mezzi per ottenere relazioni ludiche e superficiali. Il patriarca musulmano, il califfo, il sultano del nostro immaginario, ad ascoltare questi giovani, si rivelano essere figure vicine talvolta agli occidentali “Men going their own way”, talaltra agli Incel. In ogni caso forme isolate di maschilità prive di direzione. E non è soltanto l’Islam sunnita, quello predominante in area araba, a essere stato perforato dal femminismo, anche quello sciita ha ormai ceduto, come racconta questo youtuber di Teheran: “se pensate che dalle nostre parti trovare una moglie e sposarsi sia più facile, state facendo un cazzo di errore”, dice a chiare lettere. Insomma c’è poco da sperare da un eventuale predominio islamico che nella sua declinazione più tradizionalista e davvero patriarcale sarebbe comunque un inaccettabile eccesso dall’altro versante. Le comunità vivono e prosperano in quella terra d’incontro che sta a metà tra gli opposti estremismi: sul piano delle relazioni affettive il femminismo e l’Islam tradizionalista hanno la stessa portata falsificatoria, distruttiva e oppressiva. Dunque di fronte alle malefatte delle femministe, non auguriamoci una inutile e dannosa presa del potere musulmana in occidente. Fermiamo ogni estremismo e sarà già così cosa buona e giusta.



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