Troppo impegnati a scavare nella vicenda di Ciro Grillo, come prima lo erano nella vicenda di Alberto Genovese, simboli assoluti di maschilità tossica e cultura dello stupro, i media italiani non si sono accorti di una notizia molto molto importante ed emblematica, trattata soltanto dal sito “Palermo Today“. La vicenda vede protagonisti una coppia, lui 63 anni, parrucchiere, separato e con un figlio diciassettenne, lei 42 anni, separata e anche lei con figli di primo letto. Non è noto cosa la donna facesse nella vita, si sa solo che frequentava una cartomante a cui chiedeva consigli su come gestire la sua travolgente passione per il figlio diciassettenne del suo compagno. Niente di platonico però, anzi: obbligava il ragazzo a rapporti sessuali indesiderati, ricattandolo, minacciandolo, innescando ritorsioni. Tutto è avvenuto durante il lockdown. Sì, proprio quel momento in cui “le donne erano tenute chiuse in casa con i loro aguzzini” e in cui c’è stata una fiammata di “dilagante violenza domestica”, secondo le bugie istituzionali sparse a piene mani. Niente di quelle stupidaggini ha trovato ancora riscontro nei dati e nei numeri, mentre la vicenda riportata da “Palermo Today” è reale, realissima.
Il padre a un certo punto intercetta i messaggi della compagna con la sua cartomante, chiede conto di ciò che ha letto e riceve in risposta un’ammissione chiara e netta: «al cuore non si comanda», gli dice la donna, che si dichiara coinvolta sentimentalmente. Scatta qui una doppia rottura: la relazione tra i due ovviamente finisce, ma parte anche una denuncia per abusi su minore e violenza sessuale, che gli inquirenti di Palermo hanno ritenuto più che fondata, rinviando la donna a giudizio giusto settimana scorsa. A questo punto sentiamo già i maschietti (in altro modo non si possono definire) che proiettano le proprie pulsioni dell’oggi in quel poco che ricordano della loro adolescenza e prorompono in frasi tipo: «ah fosse successo a me!», «ah, magari la nave-scuola», «che stronzo il padre che ha tolto il divertimento al figlio». Imbecilli. Chi commenta in questo modo altro non è che un povero imbecille. Ed è un bene che, per miracolo, storie come queste vengano a galla: servono anche a sturare le orecchie a questo tipo di imbecilli. Il diciassettenne ha raccontato che la donna, come riporta Palermo Today, «avrebbe iniziato a girare in casa in abiti succinti e biancheria intima e ad un certo punto avrebbe cominciato ad abusare di lui, costringendolo ad avere rapporti sessuali. Lui l’avrebbe più volte respinta, ma l’imputata avrebbe insistito e fatto pressioni e ricatti, iniziando a compiere tutta una serie di dispetti e ritorsioni: si sarebbe rifiutata di accudirlo, non cucinando più per lui, non lavando più i suoi vestiti e non sistemando più la sua camera, per esempio. Soprattutto avrebbe cominciato a dire al padre che lui avrebbe avuto un comportamento irrispettoso nei suoi confronti, determinando così dei rimproveri ingiustificati. L’imputata, inoltre, avrebbe fatto scenate ogni volta che l’adolescente avrebbe avuto a che fare con qualche sua coetanea, impedendogli dunque di avere una sua vita sentimentale».
Una cultura dello stupro esiste.
C’è ancora qualcuno che pensa “che fortuna sfacciata, quel ragazzino”? Leggiamo ancora allora: «i danni patiti dal diciassettenne sarebbero considerevoli. Sin dai primi approcci da parte dell’imputata, infatti, avrebbe iniziato ad avere svenimenti, attacchi di panico e crisi d’ansia. Uno stato di salute complesso che lo avrebbe costretto a seguire anche specifiche cure. E il giovane non ha esitato a definire come un incubo la vita che sarebbe stato costretto a fare mentre il padre era al lavoro». Dunque non tutti sono pronti, fin dall’adolescenza, a fare gli sciupafemmine (e il precedente caso di Prato ne è un’ulteriore prova). Esistono individui ai quali occorre tempo per essere pronti per le esperienze sessuali e per i quali bruciare le tappe risulta dannoso. E se la vicenda smentisce i sempre troppi imbecilli che allignano tra le fila maschili, ugualmente smentisce il luogo comune secondo cui “le donne non stuprano” perché gli uomini non aspettano altro che essere molestati, perché serve l’erezione per essere obbligati a un rapporto (come se fosse cosa controllabile), perché le donne non lo fanno a prescindere inquantodonne, e tutta quella fuffa lì. Le donne stuprano eccome, preferibilmente uomini giovani o molto giovani, verso cui possono esercitare anche il loro potere di condizionamento e la violenza psicologica in cui eccellono molto più degli uomini.
In queste vicende però non manca mai la ciliegina sulla torta. Ed ecco allora che «quando è stata interrogata e le sono state fatte sentire le registrazioni dell’ex compagno, con le sue ammissioni, la donna non avrebbe negato lo strano rapporto con il “figliastro” diciassettenne, ma avrebbe spiegato che sarebbe stato lui a provocarla e che tra loro ci sarebbe stata “una relazione”, senza nessuna forma di abuso o di costrizione». Qui rilevano diverse cose: primo, il tentativo di lei di gettare la colpa sul ragazzo. Ovvio, è la via d’uscita più semplice. Secondo: spacciare la cosa come una questione sentimentale, perché si sa che le stupratrici agiscono perché innamorate, mentre gli stupratori agiscono perché animali violenti e privi di controllo. Ultimo, ma non per importanza, la gestione della notizia da parte della giornalista: quello della donna con il minorenne era un rapporto “strano”. Così scrive. Non schifoso, aberrante, mostruoso, violento, viscido, ma solo “strano”. La domanda è la più ovvia di tutte: se fosse stato il 64enne ad abusare di una delle figlie della donna, l’articolista si sarebbe espressa con la stessa stitichezza? La risposta è ancora più ovvia: naturalmente no. A riprova che una cultura dello stupro esiste, ma non è quella favoleggiata dalle femministe, bensì quella messa in atto contro la dignità maschile in generale e in particolare contro la verità dei fatti, se si tratta di donne colpevoli e uomini vittime.