Attendevamo con grande ansia l’opportunità di verificare le nostre previsioni, con l’uscita del periodico “Dossier Viminale 2021”, diffuso ogni 15 di agosto, e finalmente eccolo qua. Come sempre, contiene i dati relativi alle attività di Polizia degli ultimi 12 mesi (dunque gli ultimi 6 del 2020 e i primi 6 del 2021), considerate in tutta la loro ampiezza, dalla lotta agli incendi boschivi, fino ai reati mafiosi, all’immigrazione e a tanto altro. Non può mancare la parte dedicata alla “Violenza di genere”, come la definisce lo stesso Dossier, intendendo ovviamente soltanto la violenza perpetrata contro le donne da parte degli uomini (quella a parti invertite, com’è noto, non esiste, e se esiste è irrilevante). Al tema vengono dedicate due pagine, più una terza indirettamente correlata. Qui il PDF dove abbiamo isolato le sole pagine di nostro interesse. Ebbene, dicevamo, avevamo predetto che dal Dossier avremmo avuto la prova di un crollo verticale delle cosiddette violenze di genere. Ci abbiamo preso? Ovvio che sì.
I dati parlano da soli, a un’occhiata immediata: rispetto ai dati del Dossier 2020, gli omicidi di donne in generale sono calati del 13%, quelli in ambito familiare del 18,5% e quelli per mano del partner del 17,3. Avevamo parlato della disperazione dell’Antiviolenza Srl rispetto al bassissimo numero di “femminicidi”, ricordate? Ebbene, lì la fonte erano le nostre rilevazioni dai media, qui c’è la conferma ufficiale della Polizia di Stato, sebbene con diverse anomalie di cui parleremo dopo. Restiamo ai dati, per ora: le denunce per stalking (dato che non vuol dire niente se non viene poi comparato con le condanne, ricordiamolo) sono aumentate dello 0,2% e i provvedimenti generalmente correlati a quel tipo di denuncia (ammonimenti e allontanamenti) hanno avuto oscillazioni pressoché irrilevanti, dal -1% degli allontanamenti al +5,5% degli ammonimenti. Da sottolineare che negli ultimi 12 mesi il Paese non ha subito chiusure o restrizioni durissime, tipo il primo lockdown, dunque sono dati da applicare in uno scenario sociale quasi normale. Rimane curioso che tra i tanti reati potenzialmente ricadenti sotto la “violenza di genere” il Viminale misuri da anni soltanto le denunce per stalking. Forse perché è la denuncia più facile da fare, chissà. A completare il quadro dei dati, ci sono i numeri forniti dall’OSCAD, l’osservatorio contro gli atti di discriminazione, secondo cui negli ultimi dodici mesi c’è stata la bellezza di 82 casi di atti discriminatori per ragioni di orientamento sessuale o identità di genere. La famosa “emergenza” che doveva giustificare la mostruosità del DDL Zan…
Roba da far venire la labirintite.
Le conclusioni che si possono trarre da questi dati ufficiali sono molte e piuttosto ovvie per noi, quindi ci limiteremo ad elencarle. La “violenza di genere” in Italia ha dimensioni molto limitate, pressoché fisiologiche, non c’è alcuna emergenza (come già rilevato dall’Unione Europea in febbraio): quel poco di fenomeno che esiste è in calo continuo. Gli oltre 330 centri antiviolenza sparsi per il Paese non servono a niente, se non a gonfiare i dati, prendere soldi pubblici e fare da serbatoio di clientele per i politici. L’adesione italiana alla Convenzione di Istanbul non ha più ragione di essere: secondo il diritto internazionale si può recedere da un trattato se decadono le condizioni che hanno portato alla sua ratifica, e questo è proprio il caso italiano. Le varie figure politiche che sulla “violenza di genere” si sono costruite una specie di credibilità mentono sapendo di mentire. I dati del 1522 e quelli dell’ISTAT su questa tematica sono tutti destituiti di ogni fondamento. I media che strombazzano di “eccidi”, “olocausti”, “ennesime” violenze contro le donne, mistificano regolarmente la realtà, non a caso non vedrete da nessuna parte i dati di questo Dossier raccontati in qualche articolo del mainstream. Ma la conclusione più importante di tutte è che i dati sulle violenze tra uomini e donne nel nostro Paese vengono trattate sistematicamente in modo discriminatorio. Ed è su questo che vorremmo concentrarci.
Il Dossier del Viminale infatti attua la stessa operazione che da tempo attua anche il Servizio Analisi Criminale del Dipartimento per la Pubblica Sicurezza, uffici sempre appartenenti al Ministero dell’Interno. Stiamo parlando del fatto che viene messo in luce il genere delle vittime e degli autori dei reati solo quando le prime sono donne e i secondi sono uomini. Perché? Risposta più ovvia: sono di più le vittime femminili per mano maschile che viceversa. Un vecchio discorso già affrontato: che utilità ha mettere in luce chi fa violenza a chi, invece che misurare quante e chi sono le vittime e quanti e chi sono gli autori separatamente? Nessuna utilità, a meno di non voler verificare o far credere che sia in atto una persecuzione di un genere nei confronti dell’altro. Per quanti sforzi si faccia nel torturare i dati, però, di fatto non ci sono numeri che possano legittimare un punto di vista del genere. Anzi, da quel tipo di tortura emergono situazioni da dissonanza cognitiva. Date un’occhiata alla slide dedicata agli omicidi (pag. 17 del Dossier, riportata qua sotto). Dice a chiare lettere che i 105 omicidi volontari con vittime donne a cui si sta dedicando la pagina sono il 38% degli omicidi volontari totali. Il messaggio implicito è che un’enormità di omicidi volontari (il 62%) ha come vittime persone di sesso maschile, ma nonostante questo il Dossier si occuperà del dato minoritario, quello delle donne vittime di violenze per mano maschile.
Facciamo già ora un’altra previsione.
Una scelta che dice molto: le vittime maschili non sono importanti, anche se sono la maggioranza. Quello che conta è dare risalto alle 88 donne uccise in ambito familiare negli ultimi 12 mesi, di cui 62 per mano dell’ex partner, ma soprattutto è non dire quanti uomini sono stati uccisi nelle stesse categorie considerate. Ce ne saranno pure. Probabilmente in numero comparabile al dato femminile, se si parla di ambito familiare, e in numero inferiore, se si parla di delitti per mano del partner o ex partner, tuttavia ci saranno casi da conteggiare. E non regge l’argomento per cui essendo meno, non vale la pena menzionarli: dal lato metodologico non è accettabile, è discriminatorio, ce lo si può attendere dal 1522, non dal Viminale. Non a caso lo stesso Dossier (a pag.19) misura i casi di discriminazione contro i disabili, ad esempio, anche se si tratta di soggetti meno numerosi dei normodotati. Questo approccio ai dati sulle vittime maschili è dunque apertamente discriminatorio e ingiustificato. Oppure è giustificato dal fatto che gli uffici statistici del Ministero dell’Interno hanno acquisito, volontariamente o per qualche disposizione interna, la versione ideologica della realtà secondo cui è in atto una persecuzione maschile ai danni delle donne. Per questo vengono omessi i dati che smentiscono quella versione ed esibiti solo quelli che la confermano, anche quando mancano in modo palese (come si è visto nel Dossier di quest’anno), forzando le autorità a produrre documenti distopici che rischiano di coprire di ridicolo gli stessi uffici che li producono.
Non sono diversi i già citati documenti addirittura settimanali pubblicati dal Servizio Analisi Criminale del Dipartimento per la Pubblica Sicurezza, che riportano periodicamente cali tendenziali delle violenze “di genere”, con dati attestati su numeri risibili, eppure tutti forzosamente concentrati sull’elemento femminile, con la rimozione di quello maschile. Ebbene, come ogni anno ormai, prendiamo atto del trend, ma stavolta vogliamo fare qualcosa di più e provare a entrare di nuovo in contatto con la Polizia di Stato. L’ultima esperienza, legata ai dati della app “YouPol” (rimasti Segreto di Stato, perché smentivano i dati del 1522) non ha prodotto un granché, ma vale la pena riprovarci. Abbiamo dunque mandato un quesito al Ministero dell’Interno tramite PEC. Questo è ciò che abbiamo scritto. Restiamo in fervida attesa di una risposta, sperando che non sia simile all’ultima dell’ISTAT («i dati sono validi così e basta») e che il nostro quesito non capiti in mano al dipartimento interno che si occupa di redigere ogni anno la brochure “…questo non è amore”, brogliaccio propagandistico pubblicato ogni 25 di novembre. Un altro documento su cui ci sentiamo già ora di fare di nuovo una previsione: sarà una vera e propria sessione di sevizie ai dati, con nessun numero assoluto e un diluvio di percentuali a cui i media daranno grande risalto, sempre per lo stesso scopo, ovvero spacciare ancora la grande menzogna che in Italia ci sia una persecuzione maschile a danno delle donne.